martedì 2 ottobre 2012

Una notte particolare, di Anna Maccagni


Alice si rigirò nel letto, rannicchiandosi sotto le coperte. Assumeva sempre quella posizione, quasi raccolta su se stessa, quando stava per addormentarsi o tra una fase di sonno e l'altra. Le dava sicurezza, come se quella tiepida nicchia scavata tra le lenzuola fosse un accogliente grembo amoroso. 
Mosse impercettibilmente le palpebre, che guizzarono sotto la spinta dei sogni. Alice dava l'impressione di avere una vita onirica più intensa di tante altre persone, ma forse era soltanto una questione di memoria. Riusciva a ricordare quasi tutti i suoi sogni e le loro immagini, nitide e precise come fotografie, avevano la bellezza delle fiabe. C'erano stati, è vero, dei periodi in cui gli incubi venivano a trovarla, spuntando dal nulla come funghi velenosi: rammentava ancora i pallidi fantasmi degli "uomini bianchi" o quando aveva sognato che suo papà si era fatto male. Adesso, però, era diventata grande e non era più necessario che la lampada sul comodino restasse accesa per tutta la notte. 
Una grande pace regnava in casa e ancora più tranquilla era la camera che Alice occupava con i genitori, quando facevano visita ai nonni. Si udivano soltanto gli scricchiolii dei mobili antichi, scuri e massicci, il cui legno sembrava gemere per il peso degli anni. 

Poi giunse dal corridoio un sommesso mormorio e, qualche istante dopo, si aprì la porta della camera. Un rumore smorzato di passi riempì il quieto silenzio della stanza, seguito dal cigolio del letto più grande e dal fruscio delle lenzuola. 
Alcune parole sussurrate, che avevano la carezza lieve e indistinta delle preghiere bisbigliate nell'ombra delle chiese, scivolarono chissà come attraverso la barriera impalpabile del sonno, fino a quella piccola parte di Alice che non dormiva mai. Come se qualcuno l'avesse chiamata, la bambina aprì gli occhi, ma non vide altro che l'oscurità buia e pesante che colmava ogni spazio. 
Frammenti di frasi, sospiri bagnati dalle lacrime... Alice rimase immobile, quasi trattenendo il respiro, tentando di capire perché la mamma, la nonna e la zia fossero lì, insieme, nel letto dei suoi genitori. 
"Povero babbo!" 
Le parole riecheggiarono dentro di lei, lasciandola stordita, e le piccole antenne di cui era dotata vibrarono dolorosamente, in sintonia col timbro di quella voce. Non ebbe bisogno di sentire altro per comprendere che il nonno non c'era più. 
Alice non aveva un'esperienza diretta della morte; sapeva che per tutti c'era una fine, ma non si era mai soffermata a riflettere sul suo reale significato. Moriva una pianta, moriva un animale e, soprattutto, a morire erano degli estranei. Ma ora era toccato al nonno... 
Si rese conto che mai più l'avrebbe visto sorridere, che non sarebbero più andati in giro mano nella mano o in bicicletta; era una parte di lei che se ne andava. Questa volta non esistevano rimedi e la consapevolezza che non ci si poteva opporre all'inevitabile evoluzione delle cose la fece sentire fragile e indifesa. Si raggomitolò ancora di più su se stessa per non sentire quel dolore sordo, di fronte al quale si sentiva impotente. 

Poi udì la voce della mamma e allora si lasciò cullare dai suoi accenti morbidi e rotondi che raccontavano cose già dette, eppure sempre nuove e bellissime. 
"Vi ricordate quella volta, quando il babbo è finito tra i partigiani su in collina? Quindici giorni senza dare notizie di sé..." 
"Oh, io ormai credevo che non sarebbe più tornato!" sussurrò la nonna. 
"Poi ecco che riappare, come se niente fosse". 
"E tu, mamma, com'eri arrabbiata, perché non aveva mandato nessuno ad avvertirci che stava bene!" disse la zia con l'ombra di un sorriso nella voce. 
Eh, già! Il nonno era fatto così: serio e sereno, ma con quella punta di bizzarria che gli faceva scordare lo scorrere del tempo quando si trovava in compagnia. Alice immaginava la bicicletta, che lo accompagnava sempre nel suo lavoro di capoguardia, appoggiata al tronco di un albero e vedeva lui, avvolto nel nero tabarro, che chiacchierava amabilmente con gli uomini armati di fucile. Le piaceva pensare che, mentre lontano da lì le ore e i giorni passavano veloci, tra quelle colline il tempo aveva smesso di esistere; e come capitava a coloro che facevano ritorno dal paese delle fate, forse anche il nonno, tornando a casa, aveva creduto di essere stato via solo un giorno... 
 "E quel giorno di mercato ve lo ricordate? L'ora di pranzo era passata da un pezzo e lui non si faceva vedere". 
"Sì, e poi è arrivato portando con sé quelle persone... 'Hanno perso la corriera e devono mangiare ha detto il babbo". 
"E solamente a tavola abbiamo scoperto che non conosceva nemmeno il loro nome!" 

Alice sorrise nel buio. Anche lei avrebbe potuto raccontare tante cose: i lunghi giri in bicicletta, di quella volta,che avevano guadato il torrente o di quando, in giro per Milano, avevano smarrito la strada e il senso del tempo. Erano talmente tanti i ricordi che la legavano al nonno! 
"Voi non sapete che un giorno..." 
Ecco, erano queste le parole con cui avrebbe voluto cominciare il suo racconto. Tuttavia c'era qualcosa che la tratteneva e le impediva di rivelare che era sveglia; non sapeva perché, ma sentiva che la nonna, la mamma e la zia avevano bisogno di sentirsi sole per ricordare. 
Udì scorrere il rosario. I grani di madreperla, scivolando l'uno sull'altro, frusciavano come chicchi di riso passati al vaglio. 
"Questa è la nonna" pensò la bambina. 
Le parve di vederla, così minuta e sottile, stesa al centro del letto con le figlie intorno. Immaginava la mamma che le teneva la mano, comunicando il calore del suo cuore generoso, e la zia che si aggrappava a lei, cercando il balsamo che potesse alleviare le ferite del suo spirito eternamente fanciullo. 
Nella fantasia di Alice esse diventavano le tre regine di un mondo incantato; le loro parole avevano il potere di evocare fatti, cose e persone che prendevano vita come per magia, illuminando l'oscuro fondale della notte. E il nonno era lì con loro e sorrideva... 
Quando finalmente si addormentò, anche la bambina sorrideva e aveva quell'immagine nel cuore.

4 commenti:

  1. AnonyMouse03/10/12, 00:09

    Anna non poteva che farci un regalo così bello nel giorno dei nonni, solo i grandi scrittori rendono speciale cio che a tutti sembra scontato. Grazie, e complimenti :))

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  2. E' bellissimo. Lo userò come lettura insieme al mio racconto, dopodomani quando con gli alunni della mia quinta parleremo dei nonni.

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