domenica 22 marzo 2009

Achille Loria, l’aviazione e la sifilide



Achille Loria (1857-1943) è stato un economista e sociologo di scuola positivista. Celebrato in vita come "il Marx italiano" e insultato da Engels come travisatore e plagiario di Marx; descritto da Schumpeter come "un ibrido curioso di genialità e di cattiva preparazione in analisi"; bersagliato da Croce, Achille Loria è un caso singolare nella storia del pensiero economico.

Nel suo profilo della cultura torinese, Bobbio lo classifica fra i luminari della facoltà giuridico-economica. Per quasi trent'anní fu direttore del laboratorio fondato da Salvatore Cognetti de Martiis in cui si formò una generazione illustre di economisti. Nel 1885 divenne Professore ordinario di Economia Politica, quindi Socio Corrispondente dell'Accademia dei Lincei (1887), nonché membro di una trentina di Accademie e Società di Studio tra le più prestigiose del mondo. Divenne Senatore del Regno nel 1919 e Professore Emerito nel 1932.

Socio di tutte le accademie, collaboratore dì tutte le riviste, per mezzo secolo Loria fu uno degli economisti italiani più noti nel mondo. Ma la sua caduta fu verticale e oggi sono molti gli economisti che ammettono senza imbarazzo di non averlo letto. Non si può dar loro torto, se tra le opere del Nostro compare anche l’agile saggetto del 1927 in cui l’economista salutava l’eugenetica con l’appellativo di scienza nuova (Una scienza nuova: l’eugenica, Edizioni del Pensiero Sanitario, 1927) e sottolineava che l’eugenica sarebbe senza dubbio divenuta la “scienza della stessa società in embrione”. Ma il luminare scrisse anche di peggio, e dispiace che Bobbio non se ne sia accorto.

Le sue eccentricità furono oggetto dello scherno di Gramsci, che coniò il termine “lorianismo” per indicare una tipologia di intellettuali caratterizzata da aspetti deteriori e bizzarri come “disorganicità, assenza di spirito critico, sistematico, trascuratezza nello svolgimento dell’attività scientifica, assenza di centralizzazione culturale, mollezza ed indulgenza etica nel campo dell’attività scientifico-culturale”.

Ne “I quaderni dal carcere” (Q6 e Q28) Antonio Gramsci registra i documenti in cui si trovano le principali «bizzarrie» di Achille Loria:

Le influenze sociali dell’aviazione
L’articolo Le influenze sociali dell'aviazione (Verità e fantasia) in «Rassegna Contemporanea» del 1° gennaio 1910 è un capolavoro di «bizzarrie»: vi si trova “la teoria dell'emancipazione operaia dalla coercizione del salario di fabbrica non piú ottenuta per mezzo della «terra libera», ma per mezzo degli aeroplani che opportunamente unti di vischio, permetteranno l'evasione dalla presente società con il nutrimento assicurato dagli uccelli impaniati; una teoria della caduta del credito fiduciario, dello sfrenarsi delle birbonate sessuali (adulteri impuniti, seduzioni, ecc.); sull'ammazzamento sistematico dei portinai per le cadute di cannocchiali; un compendio della teoria, altrove svolta, sul grado di moralità secondo l'altezza dal livello del mare, con la proposta pratica di rigenerare i delinquenti portandoli nelle alte sfere dell'aria su immensi aeroplani, correzione di una precedente proposta di edificare le carceri in alta montagna, ecc.” Questo articolo, commenta Gramsci, data l'amenità del contenuto, si presta a diventare «libro di testo negativo» per una scuola di logica formale e di buon senso scientifico.

Il dolore universale degli attori di teatro
In una conferenza tenuta a Torino il 13 dicembre 1915 e pubblicata subito dopo nella «Nuova Antologia», l’economista parlò del «dolore universale» in modo molto stravagante. In quell’occasione il Loria, per dimostrare una legge universale del dolore, portò come unico esempio la lista di ciò che costa la claque agli attori di teatro. È vero che, secondo il suo metodo solito, il Loria fece intravedere la parte positiva del problema, affermando seriamente che la natura provvidenziale crea una difesa e un antidoto contro l'avvelenamento universale del dolore come si vede dal fatto che i poveri costretti a pernottare sul nudo sasso hanno la pelle piú spessa degli uomini che dormono sulle soffici piume.

Altimetria e civiltà
Loria fu l’autore anche dell’articolo Perché i veneti non addoppiano ed i valtellinesi triplano, inviato al Comitato triestino per le onoranze ad Attilio Hortis nel cinquantenario della sua attività letteraria. Il Comitato non poteva inserire l'articolo nella Miscellanea per la sua ridicola insulsaggine, ma non volle neppure mancare di riguardi al Loria che a Trieste era un esponente «illustre» della scienza italiana. Cosí fu comunicato al Loria che il suo «contributo» non poteva essere pubblicato nella Miscellanea già stampata in tipografia e che l'avrebbe pubblicato il settimanale letterario «Il Palvese». L'articolo espone un aspetto (quello linguistico) della dottrina loriana sull'influenza dell'«altimetria» sullo sviluppo della civiltà: i montanari, moralmente piú puri, fisicamente piú robusti, «triplicano» le consonanti; la gente di pianura, invece (e guai se si tratta di popolazioni che stanno al livello del mare, come i veneziani), oltre che moralmente depravata, è anche fisicamente degenerata e non riesce neppure ad «addoppiare». Il Loria ricorre alla «testimonianza della propria coscienza» e afferma che da malato egli non riesce a domandare alla cameriera che una semplice taza di brodo.

