lunedì 17 settembre 2018

Il genio dispersivo di John Herschel


Le ricerche di John Herschel (1792-1871) riguardarono diversi campi: matematica (calcolo differenziale), chimica e, soprattutto, astronomia, in particolare con i cataloghi di stelle doppie e nebulose, settore in cui continuò l’opera del padre William Herschel (e della zia Caroline).

Figlio unico, John fu educato per poco tempo ad Eton e poi in privato. Nel 1809 entrò all'Università di Cambridge in compagnia di Charles Babbage, matematico e inventore del computer, e George Peacock, anch'egli matematico e poi teologo. Nel 1812 essi fondarono la Analytical Society di Cambridge per introdurre i metodi continentali di calcolo matematico nella pratica inglese. Lo fecero sostituendo l'ingombrante simbolismo di Newton con il metodo più efficiente inventato dal filosofo e matematico tedesco Leibniz. Le eccezionali capacità di John furono rapidamente riconosciute: nel 1812 sottopose il suo primo articolo matematico alla Royal Society, della quale fu eletto socio l'anno seguente. Nel 1813 il primo posto negli esami universitari di matematica.

Nel 1814 cominciò a studiare a Londra per l’abilitazione alla professione forense, ma non fu felice della sua scelta, oltretutto osteggiata dal padre, e interruppe gli studi nell'estate del 1815, quando si ammalò gravemente; dopo la convalescenza tornò a Cambridge come insegnante di matematica. Lasciò di nuovo Cambridge nel 1816 per assistere il padre nella ricerca astronomica. Grazie al lavoro con il celebre genitore, fece tesoro della sua eccezionale esperienza nella costruzione e nell'uso di grandi telescopi. Questo apprendistato pose le basi delle sue scoperte successive. Nel 1820 fu tra i fondatori della Royal Astronomical Society. Negli anni successivi, John diede importanti contributi alla chimica e alla fisica della luce. La sua scoperta nel 1819 del potere solvente dell'iposolfito di sodio (ora tiosolfato di sodio) sui sali altrimenti insolubili di argento fu il preludio al suo uso come agente fissante nella fotografia; nel 1839 inventò, indipendentemente da Fox Talbot, il processo di fotografia su carta resa sensibile. Fu il primo a utilizzare i termini "positivo" e "negativo" per le immagini fotografiche e a stamparle su vetro preparato dal deposito di un film sensibile. 


Nonostante la scomparsa della Analytical Society, Herschel continuò per qualche anno a occuparsi di matematica. Studiò algebra e calcolo differenziale e pubblicò articoli sulle serie trigonometriche. Tra le molte opere matematiche, nel 1820 pubblicò un testo in due volumi con esempi di applicazioni del metodo delle differenze finite, per il quale fu insignito nel 1821 della Copley Medal della Royal Society. La sua attività continuò fino al 1820 (e il suo interesse per la matematica è evidente in molti lavori successivi su altri argomenti), ma il suo coinvolgimento per altre discipline aveva cominciato a prevalere sulla ricerca matematica.

l primo grande compito di John Herschel in astronomia fu la verifica delle stelle doppie catalogate da suo padre. I movimenti di queste coppie di stelle una intorno all'altra offrivano una grande speranza di investigare le forze gravitazionali che operano nell'universo. Il catalogo che compilò con James South tra il 1821 e il 1823 e pubblicato nelle Philosophical Transactions nel 1824 valse loro la medaglia d'oro della Royal Astronomical Society e il premio Lalande nel 1825 dall'Accademia delle scienze di Parigi. Questo lavoro fu la loro unica impresa comune. Herschel fu segretario della Royal Society nel 1824-27. Si sposò nel 1829 e nel 1831 fu nominato cavaliere. 

La sua principale opera di questo periodo fu il Preliminary Discourse on the Study of Natural Philosophy (1830), in cui, nel secondo capitolo, mette in guardia contro le ambiguità del linguaggio naturale, un pensiero che non ci aspetterebbe da chi praticò con diletto e profitto la poesia, come emerge nella sua traduzione di opere di Schiller, Omero (l'intera Iliade) e Dante. In realtà Herschel sapeva bene che ogni settore della conoscenza umana possiede i propri codici e le proprie convenzioni, cosa che ignorano o dimenticano molti odierni, ingenui, costruttori di ponti tra le “due culture”.

