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venerdì 2 dicembre 2022

L’impostura di Fujimura

 


In Giappone, l'archeologia è molto apprezzata dal grande pubblico. I giapponesi sono fieri dell'unicità del loro paese e mostrano un interesse maggiore per la loro preistoria rispetto a qualsiasi altro popolo. Nuovi reperti archeologici sono spesso annunciati con titoli in grassetto sulle prime pagine dei principali giornali giapponesi e le librerie hanno intere sezioni dedicate al Giappone dell'età della pietra. In quell'ambiente, l'archeologo Shinichi Fujimura divenne una celebrità nazionale e le sue scoperte furono descritte nei libri di testo scolastici e insegnate ai bambini giapponesi per anni.

Nel 1981, Fujimura scoprì manufatti paleolitici risalenti a quarantamila anni fa. Ciò significava che gli esseri umani erano presenti in Giappone da tantissimo tempo. Fu una scoperta spettacolare, che lanciò la carriera di Fujimura, gli fece guadagnare fama nazionale e internazionale e lo mise rapidamente in prima linea nell'archeologia giapponese.

La scoperta di Fujimura era particolarmente significativa per i giapponesi. Il Giappone ha una relazione di amore-odio di lunga data con la Cina ed è costantemente a disagio per il fatto che la sua civiltà e cultura derivano da quella cinese. Le prove della presenza umana in Giappone per decine di migliaia di anni offrivano una rivincita e sostenevano la tesi secondo cui la cultura e la civiltà giapponese potevano essersi effettivamente sviluppate indipendentemente da quelle cinesi. Una scoperta che conferma ciò che le persone vogliono credere è una scoperta che sarà accolta con entusiasmo dal pubblico.

Fujimura aveva iniziato a falsificare scoperte quando lavorava come archeologo dilettante negli anni '70 presso vari gruppi di ricerca paleolitica nella prefettura di Miyagi. Trovò numerosi manufatti e tracce di costruzioni in rapida successione, tutti del Paleolitico.

Alcuni ricercatori inizialmente erano scettici sui ritrovamenti di Fujimura, poiché c'erano poche aspettative che strumenti di pietra di tale età sarebbero stati trovati in Giappone. Tuttavia, il successo di Fujimura nella ricerca di manufatti presto mise a tacere i suoi critici e la sua reputazione di eminente archeologo dilettante fu saldamente stabilita all'inizio degli anni '80.

I notevoli successi di Fujimura generarono un'enorme quantità di coinvolgimento indiretto da parte delle organizzazioni di supporto. Alcuni dei suoi scavi archeologici furono scelti come siti storici nazionali dal governo giapponese e l'Agenzia per gli affari culturali sponsorizzò mostre speciali. Le amministrazioni nella regione di Tōhoku, dove si trovavano molti dei siti, utilizzarono i "risultati" di Fujimura come base per creare prodotti speciali e attrazioni turistiche per aumentare l'economia locale.

Dopo la sua prima spettacolare scoperta, Fujimura lavorò a oltre cento progetti archeologici in tutto il Giappone. Sorprendentemente, la grande fortuna con cui aveva iniziato la sua carriera proseguiva senza tregua. Fujimura continuava a trovare manufatti sempre più antichi che spingevano la preistoria umana del Giappone sempre più indietro. La sua fama e prestigio, già elevati, raggiunsero livelli stratosferici nel 1993, quando scoprì tracce di esseri umani negli scavi di Tsukidate, che potevano risalire a oltre mezzo milione di anni fa. In un colpo, il Giappone diventava uguale alla Cina nella scala dell'antichità.


La serie di successi di Fujimura era notevole. Sembrava così fortunato nella sua capacità di portare alla luce oggetti che nessun altro archeologo poteva trovare, che ammiratori sbalorditi iniziarono a riferirsi a Fujimura apparentemente divinamente guidato come le "mani di Dio". Le sue abilità sembravano semplicemente troppo grandi per essere vere e, come si dice, di solito le cose sono troppo belle per essere vere.

Un piccolo numero di archeologi professionisti mise in dubbio i ritrovamenti di Fujimura. Tuttavia, queste obiezioni non erano diffuse, consentendo a Fujimura di continuare la sua stupefacente carriera. Un documento critico fu pubblicato nel 1986, rilevando tra l'altro che "le date TL di Zazaragi sono ulteriori indicatori che qualcosa non va nel contesto geologico dei manufatti, almeno in quel sito. Le date per gli strati 4, 6c e 8 sono del tutto fuori luogo". Nel 1990, Michio Okamura pubblicò un libro sul Paleolitico che sfatava la presunta cultura del Paleolitico antico. Altri tre articoli furono pubblicati nel 1998 e nel 2000. I risultati problematici del Paleolitico erano "strani" rispetto ad altri del Paleolitico inferiore e medio.