Misticismo e sifilide
Nella prefazione alla prima edizione di una delle sue prime opere «scientifiche», il Loria parla della sua prolusione all'Università di Siena, e della impressione suscitata nel pubblico accademico dall'esposizione delle sue «originali» dottrine materialistiche: vi si trova accennata la sua teoria della connessione tra «misticismo» e «sifilide» (per «misticismo» il Loria intende tutti gli atteggiamenti che non siano «positivistici» o materialistici in senso volgare).

Contro gli equilibristi
Il 12 dicembre 1931, nel culmine della crisi economica mondiale, Achille Loria, nel frattempo diventato senatore, discute in aula una sua interrogazione: se il ministero dell'interno «non ritenga opportuno evitare gli spettacoli di equilibrismo che non adempiono a nessuna funzione educativa, mentre sono troppo frequentemente occasione di sciagure mortali». Dalla risposta dell'on. Arpinati pare che «gli spettacoli di equilibrismo appartengano a quelle attività improduttive che il sen. Loria ha analizzato nel Trattato di Economia», e quindi la questione, secondo il Loria, avrebbe potuto essere un contributo alla soluzione della crisi economica.

Questi «documenti», afferma Gramsci, “sono i piú vistosi che si ricordino in questo momento: ma è da ricordare che nel caso del Loria non si tratta di qualche caso di «dormicchiamento» intellettuale, sia pure con ricadute negli stessi delirii: si tratta di un filone «profondo», di una continuità abbastanza sistematica che accompagna tutta la sua carriera letteraria. Né si può negare che il Loria sia uomo di ingegno e che abbia del giudizio. In tutta una serie di articoli le «bizzarrie e stranezze» appaiono qua e là, estemporaneamente, ma ci sono quelle di un certo tipo, legate cioè a determinati «nessi di pensiero». Per esempio, si vede la teoria «altimetrica» apparire nella quistione «penitenziaria» e in quella «linguistica». Cosí in un articoletto pubblicato nella «Prora» che usciva a Torino durante la guerra (…) si dividevano i protagonisti della guerra mondiale in mistici (Guglielmo e Francesco Giuseppe o Carlo) e positivisti (Clémenceau e Lloyd George) e si parlava della fine dello zarismo come di un destino antimistico”.

“Loria non è un caso teratologico individuale: è invece l'esemplare piú compiuto e finito di una serie di rappresentanti di un certo strato intellettuale di un determinato periodo storico; in generale di quello strato di intellettuali positivisti che si occuparono della quistione operaia e che erano piú o meno convinti di approfondire e rivedere e superare la filosofia della prassi. Ma è da notare che ogni periodo ha il suo lorianismo piú o meno compiuto e perfetto e ogni paese ha il suo. Che Loria potesse esistere, scrivere, elucubrare, stampare a sue spese libri e libroni, niente di strano: esistono sempre gli scopritori del moto perpetuo e i parroci che stampano continuazioni della Gerusalemme Liberata. Ma che egli sia diventato un pilastro della cultura, un «maestro», e che abbia trovato «spontaneamente» un grandissimo pubblico, ecco ciò che fa riflettere sulla debolezza, anche in tempi normali, degli argini critici che pur esistevano: è da pensare come, in tempi anormali, di passioni scatenate, sia facile a dei Loria, appoggiati da forze interessate, di traboccare da ogni argine e di impaludare per decenni un ambiente di civiltà intellettuale ancora debole e gracile”.

Loria fu anche l’autore della poesia Al mio bastone. Nel XXXV anno di possesso, pubblicata sulla «Nuova Antologia» del 16 novembre 1909, che Gramsci definisce ricca di elementi comici. Purtroppo non sono riuscito a trovare quello che, a giudicare dal titolo, potrebbe essere un capolavoro.

2 commenti:

  1. sono sbalordito dal fatto che una persona chiaramente "disadattata" e poco equilibrata come Loria sia stato ritenuto grande intellettuale e sia potuto diventare senatore del Regno.

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  2. La maggior parte di coloro che parlano di Loria non lo hanno mai letto, ma lo conoscono per le critiche che gli hanno nel tempo rivolto Croce (probabilmente su imput di Labriola), Gramsci e Togliatti. Premettendo che neanche io l'ho letto, immagino non abbia scritto solo di sifilide e aeroplani: in caso contrario non sarebbe divenuto apprezzato economista di fama mondiale. Del resto anche Gramsci e Schumpeter gli attribuiscono, fra le righe, un certo ingegno, pur criticandone il disordine analitico e le eccentricità, che secondo loro ne vanificherebbero il lavoro. Difficile che a Bobbio fossero sfuggite le opere cui fai riferimento; più probabile che si sia concentrato su altri aspetti della sua opera.

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