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venerdì 1 settembre 2017

La predestinazione di Durval (Galois secondo Leo Perutz)


Nato a Praga da una agiata famiglia ebreo-tedesca di commercianti, lo scrittore Leo Perutz (1882-1957) aveva studiato calcolo delle probabilità, statistica, matematica attuariale ed economia politica e trovò lavoro come statistico attuariale in una società d'assicurazione di Vienna (come altri austro-ungarici, da Kafka a Svevo, arrivati alla narrativa dalla scrivania). Nella capitale imperiale incominciò a frequentare i circoli e i caffè letterari. Nel 1906 pubblicò il suo primo racconto e, nel marzo 1907, la sua prima novella. Come statistico attuariale, Perutz avrebbe anche lasciato un contributo scientifico degno di nota, studiando i tassi di mortalità, pubblicando articoli su riviste specialistiche e ricavando la cosiddetta formula di equivalenza di Perutz, relazione che sarebbe stata a lungo utilizzata nel settore. Per tutta la vita lo scrittore si interessò di matematica, che ebbe un ruolo chiave nella costruzione della sua opera letteraria. 

Era sulla trentina allo scoppio della Grande Guerra, nel 1914. Arruolato nell'esercito austro-ungarico, partì tra i primi per il fronte orientale, ma fu ferito quasi subito e rimpatriato. Quegli anni videro i suoi primi successi letterari: i racconti brevi Il terzo proiettile, del 1915, e Il miracolo dell’albero di mango, dell’anno successivo, scritto assieme a Paul Frank, dal quale fu tratto anche un film nel 1921. Il successo continuò dopo la guerra, quando pubblicò una serie di racconti e novelle storico-fantastici come Il Marchese di Bolibar (1920), il bestseller Il Maestro del Giudizio Universale (1923), Turlupin (1926) e Tempo di spettri (1928). Giunto all’apice della carriera, la sua esistenza subì un tracollo. La morte della moglie, nel 1928, gli provocò una grave crisi. Si risposò nel 1934, poco prima che l’Anschluss dell’Austria alla Germania nazista lo costringesse a una vita d’esilio. Nel 1938 trovò rifugio in Palestina, dovendo ricominciare tutto daccapo, a disagio in un ambiente di cui non comprendeva la lingua e, da laico non praticante, le idee. Dopo la guerra tornò in Austria nel 1950, ma il pubblico sembrò essersi dimenticato di lui. Nel 1953 pubblicò la novella di ambientazione praghese Di notte sotto il ponte di pietra, mentre la sua ultima opera, Il Giuda di Leonardo, uscì postuma nel 1959, due anni dopo la sua morte avvenuta a Bad Ischl nel 1957. 

Trascurato dalla critica per decenni, ci fu chi lo considerò uno scrittore di avventure bizzarre, un po’ Salgari un po’ Balzac. In Italia, come fece notare Oreste Del Buono, Ladislao Mittner nella prima edizione della sua Storia della letteratura tedesca non lo citava nemmeno nell'indice dei nomi. Fu riscoperto negli anni ’70 del Novecento, quando Borges curò la pubblicazione di alcune sue opere in Argentina e, da noi, incominciarono le traduzioni uscite presso Adelphi. Corrado Augias ha scritto che “Una delle ragioni per le quali Perutz è stato trascurato potrebbe nascondersi proprio nella difficoltà di capire che razza di scrittore fosse, cioè di dare ai suoi romanzi una collocazione sicura all' interno d'un genere riconoscibile”. Né giallista, né scrittore di noir, né troppo realista né troppo fantastico, secondo Augias 
“Leo Perutz sembra, in conclusione, un vero scrittore d'avventure, uno di quei narratori da feuilleton nei quali questi vari generi si ritrovano e s'intrecciano e dove pagine di alta scrittura si alternano ad altre più di maniera. Un narratore, insomma, capace di costruire con immensa abilità d'artigiano e alta resa drammatica, una storia intorno a dei personaggi e a una trama abilmente calcolata. Uno degli elementi comuni a tutti i suoi romanzi, è il ruolo giocato dal destino sullo sviluppo dei fatti e la vita dei protagonisti. Il nocciolo dei suoi racconti gira attorno a un uomo prigioniero d'una ossessione, cioè un fanatico, col quale il destino si diverte a giocare un po', prima d'assestargli il colpo conclusivo”. 
Proprio questo è il tema dominante di Il giorno senza sera (Der Tag ohne Abend), un racconto breve pubblicato nel 1930 nella raccolta Signore, abbi pietà di me (Herr, erbarme dich meiner). Secondo i diari di Perutz, egli scrisse questa storia in preda a una sorta di “furor” nell’arco di cinque giorni nel novembre 1924. Questo estro (che ricorda il Furor mathematicus che dà il titolo a una raccolta di Leonardo Sinisgalli del 1944) si riflette nell’atteggiamento del protagonista, Georges Durval, affetto da una vera e propria esplosione di creatività matematica, evidentemente ispirato alla biografia degli ultimi mesi di vita di Évariste Galois. Perutz non parla direttamente del matematico francese, collocando le vicende nel 1912 e spostandole da Parigi a Vienna, ma, anche se Durval non è affatto un rivoluzionario o un matematico “per vocazione”, il nucleo della storia è evidente a chi è familiare con la storia della matematica e con la biografia di Galois. 

Il riferimento a Galois si accompagna già dal titolo a un'altra significativa circostanza: gli scritti di Agostino d’Ippona. “Il giorno senza sera” è il dies sine vespera che si trova nelle Confessioni (XIII, 36, 51) e che conferisce un senso profondamente filosofico e teologico alla storia. Ecco il passo: 
“Ma il settimo giorno è senza sera e non ha tramonto. L'hai santificato per farlo durare eternamente. Il riposo che prendesti al settimo giorno, dopo compiute le tue opere assai buone, benché niente turbasse la tua quiete, è una predizione che ci fa l'oracolo del tuo Libro: noi pure, dopo compiute le nostre opere, buone assai per tua generosità, nel sabato della vita eterna riposeremo in te”. 

Il racconto di Perutz trasforma i riferimenti alla leggenda di Galois e alla meditazione teologica agostiniana sulla Genesi in una riflessione che parte dal senso (o il nonsenso) della storia controfattuale ("che cosa sarebbe successo se...") e termina stabilendo i confini tra la conoscenza e creazione umana e quella divina. Così, la cronaca romanzata, meta-biografica sulla fine di Durval/Galois evolve in una cronaca romanzata, filosofica, sulla condizione umana. 

La struttura dell’opera è articolata in ordine cronologico in sette parti (come i giorni della creazione), che nella prima edizione erano suddivise graficamente da asterischi. La trama è abbastanza semplice: Georges Durval è un dandy dai molti interessi, che pratica in modo dilettantesco e improduttivo, tra i quali gli scacchi, la musica e la matematica. Il suo stile di vita prosegue immutato fino a quando, come dichiara il narratore, “il fato e la predestinazione di Georges Durval si ricordarono di lui”

La svolta avviene la sera del 14 marzo 1912, quando un suo commensale in un ristorante lo insulta per futili motivi e poi lo sfida a duello. Mentre la sfida viene rimandata di alcune settimane, Durval è colto da una “particolare inquietudine” e incomincia a occuparsi sempre più di matematica. I suoi studi matematici presto lo coinvolgono completamente, spezzando i suoi precedenti legami con la società. 