La spettacolare serie di scoperte di Fujimura (e la sua reputazione) si interruppe bruscamente e si frantumò il 5 novembre 2000. Quell'anno, il Giappone fu scosso quando il quotidiano Mainichi Shimbun pubblicò tre fotografie che mostravano il rispettato e celebre archeologo che piantava manufatti presumibilmente antichi dell'età della pietra in un sito di scavo. All'epoca, Fujimura lavorava come vicedirettore del Tōhoku Paleothic Institute, un centro di ricerca privato. Sentendo le voci di frode, i giornalisti del quotidiano installarono telecamere nascoste in un sito di scavo in cui lavorava Fujimura e lo sorpresero a piantare manufatti. Il giornale, in seguito, mise a confronto Fujimura con il video ed egli fu costretto a confessare la sua frode.

La denuncia del Mainichi Shinbun riguardava solo il sito di Kamitakamori e quello di Sōshin Fudōzaka a Hokkaidō, ma la notizia della frode portò a rivalutazioni in tutti i siti in cui Fujimura aveva lavorato. Si scoprì che la maggior parte dei manufatti di Fujimura erano stati raccolti da altri siti dell'era Jōmon (14.000-300 a.C) nella regione di Tōhoku e piantati nei siti in cui stava lavorando. Si trovarono prove di graffi e danni da precedenti dissotterramenti su molti dei manufatti paleolitici a cui Fujimura era stato collegato. Le indagini dimostrarono che l’imbroglio era arrivato al punto che gli stessi oggetti erano "scoperti" più di una volta e falsi oggetti paleolitici erano stati sepolti per una successiva "scoperta".


Era chiaro che alcuni dei reperti trovati da Fujimura erano piuttosto innaturali e non avevano un senso archeologico, come quelli riesumati da strati di colate piroclastiche, ma, ciò nonostante, la maggioranza dei gruppi archeologici e delle organizzazioni locali e governative che beneficiarono delle sue scoperte, ignorarono queste incongruenze. C'erano anche "reperti" abbastanza difficili da credere, come strumenti in pietra in cui le sezioni trasversali corrispondevano a quelle di oggetti trovati in siti a decine di chilometri di distanza. Ci furono aspre critiche sul fatto che reperti così imperfetti non avrebbero dovuto essere accettati ciecamente per così tanto tempo.

Fujimura ammise di aver piazzato falsi per tutta la sua carriera. Quando gli fu chiesto perché lo avesse fatto, singhiozzando rispose "me l'ha fatto fare il diavolo". Forse intendeva un’incarnazione della hybris.

Immediatamente dopo la scoperta della frode, l'Associazione Archeologica Giapponese formò un comitato speciale che ci mise due anni e mezzo per rivedere la vicenda, pubblicando un rapporto nel maggio 2003 e concludendo che il lavoro di Fujimura era sostanzialmente il prodotto di un imbroglio.

La rivelazione della doppiezza di Fujimura scosse profondamente la ricerca giapponese del Paleolitico inferiore e medio, poiché gran parte di essa era stata costruita sulle fondamenta che Fujimura aveva gettato. Prima della scoperta dell’impostura, si pensava che il periodo paleolitico del Giappone fosse iniziato prima che in qualsiasi altra parte dell'Asia, intorno al mezzo milione di anni a.C.

Ci fu anche una vicenda tragica parallela. In una serie di tre articoli sulla rivista Shūkan Bunshun pubblicata all’inizio del 2001, si scrisse che anche gli strumenti di pietra scoperti nel sito della grotta di Hijiridaki nella prefettura di Ōita erano falsi e si indicava che Mitsuo Kagawa, professore alla Beppu University, era una "seconda mano divina" coinvolta in quella bufala. Kagawa si suicidò e lasciò un biglietto d'addio in cui si dichiarava innocente.

La sua famiglia intentò una causa per diffamazione contro il Shūkan Bunshun lo stesso anno. Il tribunale distrettuale di Ōita e l'Alta corte di Fukuoka condannarono la rivista al risarcimento dei danni e a scusarsi con la famiglia di Kagawa. La rivista presentò ricorso alla Corte Suprema del Giappone, ma l'appello fu respinto. Una dichiarazione di scuse fu pubblicata nel numero del 2 settembre 2004.

domenica 20 novembre 2022

La truffa del dinosauro piumato

 


Il primo Archaeopteryx fu trovato nei calcari giurassici di Solnhofen (Baviera, Germania) nel 1861 e fu presto accettato come prova chiave che uccelli e rettili condividono antenati comuni. Nel 1864 Charles Darwin in L'origine delle specie, scrisse: "si è sempre pensato che l'intera classe degli uccelli sia comparsa improvvisamente durante il periodo Eocene, ma oggi sappiamo, grazie agli studi di Owen, che un uccello visse nel Giurassico, Archaeopteryx, con la sua lunga coda da lucertola, recante una coppia di piume su ogni lato e con le ali dotate di artigli liberi, scoperto nei calcari di Solnhofen. Nessuna scoperta recente, dimostra così fortemente, quanto poco sappiamo degli ex abitanti di questo mondo”