La scienza astratta come preparazione per lo studio della fisica
La scienza è la conoscenza dei molti, ordinata e metodicamente raccolta e sistemata, in modo da diventare raggiungibile dall’uno. La conoscenza delle ragioni e delle loro conclusioni costituisce l'astratto, quella delle cause e dei loro effetti, e delle leggi di natura, le scienze naturali.
La scienza astratta è indipendente da un sistema di natura, da una creazione, in breve da tutto, eccetto memoria, pensiero e ragione. I suoi oggetti sono, in primo luogo, quelle realtà e relazioni primarie che non possiamo nemmeno concepire che non siano, come spazio, tempo, numero, ordine, ecc. ; e, in secondo luogo, quelle forme artificiali, o simboli, che il pensiero ha il potere di creare a piacere, e sostituire come rappresentanti, con l'aiuto della memoria, nelle combinazioni di quegli oggetti primari e delle proprie concezioni, sia per facilitare l'atto del ragionamento che li riguarda, sia come depositi convenienti delle proprie conclusioni, o per la loro comunicazione agli altri. Tali sono, in primo luogo, la lingua, orale o scritta; le sue forme convenzionali, che costituiscono la grammatica, e le regole per il suo uso nella discussione, in cui consiste l’analisi logica delle scuole; in secondo luogo, la notazione, che, applicata al numero, è aritmetica e, ai rapporti più generali di quantità o ordine astratti, è algebra; e, in terzo luogo, quel tipo più elevato di logica, che ci insegna ad usare la nostra ragione nel modo più vantaggioso per la scoperta della verità; che indica i criteri con cui possiamo essere sicuri di averlo raggiunto; e che, rilevando le fonti di errore e rivelando i luoghi in cui gli errori sono in grado di nascondersi, ci avverte immediatamente del loro pericolo e ci mostra come evitarli. Questa logica più grande può essere definita razionale; mentre, a quella parte meno elevata che è competente solo con le parole, può, per distinzione, essere applicato l'epiteto di verbale.
 Un certo grado moderato di conoscenza della scienza astratta è altamente auspicabile per tutti coloro che vogliano fare considerevoli progressi in fisica. Poiché l'universo esiste nel tempo e luogo; e siccome movimento, velocità, quantità, numero e ordine sono elementi principali della nostra conoscenza delle cose esterne e dei loro cambiamenti, una conoscenza di questi concetti, astrattamente considerati (cioè indipendentemente da ogni considerazione delle cose particolari spostate, misurate, contate o sistemate) deve evidentemente essere una preparazione utile per lo studio più complesso della natura. 
Ma c'è ancora un'altra raccomandazione per l’uso tali scienze come preparazione per lo studio della filosofia naturale. I loro oggetti sono così definiti, e le nostre nozioni così distinte, che possiamo ragionare su di loro con la certezza che le parole e i segni usati nei nostri ragionamenti sono rappresentanti veri e pieni delle cose significate; e, di conseguenza, che quando usiamo il linguaggio o i segni nella discussione, né noi, con il loro uso, introduciamo nozioni estranee, né escludiamo alcuna parte dalla considerazione del caso che stiamo trattando. Per esempio, le parole spazio, quadrato, cerchio, cento, ecc., trasmettono delle nozioni mentali così complete in sé stesse, e così distinte da ogni altra cosa, che siamo sicuri che quando le usiamo sappiamo e controlliamo completamente ciò che vogliamo dire. È molto diverso con le parole che esprimono oggetti naturali e relazioni miste. Prendiamo, ad esempio, il ferro. Diverse persone attribuiscono idee molto diverse a questa parola. Chi non ha mai sentito parlare di magnetismo ha una nozione di ferro molto diversa da chi invece lo conosce. La persona normale, che considera questo metallo come incombustibile, e il chimico, che lo vede bruciare con la massima furia, e che ha altre ragioni per considerarlo uno dei corpi più combustibili della natura; il poeta, che lo usa come emblema di rigidità; e il fabbro e l'ingegnere, nelle cui mani è plastico e modellato come cera in ogni forma; (…): sono tutte concezioni diverse, e tutte imperfette, della stessa parola. Il significato di tale termine è come un arcobaleno, tutti ne vedono uno diverso, e tutti lo credono uguale. Così succede con quasi tutti i nostri termini di senso. Alcuni sono indefiniti, duri o morbidi, leggeri o pesanti (termini che sarebbero ugualmente fonti di innumerevoli errori e controversie); altri eccessivamente complessi, come uomo, vita, istinto. Ma, ciò che è peggio di tutti, alcuni, anzi molti, hanno due o tre significati; sufficientemente distinti gli uni dagli altri da rendere una proposizione vera in un senso e falsa in un altro, o addirittura falsa del tutto; ma non abbastanza distinti da impedirci di confonderli nel processo con il quale ci siamo giunti, o da permetterci di riconoscere immediatamente l'errore quando ci siamo condotti dal ragionamento, ogni passo del quale pensiamo di aver esaminato e approvato. Sicuramente coloro che in questo modo attribuiscono due sensi a una parola, o aggiungono un nuovo significato a una vecchia, agiscono in modo assurdo come i coloni che si distribuiscono nel mondo, chiamando ogni posto in cui si trovano con i nomi dei luoghi che hanno lasciato, fino a che le distinzioni della nomenclatura geografica sono confuse al punto che non siamo in grado di decidere se un avvenimento che si è verificato a Windsor si è verificato in Europa, America o Australia.
È infatti in questo doppio o incompleto senso delle parole che dobbiamo cercare l'origine di una parte molto grande degli errori in cui cadiamo. Ora, lo studio delle scienze astratte, come l'aritmetica, la geometria, l'algebra, ecc., mentre ci sforza all'esercizio del ragionamento su oggetti che sono, o, almeno, possono essere concepiti essere esterni a noi, essendo libero da queste fonti di errore, ci abitua al rigoroso uso del linguaggio come strumento della ragione, e ad acquisire fiducia nel nostro progresso verso la verità, camminando dritti e diretti su un terreno solido. Esso ci dà quel corretto e dignitoso spirito d'animo che non potrebbe mai essere acquisito dovendo sempre scegliere i nostri passi tra ostacoli e frammenti sciolti, o stabilizzarli nella tempesta avvolgente dei significati contrastanti. 
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L'obbligo morale che sentiva Herschel di completare l’opera astronomica del padre lo portò a considerare un viaggio nell'emisfero australe per osservare i cieli non visibili in Inghilterra. Nel 1832 iniziò a pianificare la sua spedizione. La revisione e l'estensione dei cataloghi di suo padre, che realizzò a partire dal 1825, furono portate a termine e pubblicate nel 1833. Nel novembre dello stesso anno, John e la sua famiglia salparono per il Capo di Buona Speranza con un grande telescopio a riflessione per osservare le nebulose deboli, di dimensioni simili allo strumento preferito di William. Possedeva anche un telescopio rifrattore per osservare le stelle doppie. 