L’ossessiva attività matematica continua persino quando arrivano i suoi secondi, la mattina del duello, il 25 aprile 1912, e poi durante la preparazione dello stesso (il trasferimento fino alla località prescelta, il tentativo di riconciliazione, le ultime istruzioni). Durval è interessato solo ai suoi problemi matematici. Alla fine i duellanti sparano, e il narratore afferma laconicamente: “Questo giorno non ebbe sera”, rivelando così la morte del protagonista. Nell’ultima parte dell’opera, Perutz fornisce un commento in cui accenna, da un lato, ai fatti successivi (la pubblicazione postuma degli scritti di Durval da parte di una “società accademica”) e, dall’altro lato, a una possibile interpretazione della storia: 
“La storia di Georges Durval doveva essere raccontata. Certe volte ho l’impressione che possa fornire una comprensione degli eventi del mondo. Si può discutere se i grandi della scienza, dell’arte o della letteratura (…) che morirono giovani avessero potuto aggiungere anche solo una riga alle loro opere, se la morte li avesse risparmiati. Può darsi che il destino chiama solamente coloro che non hanno più niente da dare, che, alla fin fine, sono finiti, vuoti, e consumati”. 
Queste considerazioni sono degne di nota per molti motivi. Il narratore le introduce per interrompere improvvisamente la narrazione, per rivelarsi come il narratore in prima persona e usurpare il lettore della sua propria interpretazione. In effetti, altri racconti di Perutz contengono commenti interpretativi finali, ma in questo caso non c’è semplicemente la rivelazione della morale, e neppure un semplice riferimento all’esemplarità storico-filosofica delle vicende narrate. Piuttosto, attraverso il caso specifico di Durval/Galois, Perutz chiama in causa la pratica degli scenari controfattuali, la domanda che le vite dei “grandi morti giovani” sembrano suscitare. 

Che cosa sarebbe successo se Galois non fosse morto così giovane? Pensieri di questo tipo sono sempre affiorati nella letteratura su Galois che Perutz sfida, invitando a una discussione più approfondita. Liouville, che aveva raccolto e fatto conoscere le opere di Galois, sostenne nel 1846 che se non ci fosse stato quel tragico duello, il giovane matematico avrebbe potuto espandere le scienze matematiche in modi interessanti. Felix Klein era convinto che Galois avrebbe potuto aprire nuove strade che il mondo non poteva neanche immaginare. Entrambi erano convinti della linearità storica e della crescita cumulativa del sapere matematico, che singoli tragici eventi possono rallentare ma non fermare. In questo contesto le domande controfattuali sembrano lecite, anche se nulla aggiungono alla conoscenza storica. 

Più scettico sull’immaginazione controfattuale riguardante la vita non vissuta di Galois fu lo storico della scienza George Sarton che, nella sua biografia del 1921, considerava simili speculazioni totalmente inutili. Piuttosto pensava che l’immortalità del matematico francese risiede proprio nella brevità della sua esistenza terrena. Perutz sembra concordare in parte con Sarton, anche se l’arma narrativa che possiede in più dello storico gli consente una maggior libertà di esprimere le sue idee, che i critici hanno contrassegnato come “una visione fatalistica della storia”, secondo la quale “caso e necessità” coincidono in modi che sembrano assurdi all’osservatore umano. 

In Il giorno senza notte queste idee ricevono una declinazione particolare, collegata sia ai riferimenti biografici a Galois, sia al contesto teologico delle idee agostiniane sulla creazione e la predestinazione. Perutz trae da Agostino non solo il titolo, ma anche la struttura narrativa in sette parti in cui si articola il racconto. 

Ciò che il narratore identifica come l’intervento del destino e la “predestinazione” di Georges Durval è quanto il protagonista stesso prova come una spinta interna di cui si ssente completamente succube. Dopo che il suo interesse per i problemi matematici è stato risvegliato, egli sperimenta eccitazione e una “particolare inquietudine” la cui origine non risiede nei suoi timori sull’incipiente duello. Egli si sente come se fosse eccitato da un “demone” (“la fureur des Mathématiques le domine”, come ebbe a dire il professore di Galois) e trova pace e temporaneo conforto solamente nell’attività matematica. La matematica lo aveva interessato anche in precedenza e talvolta aveva varcato i confini della “matematica superiore” pensando, come ci informa il narratore, “alla rettificazione di famiglie di curve isotermiche” attraverso “l’espansione del teorema di Picard”. Contrariamente alla maggior parte dei biografi di Galois, Perutz sembra essere indifferente alle idee politiche del protagonista. Durval è dominato dal suo furor mathematicus, il solo interesse cui si dedica prima del duello: 
“Il suo momento era la sera. Una profonda lucidità lo coglieva tutte le sere alla luce della lampada, portandogli la percezione di collegamenti nascosti. In quei momenti lavorava con quieta maestria, gli occhi sullo scopo”. 

La descrizione di Perutz della creatività matematica poco si discosta dal diffuso stereotipo del matematico socialmente isolato, concentrato per intero sul suo lavoro, che scorda anche la situazione di pericolo in cui si trova. Contemporaneamente, Perutz consente al Durval di “maturare”, con una chiara eco dell’idea agostiniana di una pace interiore (“nel sabato della vita eterna riposeremo in te”) raggiunta attraverso l’esercizio contemplativo e intellettuale dopo una giovinezza sprecata negli eccessi. Per Durval, dopo essere stato sfidato a duello, l’avventura che aveva in precedenza cercato nella vita sociale sembra aver perso ogni traccia di fermento, soppiantata dall’avventura spirituale che trova nella matematica, nel regno “dei punti singolari” delle curve di Cayley e della “teoria delle equazioni differenziali”

Durval raggiunge il suo “scopo”. Lavora sui suoi problemi matematici letteralmente fino al suo ultimo respiro: poco prima di partire per il duello, butta giù “formule algebriche” sul retro di uno “scontrino di lavanderia”, approfitta di una fermata della carrozza per scrivere “un lungo sviluppo in serie sul tavolo di marmo” di un locale, e chiede persino al testimone “un pezzettino di carta” sul quale spera di scarabocchiare qualche idea dell’ultimo minuto. Il riferimento alle leggende che circondano l’ultima notte di Galois è inequivocabile. La descrizione di Perutz non è inferiore in drammaticità, in quanto Durval non smette mai di far calcoli. La narrazione parallela degli eventi del duello e dei pensieri matematici, entrambi sempre più concitati e prossimi alla conclusione, raggiunge il suo climax: 
“I secondi misurarono la distanza. Indifferente a quanto stava accadendo attorno a lui, Georges Durval stava presso la parete di legno che delimitava l’area del duello e faceva calcoli. Il secondo aveva caricato le pistole… In quel momento Georges Durval si girò. Con il pezzo di carta ancora in mano, camminò verso il Capitano Drescovich [uno dei suoi padrini]. Il suo viso mostrava pace e completa indifferenza. Aveva portato a termine il suo lavoro”. 