L'Archaeopteryx somigliava in parte a un piccolo dinosauro carnivoro (alto 25 cm, pesava circa 0,8-1 Kg), in parte a un uccello. Aveva coda lunga, sterno non carenato, 3 robuste dita della mano provviste di artigli e bocca con un gran numero di denti appuntiti e ricurvi all’indietro. Come gli uccelli aveva la furcula (piccolo osso a forma di V che risulta dalla fusione delle clavicole), gli alluci rivolti posteriormente, utili per appollaiarsi sui rami, e il corpo coperto di penne e piume. Carnivoro e insettivoro, si nutriva di piccoli rettili, che catturava lanciandosi dai rami. Si ritiene che fosse un buon volatore. Archaeopteryx era il classico “anello di congiunzione”, che dimostrava come gli uccelli si sarebbero evoluti dai rettili. Forse Archaeopteryx non è il vero antenato diretto dei moderni uccelli, ma secondo alcuni studiosi potrebbe rappresentare un ramo evolutivo parallelo. Per molti anni, nonostante la scoperta di un certo numero di dinosauri teropodi dal corpo piccolo con piume di vario tipo, un vero "intermedio" tra teropodi non aviari e uccelli era rimasto sfuggente alla ricerca.  In effetti, la natura unica di Archaeopteryx (ad oggi solo 13 esemplari ritrovati in tutto) aveva persino condotto alcuni, negli anni ‘80 del secolo scorso, ad affermare che i due esemplari più noti erano falsi, ipotesi poi smentita.

Quando il fossile chiamato Archaeoraptor liaoningensis, proveniente da Liaoning in Cina, fu "scoperto" nel 1999, esso sembrava completare perfettamente la successione dinosauro (rettile) → dinosauro piumato → uccello. Il fossile fu "trovato" in Cina ed ebbe successo negli Stati Uniti, nelle mani dell'artista dei dinosauri e collezionista Stephen Czerkas (fondatore del Dinosaur Museum di Blanding, Utah), che aveva acquistato il fossile per 80mila dollari nel mercato clandestino e collaborò con un giornalista del National Geographic, dove apparve per la prima volta il nome non ufficiale di Archaeoraptor liaoningensis.  Sia la natura apparentemente transitoria di Archaeoraptor che il processo per cui era stato citato al di fuori della letteratura scientifica sottoposta a revisione paritaria causarono grandi polemiche tra i paleontologi dei vertebrati.  La rivista proclamò che il fossile era un "anello mancante" tra gli uccelli e i dinosauri teropodi terrestri. 


Anche prima di questa pubblicazione, vi erano stati forti dubbi sull'autenticità del fossile, ma lo scandalo scoppiò quando venne dimostrato, attraverso un successivo studio scientifico, che il presunto fossile era una truffa. La falsificazione era stata ottenuta con la ricomposizione di pezzi di fossili reali provenienti da specie animali differenti. Zhou et al. (2001) dimostrarono infatti che la testa e la parte superiore del corpo appartenevano in realtà a un esemplare dell'uccello primitivo
Yanornis, mentre uno studio del 2002 permise di scoprire che la coda era parte di un esemplare di Microraptor, un piccolo dinosauro dromeosauride alato (descritto nel 2000). Le zampe posteriori appartengono invece a un animale ancora sconosciuto.

Lo scandalo di Archaeoraptor ha avuto conseguenze notevoli. Portò l'attenzione sul commercio illegale di fossili condotto in Cina, ed evidenziò la necessità di uno stretto controllo delle notizie sui presunti "anelli mancanti" pubblicati su giornali senza peer-review. Lo scandalo del fossile fu poi usato dai creazionisti per mettere dubbi sulla Teoria evoluzionistica. Anche se Archaeoraptor era un’impostura, sono però noti molti veri esempi di dinosauri piumati che dimostrano la connessione evolutiva tra uccelli e altri dinosauri teropodi.

mercoledì 9 novembre 2022

La beffa sciagurata delle “pietre bugiarde”

 


Uno tra i primi falsi paleontologici fu quello realizzato da Ignatz Roderick e Johann Georg Eckhart nel 1725. Essi volevano ingannare il loro collega dell'Università di Würzburg, il decano della facoltà di Medicina Johann Bartholomeus Adam Beringer (1667-1740). Irritati dall'arroganza del loro collega, Roderick ed Eckhart scolpirono immagini di insetti, lucertole, ragni, uccelli e altri animali su pezzi di calcare, insieme al nome di Dio scritto in ebraico su alcuni di essi, e li lasciarono in luoghi in cui Beringer sarebbe andato a raccogliere fossili. Beringer trovò i falsi e li prese sul serio, pubblicando una monografia, la Lithographiæ Wirceburgensis nel 1726.


