martedì 6 luglio 2021

Il telescopio a riflessione di Niccolò Zucchi (e il complicato rapporto tra Gesuiti e scienza)

 



La figura del gesuita come uomo di scienza si contrappone alla vulgata storiografica che vuole la Compagnia di Gesù come conservatrice, ostile e prevalentemente chiusa verso le innovazioni scientifiche dei secoli XVII e XVIII. In realtà i Gesuiti furono attraversati, sin quasi dalla loro fondazione, da una serie di conflitti intellettuali sofferti e da varie strategie per armonizzare il corpo delle verità di fede, e il nucleo delle loro dottrine centrali, con i frutti delle scoperte scientifiche che si susseguivano sempre più di frequente.

Dopo una fase iniziale di semplice rifiuto, la Compagnia si attenne a una epistemologia che presentava le nuove teorie cosmologiche come schemi puramente ipotetici, casomai coerenti con i fenomeni e utili da un punto di vista descrittivo, ma privi di una dimostrazione di realtà fisica. Quindi l’impianto tomistico e aristotelico della Physica generalis non mutò in modo sostanziale (anche perché consisteva di concezioni difficilmente verificabili o falsificabili), mentre la Physica particularis si sviluppò sempre più in una direzione quantitativa e fenomenologica. Sebbene i filosofi tentassero di far rispettare la supremazia della loro disciplina, gli “scienziati” della Compagnia cercarono una loro autonomia, spesso riuscendo a dare contributi validi in molti campi, pur dovendo ricorrere a complesse strategie per spiegare fatti sperimentali per i quali l’impianto aristotelico era nettamente insufficiente. Nella prima fase dell’età della rivoluzione scientifica, l’atteggiamento dei Gesuiti fu difensivo, passando dallo scetticismo o cautela sulla fondatezza delle novità a una fase in cui, una volta che la novità si affermava, interpretarla in modo da armonizzarla con le concezioni tradizionali.



Quando la vecchia cosmologia era da considerarsi non più recuperabile con ipotesi ad hoc, la Compagnia ripiegò sul sistema parzialmente eliocentrico di Tycho Brahe, non senza intensi dibattiti interni e strenue difese dell’impianto geocentrico. Gli influssi di Keplero e Galileo solo alla lunga agirono da cuneo, rendendo manifeste le divaricazioni metodologiche e epistemologiche già esistenti tra filosofi e “matematici” all’interno dell’ordine. Gli “scienziati” gesuiti si trovarono in una posizione peculiare nella catena del sapere: in quanto specialisti, ammisero la validità concettuale o fattuale di molti nuovi risultati, mentre come Gesuiti, alcuni dei quali era addirittura attivi predicatori, ne dettero spiegazioni che dovevano salvare la continuità con la tradizione. Una figura tra le tante collocabili in questo schema di tentennamenti e contraddizioni è quella di Niccolò Zucchi, decisamente conservatore sul piano teologico e epistemologico, eppure aperto e infaticabile sperimentatore nei campi della meccanica, dell’ottica e dell’astronomia, al punto da essere indicato da alcuni come il primo ideatore del telescopio a riflessione.

Niccolò Zucchi nacque a Parma nel 1586 da una famiglia nobili origini, quarto di otto figli, dei quali solo uno non abbracciò la carriera ecclesiastica. Cominciò il noviziato nella Compagnia di Gesù a Padova nel 1602. Dal 1604 al 1612 studiò prima filosofia e poi teologia a Parma. Ordinato sacerdote nel 1611, insegnò filosofia naturale, sempre a Parma, dal 1614 al 1620, anno in cui professò il quarto voto dei Gesuiti (l’obbedienza al Papa). Secondo il confratello e biografo Daniello Bartoli (1672), Zucchi era “nelle materie speculative, di ingegno perspicacissimo, e profondo, e ugualmente disposto a qualunque genere di scienze l’applicasse”.


Nel 1622 divenne il primo rettore del nuovo collegio gesuitico fondato a Ravenna dal cardinale Alessandro Orsini, legato pontificio della Romagna. Zucchi fu teologo e confessore di Orsini e, nel 1623, lo accompagnò in una missione diplomatica a Praga, alla corte di Ferdinando II d’Asburgo. A Praga Zucchi incontrò Keplero, al quale donò una copia dell'Antitycho... in quo contra Tychonem Brahe et nonnullos alios di Scipione Chiaramonti, in cui il matematico e astronomo cesenate, aristotelico, tolemaico e nemico giurato di Galileo, si dichiarava rigidamente contrario anche al sistema compromissorio di Tycho Brahe. Il testo ebbe un ruolo nella stesura, da parte di Keplero, della replica Tychonis Brahei Dani hyperaspistes (Francoforte 1625). Si sa che Zucchi fece avere a Keplero un telescopio rifrattore, su suggerimento di Paul Guldin (1577-1643), un matematico gesuita svizzero, che corrispondeva regolarmente anche con Keplero. Queste corrispondenze tra Keplero e i principali matematici gesuiti illustrano molto chiaramente come gli studiosi scientifici all'inizio del XVII secolo cooperassero tra loro nonostante il divario religioso, anche al culmine della Controriforma. Keplero, riconoscente, citò Niccolò Zucchi nell’appendice del suo Somnium (1634).