Con questo gesto Durval conferma dal proprio punto di vista la teoria del narratore che segue immediatamente: “il destino chiama solamente coloro che non hanno più niente da dare, che, alla fin fine, sono finiti, vuoti, e consumati”. Durval aveva completato il percorso assegnatoli dal destino attraverso la soluzione del suo problema matematico, così che la pace e l’indifferenza che prova nonostante l’incombente duello, che contrastano con il precedente disordine della sua vita e il furore matematico, si possono pienamente giustificare con il completamento della sua creazione. La sua progressiva rinuncia agli interessi mondani in favore della contemplazione matematica trova qui il suo definitivo epilogo. Ciò nonostante, la catena di pensieri persiste nella sua testa. Appena dopo aver raggiunto la soluzione, inizia a pensare a una riformulazione più elegante della sua idea e pensa di rifletterci la sera: 
“La formula può essere facilmente suddivisa in una parte reale e una immaginaria, disse Durval a se stesso. Ci deve essere un altro tipo di soluzione, più elegante. Ad ogni modo, stasera, quando…” 
Due spari interrompono questi pensieri e il narratore smentisce il suo eroe caduto: “Questo giorno non ebbe sera”

Durval ha completato il cammino a cui era predestinato, tuttavia la sua opera creativa rimane incompleta e, in un certo senso, non può essere completata. In effetti egli ha dato solo un piccolo e incompleto contributo al complesso del sapere matematico, che progredisce con il tempo e nel tempo e rimane tutt’altro che finito e completabile. Durval lo comprende nel momento stesso in cui giunge la morte: ci deve essere ancora “un altro tipo di soluzione, più elegante”. Perutz sottolinea l’impressione di incompletezza con un ultimo cenno a quanto Durval lascia dietro di sé. I curatori della pubblicazione del suo archivio non potranno mai ammirare la sua soluzione completa: 

“Quando la sua opera sarà disponibile, raccolta in 10 volumi, anche allora rimarrà un incompiuto. Il suo lavoro finale non sarà mai trovato. Esso è distribuito tra il retro di uno scontrino di lavanderia, il tavolo di marmo di un caffè e un foglietto di taccuino, disperso nel vento”.




Albrecht, A. "The Day Without Evening: Leo Perutz, Evariste Galois, and Augustine,"
Journal of Humanistic Mathematics, Volume 2, Issue 1 (January 2012), pages 2-21.
DOI: 10.5642/jhummath.201201.03.

domenica 11 settembre 2016

La triste storia del giovane Galois e dei suoi manoscritti sventurati

Nel 1829 Evariste Galois, che aveva 17 anni, seguiva i corsi della sezione di matematica speciale del collegio Louis-le-Grand, tipica scuola della Restaurazione, caratterizzata da una dura disciplina e dominata dal potere politico e dalla chiesa. La sua ricca e originale personalità sopportava con sempre maggiore difficoltà la pesante atmosfera conservatrice e clericale di questa istituzione, di cui era interno da cinque anni. Se non si era ancora ribellato, se ancora non era il militante repubblicano che sarebbe stato due anni più tardi, la consapevolezza che aveva del proprio genio matematico si scontrava con i vincoli che frenavano la sua invincibile vocazione per la ricerca astratta e lo spingeva a disprezzare la mediocrità di coloro che lo giudicavano. La sua superiorità fu riconosciuta dal suo professore di matematica speciale, Louis-Paul-Emile Richard, ed era riconosciuta dalla maggior parte dei suoi compagni, ma erano ancora numerosi coloro che lo ritenevano uno spirito bizzarro e fantasioso, da raddrizzare con una rigorosa disciplina. 

Vero è che la passione matematica di Galois era ancora molto recente. Il suo ingresso in questo mondo risaliva solo ai primi mesi del 1827, quando, dopo la sfortunata esperienza trimestrale nella classe di retorica, ripeté la classe di seconda e frequentò contemporaneamente i corsi del primo anno di matematica preparatoria tenuti da Hippolyte-Jean Vernier. Subito stanco dell’impostazione dogmatica del docente e dei manuali in uso, cominciò a studiare direttamente i testi originali. Dopo aver “divorato” la Géométrie di Legendre, affrontò subito le opere principali di Lagrange e acquisì una solida cultura algebrica e analitica di base. Nei due anni successivi che passò al Louis-le-Grand, si accostò ai settori di punta della ricerca matematica dell’epoca, interessandosi specialmente alle opere di Lagrange, Gauss e Cauchy sulla teoria delle equazioni, a quelle di Cauchy e Libri sulla teoria dei numeri e a quelle di Legendre sulle funzioni ellittiche. 

Senza trascurare il corso di matematica speciale, consacrava una buona parte del suo tempo alla ricerca personale, orientandosi in particolare verso la teoria delle equazioni algebriche. La sua curiosità non si limitava tuttavia a questo settore fondamentale, e la sua prima pubblicazione, nel numero del 1 aprile 1829 degli Annales de mathématiques di Gergonne, era una Dimostrazione di un teorema sulle frazioni continue periodiche. Si trattava dell’opera di un bravo studente, ma che ancora non annunciava il suo genio. 

Nel corso del 1828, secondo la sua stessa testimonianza, credette a torto di essere riuscito a risolvere l’equazione generale di quinto grado, ma questo abbaglio deve essere stato di corta durata, perché agli inizi del 1829, durante il tempo libero, riprese su nuove basi lo studio della teoria delle equazioni, che avrebbe continuato a studiare fino alla costituzione della teoria dei gruppi. 

Nel maggio 1829, i risultati ottenuti lungo questa nuova via gli sembravano abbastanza importanti da meritare di essere comunicati all'Académie des Sciences di Parigi. Per sottomettere un lavoro al giudizio di questa autorevole istituzione si potevano allora seguire due procedure: sia l’invio alla Segreteria dell’Accademia o il suo deposito da parte dell’autore durante una seduta, sia la sua presentazione da parte di un accademico esperto in quel particolare ambito. La seconda procedura era la più ricercata, anche se la meno frequente, perché implicava l’accordo esplicito dell’accademico interessato, che garantiva almeno l’interesse dell’opera presentata, se non i suoi dettagli. 

Galois ebbe il privilegio di vedere presentate le sue prime opere all’Accademia, nelle sedute del 25 maggio e 1 giugno 1829, da un giudice tanto severo quanto competente: Cauchy. La sua accettazione prova che il giovane matematico era riuscito a convincere il grande analista dell’importanza e originalità delle sue ricerche. La successiva perdita dei manoscritti di queste memorie di Galois e del rapporto preparato da Cauchy non consente di avere un’idea precisa del loro contenuto. I registri dell’Accademia precisano tuttavia che si trattava di Ricerche sulle equazioni algebriche di grado primo e, probabilmente, di una seconda memoria riveduta e corretta sullo stesso soggetto. 

Qualche settimana dopo il deposito delle due memorie, la vita di Galois fu sconvolta da due avvenimenti di natura molto diversa che segnarono profondamente il suo spirito. 