Nel libro, Beringer esaminava molteplici ipotesi per spiegare l'origine delle pietre, incluso il fatto che erano i resti di precedenti forme di vita, formate inorganicamente, dalla
vis plastica, da speciali forze creative della natura divina o dalle "capricciose fabbricazioni di Dio". Considerava anche la possibilità che fossero incisioni di pagani preistorici, ma dovette escluderlo poiché i pagani non conoscevano il nome di Dio. L'idea che fossero tracce di precedenti forme viventi era supportata ai suoi tempi dalla credenza del diluvio biblico. Alcuni critici avevano indicato segni di scalpello sulle rocce e Beringer notò che:
“...le figure...sono così perfettamente adattate alle dimensioni delle pietre, che si potrebbe giurare che sono opera di uno scultore molto meticoloso...[e] sembrano recare indicazioni inequivocabili del coltello dello scultore…”
Si potrebbe pensare che in molti di essi scorgesse colpi di scalpello andati storti, e segni superflui in più direzioni. Tuttavia, questa prova di intelligenza lo convinse solo più fortemente che lo scalpello era maneggiato dalla mano di Dio.




Roderick ed Eckhart si preoccuparono di quanto fosse diventata seria la loro burla e cercarono di persuadere Beringer che i reperti erano falsi. Invece di crederci, egli si arrabbiò e portò i due in tribunale, dove fu scoperta la verità: l'incidente rovinò la reputazione di tutti e tre, con Beringer screditato come scienziato, Roderick costretto a lasciare Würzburg ed Eckhart che perse tutti i suoi privilegi universitari, tra i quali quello di poter accedere alla biblioteca per poter concludere i suoi studi.

Questa che fu una vera frode accademica, senza alcun guadagno finanziario per gli artefici, era motivata da rivalità professionali (che erano di Roderick ed Eckhart); qualche dubbio potrebbe anche essere lanciato su Beringer, le cui ambizioni di carriera, a quanto pare, lo portarono a essere così facilmente ingannato. Tuttavia, è stato sottolineato come gli stessi falsi riflettessero in effetti le idee sulla natura dei fossili del XVI secolo e ignoravano totalmente gli studi e le scoperte successivi a Stenone. Le raffigurazioni delle pietre scolpite di Roderick di animali mescolati con arte umana (scrittura), riflettevano una visione gerarchica dell'universo con Dio al centro e la credenza associata che i fossili crescessero all'interno della Terra, prendendo forma dalla pietra. Roderick ed Eckhart, nel tentativo di ingannare il loro collega, si ispiravano a un concetto antiquato di fossile e lo trasformarono letteralmente in un manufatto. Questo pose Beringer di fronte a un enigma: come dare un senso ai "fossili" nel senso delle idee contemporanee della natura che oramai erano prevalenti nel 1725? Non sorprende che Beringer abbia trovato le pietre confuse e contraddittorie, poiché rappresentavano un concetto della natura dei fossili che non aveva più senso. Nella conclusione del suo libro ammise anche che la sua interpretazione del loro significato era "quella della pietà e dell'opportunità piuttosto che dell'erudizione e della scienza della fisiologia". La burla si rivelò un disastro sia per gli artefici sia per il bersaglio e mostrò quelli che erano (e sono tuttora) interpretati all'interno della comunità scientifica come gradi volgari di ambizione e gelosia professionale, rovinando la loro reputazione e la loro carriera.


Le pietre divennero note come
Lügensteine, o "pietre bugiarde". Alcune di esse sono sopravvissute fino ad oggi e sono ora in mostra in vari musei europei.

martedì 25 ottobre 2022

Jacques Deprat e i trilobiti boemi in Vietnam




Il 23 maggio 1909 Jacques Deprat (1880-1935) lasciò la Francia per Hanoi con la sua giovane famiglia per iniziare la carriera di geologo nel Service Géologique de l'Indochine. Il suo posto era stato vinto contro ogni pronostico. I suoi inizi furono umili, anche se rispettabili, ed era progredito in virtù del duro lavoro. Aveva pubblicato articoli brillanti sulla struttura geologica della Corsica, che alla fine gli era valsa il rispetto di un illustre sponsor, il professor Termier all'Ecole des Mines di Parigi. All'inizio del secolo, la gerarchia accademica in Francia era rigida e dominata dalle classi, e Deprat non sarebbe arrivato da nessuna parte senza un mecenate. Nel servizio coloniale lo snobismo era aggravato; con il giusto ambiente non dovevi fare molto per sopravvivere e prosperare: un'afosa indolenza favoriva gli intrighi sociali e scoraggiava lo sforzo intellettuale.