La famiglia stabilì la propria casa a Feldhausen, una fattoria boera a sud-est di Città del Capo. John trascorse quattro anni di intensa attività scientifica, perché i limpidi cieli del sud permettevano progressi molto più rapidi nell'osservazione di quanto fosse possibile in Inghilterra. Quando la famiglia si imbarcò per il ritorno nel marzo del 1838, John aveva registrato le posizioni di 68.948 stelle e aveva accumulato lunghi cataloghi di nebulose e stelle doppie. Aveva anche descritto molti dettagli della Grande Nebulosa nella costellazione di Orione, così come le Nuvole di Magellano - due galassie meglio visibili dall'emisfero australe - e aveva osservato il ritorno della cometa di Halley e i satelliti di Saturno. Inoltre, la sua descrizione delle attività delle macchie solari e la sua misurazione della radiazione solare mediante un dispositivo che aveva inventato, l’attinografo, poi perfezionato da Robert Hunt, contribuirono allo sviluppo di studi sistematici del Sole come parte importante dell'astrofisica. Al suo ritorno fu fatto baronetto (1838) e fu acclamato dal mondo scientifico.



Mentre era in Africa fu vittima inconsapevole di una delle più grandi beffe dell’epoca, "la grande burla della Luna" (The Great Moon Hoax). Tutto nacque da una serie di sei articoli pubblicata dal quotidiano New York Sun a partire dal 25 agosto 1835, in cui si parlava della presunta scoperta da parte di John Herschel, allora il più famoso astronomo al mondo, della vita e della civiltà sul nostro satellite L’intento dell'anonimo autore - poi rivelatosi il giornalista Richard Adams Locke – era quello di aumentare la tiratura del giornale (cosa che in effetti avvenne) e la satira su alcuni articoli pseudoscientifici da poco comparsi in America in cui si calcolava il numero di abitanti del Sistema Solare. La descrizione delle “scoperte” di Herschel era davvero incredibile, tuttavia fu presa per vera. Secondo l'articolo, egli avrebbe istituito una "nuova teoria dei fenomeni cometari", riferito di scoperte di pianeti in altri sistemi solari e, infine, "risolto o corretto quasi tutti i problemi principali di astronomia e matematica". L'articolo rivelava inoltre come Herschel fosse giunto a un risultato sorprendente: aveva "scoperto la vita sulla Luna!" L’osservazione telescopica della Luna gli avrebbe consentito di scorgere vaste foreste, mari interni e piramidi di quarzo color lilla. Non solo, ma i lettori erano informati di un unicorno blu visto sulle colline lunari e di creature anfibie che attraversavano i fiumi e le spiagge del suolo lunare. Herschel avrebbe poi trovato prove di vita intelligente sulla superficie lunare, scoprendo una tribù primitiva abitante in capanne e una razza di uomini alati abitanti in un misterioso tempio dal tetto d'oro. Sfortunatamente, secondo l’autore del testo, le osservazioni si erano concluse per la distruzione del telescopio a riflessione, che avrebbe agito come specchio ustorio, appiccando il fuoco all'osservatorio. La bufala si sparse velocemente in tutto il mondo (lo storico Marcel Bloch paragonava il meccanismo di diffusione delle menzogne a quello di un’epidemia): commenti entusiasti venivano riportati su molti giornali, relazioni delle scoperte apparvero nei bollettini delle più celebri accademie scientifiche europee. Fra le vittime illustri ci fu il fisico francese François Arago, che, verso la fine del 1835, ne pubblicò un estratto sul bollettino dell'Accademia delle scienze parigina, suscitando curiosità ma anche molte polemiche. In Italia vide la luce, nell'aprile 1836, l'opuscolo anonimo intitolato Delle scoperte fatte nella luna del dottor Giovanni Herschel. Il povero John passò gli anni successivi a smentire questo gigantesco scherzo, che era andato oltre le intenzioni del suo autore. 