Il 2 luglio, suo padre Nicolas-Gabriel, sindaco liberale di Bourg-la-Reine, si suicidò nel suo appartamento parigino per lo scandalo suscitato da alcuni poemetti oltraggiosi circolati sotto il suo nome ma in realtà scritti da un prete conservatore; inoltre le sue esequie diedero luogo a penosi incidenti. Inutile dire che il legame tra clero e Borboni, unito alla parte che ebbe il religioso reazionario nel suicidio del padre di Galois, contribuirono ad alimentare il suo odio verso la monarchia. Il giovane Evariste era disperato per la perdita del suo sostegno economico, ma soprattutto per l’ingiustizia e la persecuzione che erano allorigine di questa tragedia. 

Qualche settimana più tardi i suoi sentimenti di rivolta furono rafforzati da un nuovo triste episodio. Egli fallì per la seconda volta l’esame per l’ammissione alla Ecole polytechnique, in seguito al suo rifiuto di seguire la modalità espositiva voluta dall’esaminatore Dinet. Si narra che Galois gettò il cancellino in testa al professore dopo l’ennesima domanda insulsa, ma l’episodio sembra il frutto della leggenda creatasi intorno al matematico ribelle. 

Vedendo svanire le sue speranze di entrare a quella Ecole polytechnique il cui prestigio e la tradizione liberale lo attiravano, Galois decise di presentarsi al concorso per entrare alla Ecole Normale Supérieure, che allora si chiamava Ecole préparatoire. Anche se la domanda era stata presentata in ritardo, alla fine fu accettata, forse per l’intervento diretto di “persone poste in cima al mondo dei sapienti”, magari lo stesso Cauchy. 

Accettato agli scritti dell’esame d’ammissione (20-25 agosto), Galois ottenne un buon risultato, grazie soprattutto al giudizio positivo dell’esaminatore di matematica, Charles-Antoine-François Leroy, professore anche all’Ecole polytechnique. Nel mese di novembre iniziò così a frequentare i corsi, anche se doveva ancora affrontare degli orali di controllo, quindi ottenere in dicembre il baccalaureato in lettere e quello in scienze. 

Malgrado le preoccupazioni famigliari e scolastiche, Galois non abbandonò completamente le sue ricerche. Fu peraltro nel corso del secondo semestre del 1829 che, grazie al Bulletin di Férussac, fu informato per la prima volta di certi lavori di Abel, di cui conobbe il nome poco prima di venir a conoscenza della sua morte prematura, avvenuta il 6 aprile 1829. Leggendo sul numero di luglio una relazione sulla Memoria di una classe particolare di equazioni risolvibili algebricamente, pubblicata da Abel in Germania sul Journal di Crelle, Galois vi riconobbe un’ispirazione molto vicina a quella delle sue ricerche e vi ritrovò, con una certa amarezza, alcuni dei risultati che egli aveva presentato come inediti nelle sue memorie del 25 maggio e 1 giugno. La lettura della relazione lo incoraggiò a procedere rapidamente con le proprie ricerche sulla teoria delle equazioni algebriche, tanto più che già incominciava a intravedere il metodo con il quale sarebbe giunto molto al di là dei risultati pubblicati da Abel. Sul numero di ottobre poté leggere una sintesi, dello stesso Abel, del Compendio di una teoria delle funzioni ellittiche, che dovette rivelargli una nuova e feconda via di ricerca, alla quale si interessò subito attivamente. Nello stesso numero poté leggere l’annuncio della morte di Abel e un ricordo redatto da Crelle, di cui certi dettagli lo commossero profondamente. 

Anche Cauchy lesse i lavori di Abel nello stesso periodo, apprezzandone l’importanza e il carattere assai innovativo. La relazione presentata da Poisson il 21 dicembre 1829 all’Accademia delle Scienze sulle ricerche di Jacobi e Abel riguardo alle funzioni ellittiche dovette rafforzare il suo interesse. Avendo constatato che la memoria di Abel sulle equazioni algebriche conteneva una buona parte dei risultati poi ottenuti da Galois, pensò fosse suo dovere tentare di attenuare la delusione di quest’ultimo incoraggiandolo a salvare la parte più originale del suo lavoro e a proseguire le ricerche. 

All'inizio del 1830 stese il suo rapporto sulle memorie di Galois, che doveva essere letto nella seduta del 18 gennaio, ma un’indisposizione gli impedì di presentarlo. Una lettera trovata negli archivi dell’Accademia delle Scienze mostra l’importanza che egli accordava al lavoro di Galois, al punto di porla sullo stesso piano della propria memoria Sulla determinazione analitica delle radici primitive. Ecco il documento, con l’evidente errore di data di Cauchy, ancora non avvezzo a indicare il nuovo anno 1830: 


“Proprio oggi avrei dovuto presentare all'Accademia prima un rapporto sul lavoro del giovane Galois e poi una mia memoria sulla determinazione analitica delle radici primitive nella quale dimostro come sia possibile ridurre tale determinazione alla risoluzione di equazioni numeriche dotate solo di radici intere e positive. Sono tuttavia a casa, indisposto. Sono dispiaciuto di non poter partecipare alla sessione odierna e vorrei pregarla di iscrivermi a parlare per la prossima sessione sui due argomenti indicati. La prego di accettare i miei omaggi...” 
Ad ogni modo, questa lettera prova anche un altro fatto fondamentale, e cioè che il 18 gennaio 1830 Cauchy possedeva ancora le due memorie di Galois e che aveva redatto una relazione su di esse. Essa contraddice l’affermazione, spesso ripetuta, secondo la quale egli avrebbe perso questi documenti. Torneremo su questa questione dopo aver visto il seguito di questo piccolo mistero. 

I resoconti della seduta successiva, tenutasi il 25 gennaio, testimoniano che Cauchy effettivamente presentò la sua memoria sulle radici primitive, ma non fece menzione della relazione sulle memorie di Galois. Inoltre non c’è traccia che lo abbia fatto nelle riunioni successive. Che cos'era successo? 

Il fatto che Galois non si sia mai lamentato della negligenza di Cauchy in questa circostanza, mentre poneva tutte le sue speranze in un giudizio favorevole dell’Accademia, sembra indicare che l’annullamento della relazione di Cauchy sia intervenuto con il suo accordo. Resta allora da spiegare questo brusco cambiamento di atteggiamento dei due principali attori di questa vicenda. L’esame delle poche informazioni disponibili permette di formulare un’ipotesi che sembra attendibile.

Innanzitutto è certo che nel febbraio 1830 Galois depositò al segretariato dell’Accademia un’importante memoria destinata a concorrere al Gran Premio di Matematica che doveva essere assegnato nel mese di giugno successivo. In secondo luogo, le memorie del 25 maggio e 1 giugno 1829 non sono minimamente menzionate nel “catalogo” delle sue opere che Galois aveva redatto in seguito, in vista di un progetto di pubblicazione: la più vecchia delle memorie citate è proprio quella preparata probabilmente in gennaio per partecipare al Gran Premio di Matematica. Infine, nonostante il Gran Premio fosse stato indetto da lungo tempo, fu solo nelle due riunioni del 18 e 25 gennaio 1830 che fu decisa la commissione che avrebbe dovuto assegnarlo, e Cauchy non vi faceva parte.