Deprat entrò in questo ambiente con energia illimitata e determinazione a lasciare il segno. Erano i giorni eroici della geologia, quando per la prima volta si decifravano le strutture di remote regioni del mondo; eroico anche in senso letterale, poiché i geologi erano obbligati a scalare vette e scogliere mentre tracciavano le loro stratigrafie. Non era un ostacolo per Deprat, che era un esperto alpinista fin dall'infanzia. Si rallegrava dei pericoli e sembrava esultare nel visitare zone più remote di quelle che erano state raggiunte prima. Il terreno che percorreva in ogni stagione sul campo era prodigioso. I suoi studi ora si trovano nelle parti più polverose delle biblioteche di riferimento, anche se quando furono pubblicati per la prima volta furono accolti dai geologi contemporanei con entusiasmo. Abbastanza rapidamente, Deprat divenne famoso a livello mondiale. Al Congresso geologico mondiale del 1913, si sedette accanto al presidente per la fotografia ufficiale. Era brillante, aveva solo 33 anni, e il mondo era pieno di promesse. Honoré Lantenois, il direttore del Service Géologique de l'Indochine, era ai margini della stessa immagine, "il più lontano possibile dal centro". La fotografia riassume il modo in cui il vecchio ordine cedeva il passo alla nuova meritocrazia. La scienza globale non si curava delle sottigliezze della società francese e cominciava a dare più importanza ai risultati che ai privilegi. È ragionevole supporre che Lantenois fosse amareggiato per la sua eclissi da parte di Deprat: dopotutto, l'uomo più anziano aveva costruito il rilevamento geologico dell'Indocina quasi dal suo inizio.

Il 20 marzo 1917 Lantenois convocò Deprat nel suo ufficio e lo accusò di aver inserito deliberatamente esemplari fossili di origine europea tra quelli che sosteneva di aver raccolto da una remota regione dell'Annam. Si trattava di esemplari di importanza cruciale, poiché fornivano la prova che gli strati più antichi di tutta questa vasta regione risalgono al periodo dell'Ordoviciano, circa 470 milioni di anni fa. I primi tra loro erano fossili di trilobiti: artropodi marini con un'indicazione del tempo assolutamente affidabile. L'accusa di Lantenois si basava sulle prove di Henri Mansuy, paleontologo al servizio geologico di Hanoi, i cui accurati resoconti della paleontologia del Vietnam sono ancora oggi citati. Il suo compito era descrivere e nominare i nuovi fossili che Deprat aveva recuperato dal suo lavoro sul campo e che avevano fornito la base fattuale per gran parte della speculazione geologica su cui era fondata la reputazione di Deprat. Mansuy era stato sorpreso di scoprire che i fossili di Deprat coincidevano esattamente con specie provenienti dalla Boemia. Erano troppo belle per essere vere, e in seguito affermò che non erano vere: Deprat, a quanto pareva, era stato un po' troppo desideroso di dimostrare la sua tesi.

Le accuse iniziali di Lantenois erano moderate; a questo punto sarebbe stato possibile per Deprat effettuare una ritirata tattica. "Ho lavorato così duramente", avrebbe potuto dire. "Un errore, una confusione generata dall'esaurimento". Deprat era sul filo del rasoio tra la confessione dell'errore e la difesa di un'invenzione. Era un uomo intelligente e di talento, e le sue innovazioni geologiche erano abbastanza reali. Probabilmente disprezzava il rigido Lantenois. Forse il riconoscimento mondiale lo aveva reso troppo sicuro di sé. Rispose difendendosi in modo aggressivo: come osavano mettere in dubbio il suo racconto su come e dove erano stati trovati i fossili? Iniziò così il lento processo della disgrazia di Deprat, Una commissione d'inchiesta succedette a un'altra, e man mano che i grandi nomi della Société Géologique de France furono chiamati a giudicare, il self-made man Deprat perse, uno dopo l'altro, gli amici che aveva stretto nel suo cammino dall'oscurità alla fama.

Fu un affare prolungato. Deprat dovette tornare sul campo sotto l'occhio di Lantenois nel tentativo di replicare le sue scoperte, ma fallì. I controversi trilobiti furono inviati in Francia, dove la loro probabile origine nelle rocce della Boemia fu confermata da un'autorità di primo piano. Nel 1918 Deprat aveva cambiato posizione. Era, affermò, Mansuy che aveva sostituito i fossili per rovinarlo e sostituirlo nel servizio. Sembra anche possibile che la spiegazione di Deprat potesse essere vera: non tutti esaminano ogni esemplare nel corso del lavoro sul campo.

La pesante macchina della giustizia francese si fermò. Deprat affermò che Lantenois era in combutta con Mansuy. Lantenois a sua volta divenne più vendicativo, tirando le fila per assicurarsi la caduta del suo fastidioso subordinato. La reputazione di Mansuy fu pubblicamente approvata. Fu solo nel novembre 1920 che Deprat fu infine rimosso dal servizio. Umiliato e rovinato, apparentemente scomparve, e quella avrebbe dovuto essere la fine della vicenda.