Nel 1849 John Herschel pubblicò uno dei più celebri trattati divulgativi della storia dell’astronomia, Outlines of Astronomy. Questo testo ebbe molte edizioni e traduzioni, compresi l’arabo e il cinese. L’anno successivo prese una decisione piuttosto strana riguardo alla futura evoluzione della sua carriera. Aveva rifiutato di entrare in Parlamento come membro dell’Università di Cambridge e aveva anche rifiutato di diventare presidente della Royal Society. Accettò, al contrario, l'incarico di Master of the Mint, cioè di responsabile della Zecca Reale (una carica che era stato occupata anche da Newton). Era un momento molto difficile, con una riforma importante già concordata, ma ancora da attuare. Non era un lavoro che potesse piacergli. C'erano difficoltà nel trattare con il personale e con il Tesoro, ma forse la cosa più importante per lui fu che non poteva più perseguire i suoi interessi scientifici. 

Herschel era uno scienziato per natura, non un manager. Furono anni difficili e lo stress del lavoro causò il deterioramento della sua salute: cadde nella depressione e nel 1854 ebbe un esaurimento nervoso. Nel 1856 si dimise, a 63 anni. Talento eclettico, si era occupato con passione di troppe cose, spesso in modo dispersivo. Era tempo di bilanci e distacco. Si ritirò in campagna e trascorse i suoi ultimi anni lavorando sui cataloghi di stelle doppie e di nebulose e ammassi stellari, 

Alcune delle sue opere in versi furono pubblicate in Essays (1857), come On Burning a Parcel of Old MSS (Bruciando un pacco di vecchi manoscritti), dove il rogo dei ricordi e degli errori del passato è una necessità per vivere serenamente il futuro:

Wrecks of forgotten thought, or disapproved, 
Farewell! and as your smouldering flames ascend, 
Read me a parting lesson. As the friend 
Familiar once, but since less fondly loved, 
(Dire spite of earthly chance), and wide removed
With earthquake of the heart! has ceased to blend 
Warmth with my warmth, and sympathies extend, 
Where mine are linked and locked! Had I but proved 
Earlier your weakness! Yet not all in vain 
Do I receive your warning. On I hie, 
All unrepressed, though cautious; nor complain 
Of faint essays in tottering infancy. 
Enough, if cleansed at last from earthly stain, 
My homeward march be firm, and pure my evening sky. 

Relitti di pensieri dimenticati o criticati, 
addio! e mentre le vostre fiamme ardenti salgono, 
fatemi una lezione di commiato. Come l'amico 
una volta familiare, ma da allora meno amato, 
(triste dispetto del caso terreno), e ampiamente rimosso, 
con il terremoto del cuore, ha smesso di fondersi 
calore con il mio calore, e gli affetti si estendono, 
dove i miei sono legati e bloccati! Avevo solo provato 
in passato la vostra debolezza! Eppure, non del tutto invano 
ricevo il vostro avvertimento. Sul quale mi affretto, 
senza dubbi, sebbene cauto; né mi lamento 
dei vaghi saggi nella vacillante infanzia. 
Basta, se purificata finalmente dalla macchia terrena, 
la mia marcia verso casa è ferma, e puro il mio cielo serale.


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