Separando il campo dei fatti da quello delle ipotesi, proviamo a collegare i vari elementi per cercare di capire che cosa fosse successo. Si può innanzitutto pensare che Cauchy, nella sua relazione, pur riconoscendo i meriti di Galois, non poteva fare a meno di dire che molti dei risultati presentati nelle due memorie erano già stati raggiunti da Abel. Sapendo inoltre che il giovane aveva proseguito le sue ricerche ed era giunto a nuovi importanti risultati, era normale che gli suggerisse di raccogliere le parti originali in una nuova sintesi. Il Gran Premio di Matematica offriva un eccellente pretesto, e c’era ancora tempo per redigere una nuova opera da presentare al concorso. Cauchy potrebbe aver pensato che la presentazione della relazione alla riunione dell’Accademia, con la segnalazione della priorità di Abel, poteva in qualche modo suscitare un’impressione negativa alla commissione giudicante. Era dunque meglio rinunciare a presentare memorie e relazione in quella seduta. 

Non è improbabile dunque che, tra il 18 e il 25 gennaio, Cauchy abbia persuaso Galois dell’inutilità della presentazione alla riunione delle sue memorie e gli abbia presentato l’opportunità di scrivere una nuova memoria originale sulla teoria delle equazioni algebriche per concorrere al Grand Premio. 

L’ipotesi, se non gode di prove dirette, è supportata tuttavia da una testimonianza quasi contemporanea. Si tratta di un articolo di autore anonimo pubblicato sul numero del 15 giugno 1831 del giornale sansimoniano Le Globe, in cui si chiedeva il rilascio di Galois che lo stesso giorno compariva davanti al tribunale in seguito alla vicenda del banchetto dei repubblicani tenuto presso il «Vendanges de Bourgogne», locale in cui il 9 maggio egli avrebbe brindato minacciosamente a Luigi Filippo con un pugnale in mano (Galois fu poi assolto). L’autore dell’articolo, che sembra informato di prima mano, traccia un quadro pertinente delle ricerche intraprese da Galois, delle sue eccezionali qualità, e delle delusioni che aveva patito. Parlando della sua candidatura al Grand Prix del 1830, il testimone ricorda l’incoraggiamento ricevuto da Cauchy: 
“L’anno scorso, prima del 1 marzo, il signor Galois consegnò al segretariato dell’Istituto una memoria sulla risoluzione delle equazioni numeriche. Questa memoria doveva partecipare al Gran Premio di Matematica. Ne era degna, poiché superava qualche difficoltà che Lagrange non era stato in grado di risolvere. Il signor Cauchy a questo proposito si era prodigato in grandi elogi a Vauteur. Che cosa è successo? La memoria è andata perduta, e il premio viene assegnato senza che il giovane studioso sia figurato al concorso...” 
Prima di affrontare i fatti ricordati nell'ultima frase riportata, dobbiamo constatare, per concludere sulle memorie del 1829, che, se Galois non poté recuperare i manoscritti, non fu perché Cauchy li aveva perduti, ma perché furono dimenticati nel segretariato dell’Accademia. Benché questo fatto sia stato deplorevole, non può essere interpretato come un esempio delle “persecuzioni” che il giovane matematico avrebbe subito da parte dei suoi colleghi più anziani, in particolare da Cauchy. 

Torniamo ai fatti. Nei primi mesi del 1830 Galois era impegnato con i corsi dell’Ècole preparatoire: calcolo differenziale e integrale, fisica, astronomia, botanica. Contemporaneamente, e si potrebbe dire prioritariamente, continuava le sue ricerche matematiche. Conclusa la memoria con la quale voleva partecipare al Grand Prix, di cui fornì una breve presentazione sul Bulletin di Ferussac, preparò per la stessa rivista una breve nota sulla risoluzione delle equazioni numeriche e una memoria, molto più importante, nella quale introduceva gli “immaginari di Galois”. Questi due testi sarebbero stati pubblicati nel numero di luglio. La parte principale del lavoro di Galois sulle equazioni (la teoria di Galois) si può quindi considerare pronta a metà del 1830, il che sfata un altro dei miti che circondano la stessa a figura, cioè che egli abbia gettato le basi della teoria nella febbrile veglia notturna precedente il duello in cui venne ucciso.

Le speranze che Galois riponeva nel concorso per il Gran Premio dell’Accademia dovevano purtroppo essere bel presto crudelmente deluse. Se egli visse come un’ingiustizia il fatto che il 28 giugno il premio fosse stato attribuito ad Abel (alla memoria) e a Jacobi, certo si comprende ancor più facilmente il risentimento alla notizia che il suo manoscritto era andato perduto ancor prima di essere esaminato. Alle giuste rimostranze di Galois, la risposta di Cuvier, e cioé che la memoria era stata persa per la morte di Fourier che doveva esaminarla, esasperò ulteriormente il giovane matematico, già convinto di essere perseguitato dalla malasorte e dai rappresentanti della scienza ufficiale, espressione del regime monarchico. Cauchy, come si é detto, non faceva parte del collegio dei giurati, che comprendeva, oltre a Fourier, morto in aprile, Legendre, Lacroix, Poinsot e Poisson. 

Le vicende del Galois matematico si intrecciarono sempre più con il suo impegno politico. Alla fine del mese successivo cercò di partecipare alle “Tre Gloriose”, la rivoluzione delle giornate del 27, 28 e 29 luglio 1830 che depose l’odiato Carlo X Borbone e insediò Luigi Filippo d’Orleans (con il malcontento dei repubblicani), ma gli studenti dell’École Normale, tra cui lui, furono chiusi dentro l’edificio dal direttore, Guigniault. La successiva polemica di Galois contro il direttore gli costò l’espulsione dalla scuola, decretata il 4 gennaio 1831. 

Intanto, anche se oramai l’interesse principale dello sfortunato giovane sembra fosse diventato la politica, Galois inviò, su invito di Poisson. una terza versione all'Accademia della sua famosa memoria, intitolata Memoria sulle condizioni di risolvibilità delle equazioni mediante radicali, presentata all'Accademia il 17 gennaio successivo. 