Ma è più interessante di così. Nel 1926 fu pubblicato un romanzo intitolato Les Chiens aboient ("I cani abbaiano"), di un certo Herbert Wild. Racconta la vicenda di un giovane e brillante geologo che ha subito le umiliazioni seguite alle accuse di aver sostituito esemplari fossili. I nomi sono stati modificati (l'eroe si chiama Dorpat) ma è evidentemente un resoconto dettagliato dell'affare Deprat. Non sorprende che i dettagli siano stati così riccamente osservati. Perché "Herbert Wild" era in realtà Jacques Deprat, e Les Chiens aboient era il suo tentativo di dare la sua versione degli eventi. "Wild" era un bravo scrittore e forniva un'argomentazione convincente. Né Lantenois né Mansuy avevano presentato obiezioni comparabili. Attraverso Les Chiens possiamo chiaramente immaginare l'indignazione provata da un giovane e talentuoso geologo, e, a seguito delle presunte macchinazioni di Lantenois. Non è strano rilevare la curiosità di una situazione in cui qualcuno bollato come bugiardo scientifico tenta di rivendicare la sua reputazione con un'opera di narrativa scritta sotto pseudonimo. Il romanzo potrebbe anche essere un mezzo per Deprat per giustificare la sua colpa, raccontando la storia con un eroe innocente.


"Herbert Wild" continuò a guadagnarsi da vivere modestamente come scrittore di narrativa. Divenne famoso anche come alpinista e unì le sue nuove vocazioni in romanzi sull'alpinismo. Che fosse colpevole o meno, bisogna ammirare la sua tenacia e ingegno. Ma resta il fatto che Les Chiens aboient è un racconto intrigante e ambiguo. Se Deprat era innocente, allora altri dovevano essere colpevoli: ma perché Mansuy, altrimenti sincero, avrebbe dovuto mentire in questa unica occasione? E se Lantenois era l'ultimo sospettato, perché ha mostrato una vera vendetta solo quando Deprat aveva iniziato a lanciare accuse? L'unica verità a cui ora abbiamo accesso risiede negli esemplari fossili e alcuni dei controversi trilobiti sono sopravvissuti, essendo stati originariamente inviati in Francia al culmine dello scandalo. Alcuni anni fa furono esaminati dall’esperto di trilobiti Jean-Louis Henry, il quale era dell'opinione che provenissero davvero dalla Boemia e non dal Vietnam. Dalle prove scientifiche, sembrerebbe che Deprat stesse mentendo, tutto il resto è congettura.

venerdì 26 agosto 2022

L'Uomo di Piltdown, una bufala scientifica lunga quarant’anni


La saga di Piltdown iniziò nel 1907. Quell'anno, un operaio di una miniera di sabbia in Germania scoprì l'osso mascellare di Homo heidelbergensis, un ominide di 200-600 mila anni fa, ora riconosciuto come un probabile antenato comune sia per gli esseri umani moderni che per i Neanderthal. La scoperta, resa più importante dalle crescenti tensioni nazionali che alla fine avrebbero portato alla prima guerra mondiale, accese una sorta di complesso di inferiorità tra i naturalisti britannici. Quindi sembrò una fortuna quando, cinque anni dopo, Charles Dawson, un avvocato professionista e cacciatore di fossili dilettante nel Sussex, scrisse al suo amico, il paleontologo Sir Arthur Smith Woodward, annunciando di aver scoperto un "parte consistente di un cranio umano che rivaleggia in solidità con H. heidelbergensis" vicino al villaggio di Piltdown nel Sussex. 

Smith Woodward e Dawson presentarono congiuntamente le loro scoperte alla Geological Society of London nel 1912. Dal loro primo scavo, affermarono di aver scoperto diversi pezzi di un teschio simile a quello umano con una mandibola simile a quella di una scimmia, alcuni denti molari usurati, strumenti di pietra e animali fossilizzati. Gli scavi effettuati nel corso dei successivi due anni dalla squadra rivelarono denti canini di dimensioni intermedie tra quelle di un essere umano e di una scimmia. Basandosi sul colore delle ossa e sugli animali fossilizzati che le circondavano, Dawson e Smith Woodward fecero l’ipotesi che l'individuo visse circa 500 mila anni fa. La comunità di ricerca sull'evoluzione umana del Regno Unito salutò con entusiasmo Eoanthropus dawsoni, meglio conosciuto come l’Uomo di Piltdown. La sua grande scatola cranica, la mascella e i denti da scimmia erano esattamente ciò che questi scienziati si aspettavano di trovare da un "anello mancante". 

I fossili avevano lo stesso colore bruno-rossastro scuro delle cave di ghiaia del Pleistocene o del Pliocene circostanti in cui furono scoperti. La mandibola assomigliava a quella di una scimmia, mentre il cranio sembrava umano e il dente canino poteva appartenere a entrambe le specie. Considerati assieme, i fossili sembravano suggerire che il loro proprietario avesse caratteristiche sia delle scimmie che degli umani. Se la teoria darwiniana dell'evoluzione per selezione naturale fosse stata vera, pensava la gente, ci sarebbero dovuti essere fossili che collegavano chiaramente le scimmie agli esseri umani moderni. Questo fossile di collegamento era l'anello mancante. La ricerca di questo prezioso reperto divenne una corsa che coinvolse la comunità paleontologica del XIX secolo. 

