lunedì 26 aprile 2021

Un precursore italiano della “deriva dei continenti”

Il parmigiano Roberto Mantovani (1854-1933), spinto dalla madre vedova, aveva studiato al conservatorio, diplomandosi a vent’anni come maestro di violino. In una lettera autobiografica scrisse:

“Sono nato a Parma il 25 marzo 1854. Mio padre, Timoteo, morì sei mesi dopo. Mia madre, Luigia Ferrari, mi indirizzò agli studi, e all'età di 11 anni fui ammesso come convitto alla Regia Scuola di Musica, dove mi fu conferita la Laurea Honoris Causa, nell'agosto 1872. Avendo sempre preferito le scienze esatte e la letteratura alla musica, è stato con grande perseveranza che sono riuscito a completare da solo i miei studi e ad apprendere diverse lingue”.

Nel 1878 fece parte di un gruppo di orchestrali che raggiunse l'isola vulcanica della Réunion, colonia francese. Durante la sua permanenza sull'isola, Mantovani ebbe occasione di osservare le enormi fratture vulcaniche sulla riva dell'Oceano Indiano, vicino alla città di Saint Denis. Pensò allora che, su scala globale, tutti i continenti potrebbero aver subito gli stessi processi di disgiunzione dei fianchi vulcanici. Le fratture globali sono oggi gli oceani. 

Come insegnante di violino, Mantovani entrò in contatto con le più illustri famiglie dell’isola e nel 1880 sposò Anna Piet, figlia di un benestante farmacista, con la quale avrebbe generato sette figli. Dopo diversi anni dalle sue osservazioni, Mantovani pubblicò la sua ipotesi nel 1889 nel Bollettino della Societé des Sciences et des Arts di Saint Denis, dove divenne Console d'Italia. Scriveva: “Dalle mie osservazioni avevo notato che tutti i continenti e le isole dovevano aver costituito un unico blocco nel lontano passato. Come conseguenza del tutto naturale e incontestabile, la Terra, nel primo periodo della sua evoluzione, doveva essere molto più piccola di quanto non sia ora; il suo diametro, infatti, doveva essere un terzo di quello attuale. La pellicola superficiale della membrana della Terra si era spaccata a causa della forza di espansione del gas interno dal nucleo che allungava gradualmente ed estremamente lentamente la suddetta membrana. Di conseguenza, i continenti e le isole si sono necessariamente spostati”. 

In seguito alla crisi economica nell’isola a causa dell’apertura del Canale di Suez, cui si aggiunse un'epidemia, Mantovani lasciò il suo incarico per andare a vivere a Saint Servan, vicino al porto di Saint Malo, in Bretagna, dove continuò la sua attività di violinista, gestendo una scuola di musica. 

Non dimenticò la sua passione geologica e tenne conferenze pubbliche sull'idea di espansione planetaria. Presumeva che un continente chiuso coprisse l'intera superficie di una terra più piccola. Attraverso l'attività vulcanica, a causa dell'espansione termica, questo continente si era spezzato, così che i nuovi continenti si stavano allontanando l'uno dall'altro a causa dell'ulteriore espansione delle zone di rottura, dove ora si trovano gli oceani. Mantovani non era un mero precursore dell'idea di deriva dei continenti: le sue idee sull'espansione della Terra erano più generali rispetto a quelle successive di Wegener, che non teneva conto della possibilità di variazione del raggio terrestre.

Il suo articolo più famoso fu pubblicato nel 1909, nella popolare rivista Je m'instruis. La grande novità nel documento fu una mappatura della veduta del Pacifico: linee tratteggiate erano tracciate tra coppie di punti geografici che un tempo erano in contatto mentre oggi sono separati dall'enorme estensione del bacino dell’oceano. L'idea era che i punti corrispondenti fossero in contatto prima dell'espansione della Terra. L'allargamento di enormi fratture ha formato tutti gli oceani. 

In questa pubblicazione un ruolo fondamentale era svolto dall'epopea delle esplorazioni antartiche. Mantovani era convinto che il continente antartico avesse subito una caratteristica partizione. Mantovani consegnò le sue mappe all'esploratore polare francese Jean-Baptiste Charcot (1867-1936), sperando di ricevere una conferma della sua teoria attraverso l'osservazione diretta. 

 Le sue idee, insieme a una "ricostruzione della Pangea", suscitarono infine l'attenzione della Società geologica francese nel 1924. A Wegener fu consigliato di citarlo dal geologo e oceanografo Jacques Bourcart, nell’articolo Les origines de l'hypothèse de la dérive des continents scritto nello stesso anno per dimostrare che l'italiano aveva concezioni simili. Il nome di Mantovani compare nell'edizione del 1929 del libro di Wegener sulla deriva dei continenti. La citazione era:

"Nel 1909 Mantovani disegnò alcune mappe che illustrano le sue idee sugli spostamenti continentali. Le sue idee sono per alcuni aspetti diverse ma per altri sorprendentemente coincidenti con le mie. Ad esempio, questo era il caso dell'antico raggruppamento dei continenti meridionali intorno all'Africa australe".

Da questa frase di Wegener si ha l'impressione che Mantovani fosse un mero precursore dell'idea di deriva dei continenti: invece, le idee di Mantovani sull'espansione della Terra erano più generali rispetto a quelle di Wegener, che non teneva conto della possibilità di variazione del raggio terrestre.

Abbiamo dovuto aspettare gli anni Sessanta del Novecento per trovare lo stesso tipo di linee negli oceani Indiano e Atlantico, nella tettonica a placche, dopo la scoperta delle dorsali oceaniche. Ciò non è vero per l'Oceano Pacifico, perché in questo caso il movimento delle placche è inverso e l'oceano tende a chiudersi, non ad aprirsi. La sua mappa del Pacifico del 1909 è stata dimenticata, ma Roberto Mantovani è sicuramente da annoverare tra i (diversi) precursori di Wegener.

Nell’ultimo articolo di Mantovani, Troublante découverte: la terre grandit. Notice préliminaire sur la découverte de la dilatation planétaire, scritto nel 1930, che era dedicato “ai matematici, fisici, astronomi, geologi e a tutti coloro che sono interessati nei grandi enigmi dell’Universo” è percepibile un sentore di poesia nella conclusione: “Se vogliamo fare la proiezione del nostro globo su una superficie piana, con il Polo Nord come centro della proiezione, troviamo che, sotto l'effetto della dilatazione planetaria, le tre grandi masse continentali della Terra si sono aperte come il petali di un fiore, con il Polo Nord come peduncolo”.

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