L’ultimo anno della biografia di Galois ha poco di matematico, ma ha contribuito in gran parte a edificarne la leggenda. Liberato dopo l’episodio del brindisi minaccioso al nuovo re, egli fu di nuovo arrestato nel luglio 1831 perché si aggirava durante dei moti di piazza armato e vestito con l’uniforme della Guardia Nazionale, vietata in quanto utilizzata dai repubblicani e ritenuta provocatoria dal nuovo regime. Concluso il processo, il 23 ottobre Galois fu condannato a sei mesi di reclusione, che scontò nel carcere di S. Pelagia, dove tentò anche il suicidio e ebbe l’ulteriore dolore di ricevere dal segretario dell’Accademia, François Arago, il rapporto sulla sua ultima memoria che veniva nuovamente respinta: 
"Caro sig. Galois,
il vostro lavoro fu inviato al sig. Poisson per un parere. Egli lo ha restituito allegando un rapporto che qui cito:
“Abbiamo fatto ogni sforzo per capire le dimostrazioni del sig. Galois. I suoi argomenti non sono né abbastanza chiari né sufficientemente sviluppati per permetterci di giudicarne il rigore; non ci é stato nemmeno possibile farci un’idea sul lavoro.
L’autore afferma che le proposizioni contenute nel manoscritto sono parte di una teoria generale ricca di applicazioni. Spesso parti diverse di una teoria si chiariscono a vicenda e possono essere comprese più facilmente quando sono considerate insieme piuttosto che isolate una dall'altra. Per formarsi un’opinione bisogna quindi attendere che l’autore pubblichi un resoconto più completo di questo lavoro”
Per questo motivo, vi restituiamo il manoscritto con la speranza che possiate trovare utili per il lavoro futuro le osservazioni del sig. Poisson". 
Insomma, Poisson non aveva capito granché oppure, pressato dalle richieste di pareri accademici, aveva dato alla memoria solo un'occhiata distratta. Ci si può chiedere quale sarebbe stato il giudizio di Cauchy, che, monarchico convinto, si era rifiutato di giurare fedeltà al nuovo regime e aveva abbandonato la Francia in volontario esilio, trasferendosi prima a Friburgo, poi a Torino, dove si trovava in quei mesi, poi a Praga, e non sarebbe ritornato che nel 1838. Da Galois lo separava un abisso sul piano politico, ma forse era l’unico in grado di apprezzare l’approccio totalmente innovativo del matematico ventenne. 

Galois, d’altra parte, non pare che avesse sperato molto nel suo appoggio, e portava un certo risentimento anche nei suoi confronti. Anche se non citava Cauchy esplicitamente, i violenti attacchi rivolti contro i membri dell’Accademia, contenuti nella Prefazione che scrisse nel dicembre 1831, in vista di un progetto di pubblicazione delle sue memorie principali, paiono includerlo tra i responsabili della sua rovina. Non si può escludere che queste accuse siano all'origine del fatto che Cauchy, ritornato in Francia, neanche dopo la pubblicazione dei lavori di Galois nel 1846 nel Journal di Liouville fece mai più cenno, neanche indiretto, alla sua persona e alle sue opere. 


È facile comprendere come l’esito del rapporto su Galois fu quello di un ulteriore inasprimento verso il mondo accademico. Trasferito da Santa Pelagia per un’epidemia di colera, Galois fu liberato il 29 aprile ma un mese più tardi, il 30 maggio, fu ferito mortalmente in un misterioso duello del quale mi sono precedentemente occupato in un articolo, al quale rimando. 

Moriva così, non ancora ventunenne, uno dei più grandi geni matematici dell’Ottocento, creatore di una nuova branca della disciplina, ma ricordato soprattutto per la romantica biografia e, di certo, non aiutato dalla buona sorte.

mercoledì 1 luglio 2015

Indagine sull’assassino di Galois


L’episodio è noto: il 30 maggio 1832 il geniale matematico francese Évariste Galois, acceso militante repubblicano e non ancora ventunenne, fu ferito mortalmente in un duello che sapeva di perdere e morì il giorno successivo. Di quel celebre duello si è scritto molto, soprattutto sulle cause (questioni di cuore, ma si è parlato anche di una trappola tesa dalla polizia per sbarazzarsi di un estremista repubblicano o di un suicidio mascherato nella speranza di provocare un’insurrezione). Poco invece si è scritto sull’avversario, del quale persino le generalità sono rimaste a lungo incerte. Sull’argomento sono nate due scuole, che identificano l’omicida in un certo Pescheux d’Herbinville oppure in un enigmatico L. D.. 

La prima identità è fornita da Alexandre Dumas in una pagina delle sue Memorie
"Évariste Galois […] fu […] ucciso in duello da Pescheux d’Herbinville, […] affascinante giovane che faceva delle cartucce in carta di seta, legate con dei nastri rosa". 

Dumas segnala anche che Pescheux d’Herbinville ha subito un processo, che all’epoca fece sensazione. La lettura delle cronache della Gazette des tribunaux ci fa conoscere direttamente d’Herbinville: 
“Devo aggiungere [che le mie cartucce] erano proprio carine; perché tengo molto a essere curato nel mio aspetto, Signor Presidente, è la mia mania; anche la mia giberna, Signor presidente, è bella. Le mie cartucce erano fatte con carta verde satinata, mi ricordo anche che al corpo di guardia un artigliere mi disse di avere delle cartucce più belle delle mie: in effetti, erano ancor più graziose, carta rosa satinata, nastri di seta dello stesso colore”. (Si ride) - Gazette des tribunaux, 9 aprile 1831 
In quel mese d’aprile 1831, Pescheux d’Herbinville, 22 anni, artigliere della Guardia Nazionale, è accusato con diciotto altri militanti repubblicani, tra i quali Jules Sambuc, studente di diritto, e il medico Ulysse Trélat, presidente della Società degli amici del popolo, di complotto contro lo stato e di incitamento alla guerra civile. Nel corso del dibattito, egli ricorda la sua partecipazione alle “Tre Gloriose”, la recente rivoluzione delle giornate del 27, 28 e 29 luglio 1830 che ha deposto Carlo X e insediato Luigi Filippo. Si tratta di un “combattente di Luglio”, ferito durante la presa del Louvre, che ha assaltato qualche posto di guardia per procurare armi al popolo: 
“Rientrando, portai via un pluviale, fusi delle pallottole per tutta la notte. L’indomani mattina, mi presentai con qualche persona al posto di Mauconseil. Feci fuoco con le mie pistole, non sul funzionario, ma sulle finestre dell’edificio: il funzionario gettò le armi. Tutto il ponte si arrese. I miei camerati e io ci armammo con i fucili del posto. […] Ci dirigemmo verso il posto della Halle aux blés, allora occupato da alcuni gendarmi. Mi presentai solo davanti a loro; li esortai a non sparare contro dei fratelli e degli amici. […] ci impossessammo anche in quel posto di tutte le armi, e ci dirigemmo verso Place du Châtelet, dove cominciò il combattimento” - Gazette des tribunaux, 8 aprile 1831. 
La sua testimonianza è emozionante: 
Il giovane accusato, vestito con l’uniforme della guardia nazionale, si risiede in mezzo ai segni generali del vivo interesse che la sua calorosa dichiarazione ha appena suscitato nell’uditorio. Anch’egli è visibilmente emozionato, e i suoi occhi sono bagnati dalle lacrime – Ibid. 

Lui e i suoi compagni saranno dichiarati innocenti, cosa che, per lo scopo che ci interessa, ci importa meno del fatto che i giornalisti scrivano talvolta Lepescheux invece di Pescheux. Si contano almeno tre occorrenze di questa forma alternativa, ad esempio nel resoconto dell’udienza del 7 aprile della Gazette des tribunaux. Lo stesso Galois era talvolta chiamato Legallois ai suoi tempi. L’aggiunta dell’articolo trova probabilmente la sua origine nel discorso orale. Comunque sia, la manifestazione tangibile di questo Lepescheux d’Herbinville avvicina senza dubbio il suo nome a quello del misterioso «L. D.» al quale si è fatto cenno. 