Gli scienziati in Belgio, Francia e Germania avevano scoperto i primi fossili che avevano fatto luce sull'evoluzione umana. Tra questi reperti c'era il fossile di mascella di Homo heidelbergensis, I rapporti geopolitici tra il Regno Unito e il continente erano tesi; le tensioni che sarebbero venute alla luce nella prima guerra mondiale si stavano già preparando. Gli inglesi erano gelosi di queste scoperte e volevano trovare il proprio "primo uomo" per portare gloria in Inghilterra. 

In questa atmosfera arrivò Charles Dawson, avvocato e archeologo dilettante che aveva precedentemente donato una collezione di fossili al British Museum. Dawson aveva una storia di inganni: aveva plagiato un resoconto storico del castello di Hastings ed era entrato nella tenuta fingendo di essere un componente ufficiale della Società Archeologica del Sussex. Sfortunatamente, questi fatti erano sconosciuti: se le persone ne fossero state a conoscenza, forse non avrebbero preso sul serio i suoi fossili di Piltdown. 

La cronologia esatta dei primi risultati di Piltdown non è chiara. Dawson disse che nel 1908 alcuni lavoratori di una cava di ghiaia andarono da lui con qualcosa "come una noce di cocco" che presumibilmente era un teschio. Chiese a un insegnante di chimica locale di nome Samuel Allinson Woodhead di unirsi a lui in uno scavo, ma i due trovarono solo alcuni pezzi di minerale di ferro che somigliavano al "teschio". Nel 1909, Dawson collaborò con lo scienziato e filosofo gesuita Pierre Teilhard de Chardin. I due scavarono insieme negli anni successivi e di volta in volta furono raggiunti da altri archeologi dilettanti. Trovarono vari resti che si pensava provenissero dai primi umani. 


Nel febbraio 1912 Dawson contattò Arthur Smith Woodward, custode della sezione di geologia del Natural History Museum di Londra e suo amico. Egli fu così entusiasta dei risultati che dedicò il resto della sua vita a studiarli. Si recò con Dawson al sito di Piltdown e iniziò a scavare con lui. Trovarono una mandibola, una serie di denti, altri frammenti di teschio e strumenti primitivi. Pensarono che questi resti fossero appartenuti tutti allo stesso individuo. Questi falsi fossili divennero noti come Piltdown Man I

Smith Woodward e Dawson chiamarono la loro scoperta Eoanthropus dawsoni Sebbene ci fossero alcuni scettici, per lo più al di fuori del Regno Unito, la maggior parte del pubblico e della comunità scientifica accettò la loro teoria come vera ed eccitante. Ma c'erano alcuni scienziati, in particolare il curatore del British Museum, Reginald A. Smith, che erano scettici sin dall'inizio. I dubbiosi notarono che il ritrovamento principale era stato fatto da un archeologo precedentemente poco conosciuto.

Dawson e Smith Woodward continuarono i loro scavi fino al 1914. Scoprirono il dente canino e una lastra ossea scolpita, che divenne nota come la "mazza da cricket" a causa della sua forma. L'idea che questo primo inglese avesse effettivamente giocato una forma rudimentale di cricket divenne popolare.

Il loro lavoro comune fu interrotto dalla prima guerra mondiale e dal peggioramento della salute di Dawson. Tuttavia, nel 1915, Dawson scrisse a Smith Woodward di aver scoperto altri resti a circa due miglia dagli altri. Questi resti divennero noti come Piltdown II e zittirono i pochi scettici rimasti. Il presidente dell'American Museum of Natural History scrisse che "Se c'è la Provvidenza che incombe sugli affari dell'uomo preistorico, sicuramente si è manifestata in questo caso". I libri di testo iniziarono a includere Eoanthropus dawsoni tra gli antenati dell’uomo. 

Il ragionamento alla base della convinzione del pubblico e della comunità scientifica che l'Uomo di Piltdown fosse reale era che, oltre a contenere ossa che assomigliavano sia a scimmie che a esseri umani, il cranio era più grande delle precedenti scoperte di crani umani. Questo sembrava suggerire che l'Uomo di Piltdown fosse un umano primitivo più evoluto. Il fatto che il più grande teschio umano primitivo fosse stato trovato in Inghilterra faceva appello al nazionalismo britannico. La sua scoperta seguì una narrazione simile a quella dei manufatti autentici. 


Nel 1916 Dawson morì. Smith Woodward rimase il principale sostenitore dell'Uomo di Piltdown e ricoprì il ruolo con entusiasmo. Iniziò a riferirsi all'uomo di Piltdown come "The Earliest Englishman" e pubblicò un breve libro sulle scoperte. Altri scienziati britannici di alto profilo subirono il fascino dell'Uomo di Piltdown, così come Sir Arthur Conan Doyle, autore dei libri di Sherlock Holmes. In America, nel “Processo Scopes Monkey” del 1925 nel Tennessee, si presentò l'Uomo di Piltdown come prova dell'evoluzione umana nella difesa di John Scopes, accusato di insegnare l’evoluzione ai suoi allievi di una High School, in violazione di un divieto dello stato. 

