sabato 28 gennaio 2012

Benvenuti al Gatto Nero


Posto ai piedi della collina di Montmarte, il cabaret de Il Gatto Nero fu, nei due decenni alla fine dell’Ottocento, uno dei locali più alla moda e uno dei luoghi favoriti dagli artisti e dalle persone che contavano a Parigi. Fondato nel novembre 1881 da Rodolphe Salis, un artista di scarso talento giunto a Parigi nove anni prima, il locale, che prese il nome da un gatto nero perduto sul marciapiede che Salis trovò durante i lavori che precedettero l’apertura, sarebbe dovuto diventare un ritrovo “nello stile dell’epoca di Rabelais” dove “gentiluomini, borghesi e ricchi proprietari saranno d’ora in poi invitati a bere l’assenzio preferito di Victor Hugo (quello che piaceva a Garibaldi) e del vino speziato in coppe d’oro”.

In realtà, nonostante le velleità del proprietario, forse infiammato della lettura di Huysmans, all’inizio vi si serviva del vino mediocre in un ambiente abbastanza anonimo, ma i clienti erano già accolti da un portiere in livrea, coperto d’oro dalla testa ai piedi, incaricato di far entrare i pittori e i poeti e di lasciar fuori “gli infami preti e i militari”. Questa trovata si rivelò una delle chiavi del successo del Gatto Nero, e fu mantenuta in tutti i diversi luoghi nei quali il locale si trasferì, sempre nella stessa zona di Parigi. L’altra chiave del suo successo fu l’acquisto di un pianoforte e la possibilità per i clienti di cantare ed esibirsi in letture di poesie, dibattiti artistici, vernici pittoriche e tutto ciò che potesse animare e allietare le serate degli avventori. Più tardi nel locale fu allestito un teatro d’ombre colorate nel quale vennero rappresentati dei piccoli capolavori di artisti come Henri Rivière e Caran d'Ache, accompagnati dalle musiche di Georges Fragerolle.

Pittori (tra i quali talvolta Henri de Toulouse-Lautrec), poeti, scrittori, musicisti, umoristi, davano vita alle serate del cabaret, il quale, come sempre succede in questi casi, attirò la miglior clientela della capitale, in cerca di emozioni trasgressive e di sapore di Bohème: con il loro denaro, Salis poté acquistare uno spazio più ampio, disposto su tre piani arredati in modo fintamente antico, con vere opere d’arte accostate alla paccottiglia più kitsch. Secondo il poeta satirico e polemista Laurent Tailhade, Le Chat Noir fu “il miscuglio de Lo Scannatoio di Zola e della Divina Commedia”, mentre secondo lo scrittore Jean Lorrain fu “il minestrone di tutti gli stili e di tutte le stravaganze, la sfilata del casual d’artista, di tutto un quartiere di ladri e poeti, un museo picaresco e barocco di tutte le elucubrazioni dei bohémiens venuti ad arenarsi tutti in quel luogo per vent’anni, di tutti questi relitti; il cattivo gusto più vero a fianco di ritrovamenti raffinati, (…) nello scenario più miracolosamente truccato”.

Per promuovere il cabaret, Rodolphe Salis e Émile Goudeau, fondatore e capo carismatico del club letterario degli Hydropathes, che si erano trasferiti da subito nel locale, crearono la rivista Le Chat noir, di cui uscirono in due serie 810 numeri tra il 1882 e il 1897, anno in cui morì Salis e il Gatto Nero cambiò proprietario e nome. La rivista incarnò lo spirito dei tempi e si avvaleva della collaborazione degli artisti e degli intellettuali che frequentavano il cabaret, tra i quali Léon Bloy, Jean Lorrain, Paul Verlaine e Jean Richepin. Le splendide illustrazioni erano opera del talento di artisti come Caran d'Ache, Lucien Pissarro Adolphe Willette e, soprattutto del pittore e scultore di origine svizzera Théophile Alexandre Steinlen, il primo pittore diventato amico di Picasso quando lo spagnolo giunse a Parigi.

Steinlen (1859-1911), fu l’autore nel 1896 del celebre manifesto della Tournée du Chat noir, una litografia di 40 x 62 centimetri oggi al museo Van Gogh di Amsterdam, ma diventato uno dei simboli di Parigi, al punto da essere riprodotto su milioni di poster e cartoline. Per quanto la maggior parte delle sue opere fosse testimonianza delle idee politiche di ribelle nemico dell’ingiustizia (scene di lavoro in fabbrica e miniera, mendicanti e prostitute, artigiani di strada e disperati), Steinlen è diventato famoso per essere il pittore dei gatti, che egli dipinse in tutte le pose e in ogni situazione. Eccone alcuni.












Come è noto, gatti e mistero costituiscono un connubio frequente, e non poteva mancare per Le Chat Noir una leggenda oscura, diffusasi quando l’alchimista Fulcanelli pubblicò nel 1930 le Dimore filosofali. Secondo le parole dell’enigmatico pensatore, il locale sarebbe stato fino alla morte di Salis “un centro esoterico e politico” che avrebbe attribuito grande importanza a tutta una serie di simboli dissimulati con cura.


L’eredità del pensiero occulto nascosta, ma sotto gli occhi di tutti, tra la paccottiglia raccolta al Mercato delle Pulci, sotto l’insegna del Gatto Nero. Per me è perfetto.




2 commenti:

  1. Cosa darei per avere tre di questi ritratti di gatti! esattamente: il 3º (a carboncino?), quello con la sedia e quello del gatto nero dopo quelli con le acrobazie...
    Non c'entra nulla, ma mi è venuto in mente leggendo il nome di Caran d'Ache: come sai, il nome è stato sfruttato per una marca di pastelli e matite, famosa al punto di essere diventata per antonomasia, in russo, il sostantivo che designa la matita карандаши.

    RispondiElimina
  2. io sono stata a Montmarte e mentre guardavo le vtrine dei fornai,mi ha fatto l efusa un gatto nero.Luigia.

    RispondiElimina