Queste iniziali sono entate nel dibattito nel 1956, quando André Dalmas le ha scovate in un giornale di Lione, il Précurseur, alla fine di un breve articolo redatto all’indomani della morte di Galois:
PARIGI […] Corrispondenza particolare del Précurseur […] del giorno 2 [giugno 1832].  […] Un deprecabile duello ha portato via alle scienze esatte un giovane delle più grandi speranze, ma la cui celebrità precoce non richiama tuttavia che dei ricordi politici. Il giovane Évariste Galois, condannato un anno fa per delle parole pronunciate al banchetto delle Vendanges de Bourgogne, si è battuto con uno dei suoi vecchi amici, un giovane come lui, come lui membro della Società degli amici del popolo, e che, come ultimo rapporto con lui, era comparso ugualmente in un processo politico. Si dice che la causa del duello sia stata una questione d’amore. Avendo scelto la pistola, i due avversari hanno trovato troppo duro per la loro antica amicizia affrontarsi a viso aperto, e si sono rimessi alla cieca decisione della sorte. Ciascuno di essi era armato di una pistola, e ha fatto fuoco a bruciapelo. Una sola delle due armi era stata caricata. Galois è stato trapassato dalla pallottola del suo avversario; è stato trasportato all’ospedale Cochin, dove è morto dopo due ore. Aveva 22 anni. L. D., il suo avversario, è di poco ancor più giovane. - Le Précurseur, 4-5 giugno 1832 
Come è già stato fatto notare da tempo, alcune informazioni fornite dal giornalista sono inesatte: Galois non era stato condannato per l’episodio del brindisi al ristorante Vendanges de Bourgogne, bensì assolto dall’accusa di aver pronunciato parole minacciose contro il nuovo re; all’epoca del duello aveva 20 e non 22 anni; non morì due ore dopo il ricovero in ospedale ma vi aveva trascorso la notte; il rapporto dell’autopsia indica che la pallottola era stata sparata da 25 passi e non a bruciapelo.  
Dalmas pensò di intuire “Duchâtelet” dietro le iniziali L. D. perché, scrisse, “solo un giovane repubblicano figurò con Galois in un processo politico. È Duchatelet. Ciò a maggior ragione conferma l’iniziale D.” L’ipotesi non tiene, non fosse altro perché il nome di Duchâtelet era Ernest. Inoltre, l’autore dell’articolo segnala solo che l’avversario “era comparso ugualmente in un processo politico” e non “con Galois in un processo politico”. Tutto considerato, e tenuto conto delle inesattezze che lo costellano, l’articolo del Précurseur non conferma né smentisce l’informazione riportata da Dumas. 

Pare proprio che nessun altro documento dell’epoca contraddica lo scrittore. Lo stesso Galois, oltre ad accusare della propria imminente morte l’"infame civetta" (la donna oggetto del contendere con il suo rivale), dichiara di essere stato "provocato da dei patrioti". Il Moniteur del 7 giugno e il Journal des débats dell’8 indicano che il giovane “conosciuto per la sua esaltazione repubblicana” è morto “in un duello sostenuto contro un suo amico”. Fonti repubblicane evocano uno “scontro tra due membri della Società degli amici del popolo”. Una notizia anonima, riferita dal fratello di Galois, parla di una provocazione “da parte di uomini che aveva creduto suoi amici”


In effetti, un documento recentemente depositato alla Bibliothèque nationale de France si accorda con la testimonianza di Alexandre Dumas. Si tratta di una copia della Costituzione del 1791 sulla quale si trova la nota “Questo manoscritto mi è stato regalato da Gallois, ucciso in duello da Pécheux d’Herbinville, coimputato di Sambuc nel processo dei 19 patrioti del 1831 a Parigi. S. Larguier”. Ora, questo Larguier, o precisamente Samuel-Louis Larguier des Bancels, era uno svizzero che studiava medicina a Parigi. La sua corrispondenza, per quanto non menzioni le esatte circostanze del duello, indica almeno che conosceva Galois. 

La presenza di Pecheux è attestata a Parigi nel 1832 dal duello con Galois e dai resoconti del processo ai 19 repubblicani. Dopo questi fatti, i biografi di Galois sembrano disinteressarsi di lui. Per avere maggiori informazioni, nel silenzio degli atti civili conservati nei registri municipali, conviene rivolgersi ai resoconti della cronaca di quegli anni turbolenti. 

Cerchiamo di compilare una scheda biografica del nostro uomo, che si chiama quindi Pecheux d’Herbenville, con tutte le variazioni ortografiche già viste. A undici anni era diventato orfano di padre; dai dieci ai diciannove anni ha frequentato in collegio degli “studi ordinari”, ai quali “ha aggiunto quelli di matematica”; è stato ammesso alla celebre scuola militare di Saint Cyr, ma, su consiglio del suo tutore, si è poi orientato verso il diritto e la pratica degli affari; è un eroe della rivoluzione del 1830, durante la quale è stato ferito; è un militante repubblicano, accusato con altri di complotto contro lo stato. All’apertura del processo, nell’aprile 1831 ha 22 anni; abita a Parigi in rue Culture Sainte Catherine, 12; ha il diploma di diritto ed è artigliere della seconda batteria della Guardia Nazionale. Inoltre, è un bel ragazzo, evita la pena di morte e viene dichiarato innocente. 

Nonostante queste notizie, la scheda di Pecheux d’Herbenville manca ancora di un elemento fondamentale per evitare gravi errori di persona: il suo nome di battesimo. Seguiamo allora la pista dell’eroe rivoluzionario: troviamo che, nella primavera del 1831, il governo di Luigi Filippo ha conferito una “Croce di Luglio” ai valorosi combattenti che gli avevano consentito di prendere il potere (anche se gli intenti di molti di essi erano assai più radicali). L’elenco dei decorati si trova negli Archivi nazionali e rivela finalmente anche il nome cercato: 
Commissione delle onorificienze nazionali 

Nomi dei cittadini che hanno meritato la decorazione speciale – Sesto arrond[issemen]

[…] 
Pecheux d’Herbinville, François Etienne, [nato il] 5 aprile 1809, [a Parigi], diplomato in diritto, rue Culture Sainte Catherine, 12 - Archives nationales, F 1d III, 39, Noms des citoyens qui ont mérité la décoration spéciale, 6e arrondissement. 
La data di nascita conferma le informazioni già note, ma, assieme al nome di battesimo, consente di indagare nei registri dell’anagrafe con maggiore precisione. Scopriamo allora che Pecheux d’Herbenville è un “figlio dell’amore”, legittimato dal successivo matrimonio dei genitori: 
Estratto dei registri degli Atti di nascita dell’anno 1809 
Il sette aprile milleottocentonove, alle ore 11 del mattino, atto di nascita di Etienne François, di sesso maschile, nato il cinque scorso alle 5 del mattino (…), figlio di François Pierre Pascal Pecheux detto Herbenville, commesso viaggiatore, di trentadue anni, nato ad Amiens, dipartimento della Somme, e di Antoinette Françoise Mallet, senza professione, di ventitre anni, nata a Marquéglise, presso Compiègne, dipartimento dell’Oise, domiciliata nella suddetta dimora, non sposata. 
Seguono le firme dei testimoni e la dichiarazione del padre che Etienne François è suo figlio. Allegata all’atto c’è anche una trascrizione dell’atto di matrimonio: 
In forza dell’atto di matrimonio tra i suddetti Pierre François Pecheux e Antoinette Françoise Mallet nel municipio del nono arrondissement di Parigi il quattordici novembre 1811, gli sposi hanno riconosciuto e legittimato un figlio di esso maschile, nato a Parigi il 5 aprile 1809, iscritto il 7 dello stesso mese nel[lo stesso] municipio [...] con i nomi di Etienne François, figlio del s[ignor] François Pierre Pascal Pescheux detto Herbenville [invece di Pierre François Pecheux] e di Antoinette Françoise Mallet. Parigi, addì 14 novembre 1811. 