Rientrati in Italia, Orsini e Zucchi si stabilirono a Roma. Nel 1625 Zucchi divenne per un anno insegnante di matematica e astronomia presso il Collegio Romano, prima di diventare predicatore, ruolo che ricoprì per vent’anni, e che esercitò anche viaggiando in varie città dello Stato pontificio. Fu anche autore di vari studi teologici.

Alcuni biografi riportano che il 17 maggio 1630 Zucchi fu il primo a osservare le fasce nell’atmosfera di Giove, sebbene non sia chiaro che tipo di telescopio possa aver utilizzato e non è facile verificare l’attendibilità di tale informazione. Ne parla l’altro gesuita Giovanni Battista Riccioli nell’Astronomiae reformatae (1665) e Zucchi fa riferimento all’osservazione di due fasce che si “estendono su tutta la superficie di Giove, e che sono di colori diversi” (Optica philosophia, 1652), ma non riporta la data esatta di tale osservazione. I biografi riportano anche che il 23 maggio 1640 Zucchi osservò le macchie sulla superficie di Marte e che le sue osservazioni furono d’aiuto a Giovanni Cassini per la determinazione del periodo di rotazione del pianeta rosso. Ne parla ancora il Riccioli (Almagestum novum, 1651), ma nell’opuscolo di Cassini, Martis circa axem proprium revolubilis (1666), non compare alcun riferimento a Zucchi.


Zucchi fu rettore del Collegio Romano dal 1646 al 1649. In questo periodo pubblicò due ponderosi trattati di meccanica, entrambi dedicati ai duchi Farnese di Parma. Nel 1651 divenne superiore della Penitenzieria apostolica, carica che tenne fino al 1654. Fu in questo periodo che pubblicò a Lione il primo volume della Optica philosophia experimentis et ratione a fundamentis constituta (1652), dedicato a Leopoldo Guglielmo d’Asburgo, arciduca d’Austria. È solo in questo volume che Zucchi parla dei suoi studi ottici del 1616, cosicché alcuni storici, pur senza solide prove documentarie, gli attribuirono la paternità del telescopio riflettore. Zucchi stesso afferma: "Perciò nell’anno 1616 [...] mi proposi di vedere se lo stesso effetto ottenuto con una rifrazione attraverso una lente in qualche modo convessa potesse essere ottenuto attraverso una riflessione da specchio concavo". Lo specchio di bronzo proveniva "dal museo di un uomo illustre" e venne fabbricato “da un artefice esperto”; l’oculare, invece, era una lente divergente. Zucchi rivolse tale arrangiamento, privo in realtà di tubo ottico, "alle cose terrestri e celesti". Probabilmente non ottenne un'immagine soddisfacente, forse perché lo specchio non era abbastanza preciso per mettere a fuoco un'immagine o la sua testa copriva parzialmente la visuale. Zucchi abbandonò l'idea. Se la sua affermazione circa l'idea di un telescopio riflettore nel 1616 fosse vera, allora sarebbe la prima descrizione conosciuta di un apparato che usava uno specchio curvo come obiettivo per la formazione dell'immagine, precedente alle discussioni di Galileo Galilei e Giovanni Francesco Sagredo sullo stesso argomento prima della morte di quest’ultimo nel 1620.


La versione di Zucchi solleva tuttavia qualche dubbio: non è chiaro per quale motivo abbia atteso tanto tempo per dar notizia del suo telescopio e non convince la disponibilità di uno specchio concavo per osservazioni telescopiche, in quanto all’epoca tali specchi erano difficilmente reperibili. Nel 1652, con l’uscita del primo volume dell’Optica philosophia, gli studi sui telescopi riflettori erano già avviati e stavano prendendo piede, sia in Italia, con Bonaventura Cavalieri, che oltralpe, con Marin Mersenne. È dunque difficile sostenere che Zucchi abbia direttamente influenzato James Gregory e Isaac Newton.

Alla morte di Innocenzo X, Zucchi servì come confessore del Sacro Collegio che elesse papa Alessandro VII; nel 1655 questi lo nominò predicatore del palazzo apostolico. Nel 1656 pubblicò il secondo volume della Optica philosophia. Dal 1662 Zucchi fu superiore della casa professa a Roma e venne tenuto in grande considerazione del nuovo papa Clemente IX Rospigliosi. Morì a Roma nel 1670. A lui è dedicato un cratere della Luna, di circa 65 km di diametro, chiamato Zucchius in suo onore.



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