Vediamo ora se è possibile aggiungere alla nostra scheda anche qualche informazione sulla vita matrimoniale di Etienne François. 

Il ricostituito stato civile parigino registra un solo matrimonio di Pecheux d’Herbenville, in data 1 giugno 1859, con una certa Lucie Marie Dorothée Pépin, nata in Guadalupa il 10 luglio 1814. Il nostro uomo ha appena compiuto cinquant’anni, non è più un giovanotto. Si scopre inoltre che il dossier non si limita al solo atto di matrimonio, ma è costituito da una serie di documenti, a testimonianza di un percorso matrimoniale complesso. Infatti risulta un primo contratto notarile di matrimonio nell’ottobre 1856, ma l’unione non si è realizzata […] per ragioni che è qui inutile ricordare”, seguito da una clausola del maggio 1859 che menziona l’esistenza di un figlio naturale, già riconosciuto in precedenza, che sarebbe stato legittimato dal matrimonio. Inoltre lo stato civile registra due figli della coppia: Étienne Lucien Auguste, nato nel 1839 e oramai ventenne, e Marie Mathilde Pauline, del 1843, di cui poi si perdono le tracce, forse a causa di una morte precoce. 

A complicare un po’ le cose si scopre un precedente matrimonio del nostro uomo, da cui sono nati i figli Lucien Étienne nel 1845 e Léon Alexandre nel 1849. La prima moglie si chiamava Marie Joséphine Jenny Deschamps, sposata il 27 luglio 1845, morta nel 1855 all’età di trent’anni in un sanatorio. I due figli di questo matrimonio erano stati poi affidati alla famiglia materna. Insomma, Pecheux d’Herbenville si era sposato prima con la madre dei suoi ultimi figli, poi con quella dei primi due. 


Paul Dupuy, uno dei primi biografi di Galois, aveva fatto notare che un certo Pecheux d’Herbenville era stato nominato nel 1848 “conservatore del castello di Fontainebleau” e lo identificava senza reticenze come l’avversario di Galois. Più precisamente, si trova che questo “conservatore” era stato inizialmente amministratore del castello di Compiègne per qualche mese nel 1848, per poi diventare amministratore e poi gestore di Fontainebleau, fino a metà aprile del 1850. Gli archivi di queste istituzioni sono scarni, e quelli nazionali riportano solo una corrispondenza di questo gestore con il ministero, ma le firme non portano l’indicazione del nome di battesimo. Particolare importante, questo Pecheux d’Herbenville assume l’incarico proprio all’avvento della Seconda Repubblica e il ministro dei Lavori Pubblici era allora Trélat, uno dei coimputati nel processo del 1831.

In quegli anni Pecheux d’Herbenville pubblica alcuni piccoli opuscoli, tra i quali una nota sulla creazione di una colonia in Algeria, in cui si presenta come “ex segretario dell’ingegnere, capo servizio dei lavori pubblici in Africa”. 

In precedenza, nel 1835, un Lepescheux d’Herbinville, che potrebbe essere il nostro uomo, trascrive dei manoscritti per conto di Adrien Bergrugger, un filologo socialista, il quale comunica a un corrispondente inglese che il suo copista “non potrà più fare delle copie, visto che parte per un viaggio di assai lunga durata”. Si noti che Bergrugger poco più tardi sarebbe partito per l’Algeria, dove avrebbe effettuato numerose spedizioni archeologiche che gli sarebbero valsi onori e celebrità. Non si può escludere che anche Pescheux abbia trascorso un certo periodo in Algeria. 


Una notizia ancora più incerta riguarda un altro soggiorno all’estero, perché può darsi che, come altri repubblicani, l’amministratore di Fontainebleau si sia rifugiato temporaneamente a Bruxelles all’inizio del Secondo Impero. Nel 1853, riferendo di uno spettacolo tenuto presso la casa di Alexandre Dumas, che allora soggiornava nella capitale belga, un cronista menziona la presenza di un certo Pescheux, amministratore. 

Per tornare a informazioni più sicure, Pecheux d’Herbenville nel 1845 si dichiara “proprietario” sull’atto di nascita di suo figlio Lucien Étienne. Infatti, possiede allora un immobile a Pré-Saint-Gervais, acquistsato due anni prima e nel quale vive la famiglia della moglie, e che venderà in parte nel 1847. Sarà proprietario di altri immobili, e venderà dei terreni della seconda moglie a Pecq, piccolo comune sulla Senna vicino a Parigi, noto per il castello di Monte-Cristo, del quale è facile indovinare il primo proprietario... 

Sugli atti di vendita e su diversi altri documenti ufficiali Pecheux d’Herbenville si dichiara anche direttore principale dei lavori, ingegnere, ingegnere civile oppure, cosa che va sottolineata, geometra. 

Dopo la sua morte, la vedova, a causa della complessità matrimoniale già segnalata, farà fatica a far riconoscere la validità del matrimonio. Per nostra fortuna, la documentazione da lei prodotta a questo scopo cita la data e il luogo della morte, così possiamo completare la scheda del rivale e assassino di Galois: 
Addì 23 marzo 1871, all’una di sera, atto di decesso di François Etienne Pécheux-Herbenville, di anni sessantuno e undici mesi, vedovo in prime nozze di Deschamps (nomi di battesimo sconosciuti) e sposato in seconde nozze con Lucie Dorothée Pépin, senza professione, di circa sessant’anni, (...) Il detto defunto, nato a Parigi, residente a Pecq [...] è deceduto a Parigi [...] ieri alle due e mezzo di sera. Constatato da noi, ufficiale dello staso civile del 18° arrondissement di Parigi, su testimonianza di Adrien Talboutier [...] e di Etienne Lucien Auguste Pécheux-Herbenville, artista drammatico [...], figlio del defunto, i quali hanno firmato davanti a noi, dopo lettura [del presente atto].
L’avversario di Galois si identifica dunque come Étienne-François Pecheux d’Herbenville (Parigi, 5 aprile1809 – Parigi, 23 marzo1871).

L’algebrista Galois è stato ucciso da un geometra.

Fonti:

Olivier Courcelle - «L’adversaire de Galois (I)» - Images des Mathématiques, CNRS, 2015

Olivier Courcelle - «L’adversaire de Galois (II)» - Images des Mathématiques, CNRS, 2015