Altri fossili umani primitivi - quelli veri - furono scoperti negli anni '20 e '30. Quando vennero alla luce, gli scienziati notarono che avevano poco in comune con l'Uomo di Piltdown. Quando, alla fine degli anni, '40 furono sviluppati test chimici che avrebbero aiutato a riesaminare l'Uomo di Piltdown, gli scienziati incominciarono a farsi delle domande 

Joseph Weiner, Kenneth Oakley e Wilfred Le Gros Park erano tre ricercatori di Oxford e del British Museum. Sottoposero i fossili dell'Uomo di Piltdown a una serie di rigorosi test chimici, che alla fine dimostrarono che erano falsi. Utilizzando l'allora nuova tecnica della datazione al fluoro, che si basa sul fatto che le ossa più vecchie assorbono nel tempo più fluoro dalle acque sotterranee, scoprirono che le ossa dell'uomo di Piltdown non avevano tutti la stessa età. Datarono la parte superiore del cranio a circa cinquecento anni e l'osso mascellare a pochi decenni. Un'analisi dell'azoto confermò i risultati. Inoltre, i test mostrarono che i fossili erano stati colorati con ferro e bicromato di potassio per farli sembrare antichi. Gli scienziati notarono che i denti della mascella erano stati limati per farli sembrare simili a quelli umani. La mascella era rotta nel punto in cui si sarebbe attaccata al cranio, consentendo così un riattaccamento regolare, e la parte superiore del cranio suggeriva un cranio grande senza specificare le misurazioni in modo che scienziati ingenui potessero proiettare le loro ipotesi su di esso. 

Weiner, Oakley e Park pubblicarono le loro scoperte sulla rivista Time nel novembre 1953 e il mondo venne a sapere che l'Uomo di Piltdown era un falso. Ulteriori risultati pubblicati nel 1955 hanno mostrato che i (reali) fossili di mammiferi e strumenti rudimentali erano stati messi di proposito nel sito. La "mazza da cricket" era probabilmente un osso di elefante fossilizzato recentemente intagliato con un coltello d'acciaio. Successivamente stabilirono che la mascella e il canino provenivano da un orangutan.

La bufala di Piltdown fu rivelata, ma erano già stati fatti danni significativi. Per decenni aveva condotto gli scienziati sulla strada sbagliata nella comprensione dell'evoluzione umana. Poiché gli scienziati presumevano che fosse l'anello mancante, alcuni erano scettici su altri reperti autentici che non corrispondevano alla narrativa suggerita dall'Uomo di Piltdown. Ciò era particolarmente vero per le scoperte fatte in Asia e in Africa, perché distoglievano l'attenzione dall'Europa. 

Rimaneva ancora un mistero: chi aveva realizzato i finti fossili? La maggior parte degli esperti credeva che Dawson avesse un ruolo nella falsificazione, ma molti pensavano che avesse un aiuto. Smith Woodward era un probabile complice. Francis Thackery, un paleoantropologo sudafricano, ha detto alla rivista Science che credeva che Teilhard de Chardin, che aveva lavorato con Dawson ai primi scavi di Piltdown, avesse aiutato Dawson. Altri sospetti hanno incluso Martin Hinton, un volontario dello scavo di Piltdown a cui non piaceva Smith Woodward, e Sir Arthur Conan Doyle, che viveva vicino al sito di Piltdown e apparteneva allo stesso club di archeologia amatoriale di Dawson. 

Nell'agosto 2016, fu pubblicato uno studio che indicava che i fossili erano stati realizzati da un unico falsario, probabilmente Dawson. Isabelle De Groote, paleoantropologa della Liverpool John Moores University nel Regno Unito, ha iniziato a esaminare la questione nel 2009, applicando la moderna tecnologia di scansione e l'analisi del DNA ai materiali originali. Lei e colleghi hanno confrontato le scansioni di tomografia computerizzata (TC) della mandibola e dei denti con esemplari noti di scimmie e hanno concluso che tutti questi pezzi provenivano da un orangutan. Il sequenziamento del DNA dei denti ha suggerito che provenivano tutti dallo stesso esemplare, e De Groote sospetta che il falsario o i falsari potrebbero averli ottenuti da un negozio di curiosità o dalla collezione di un museo; Dawson avrebbe avuto accesso a entrambi. I test hanno anche rivelato che le ossa craniche provenivano da due o tre umani medievali, "evidentemente selezionati appositamente per il loro spessore cranico".

Esaminando le scansioni TC, De Groote ha anche notato uno strano mastice bianco sporco sulla superficie di praticamente ogni osso. Questo mastice era stato dipinto e macchiato, e in alcuni casi era  stato utilizzato per riempire crepe e fessure che il falsario aveva creato accidentalmente. Tra le scoperte di De Groote c'era un'altra tecnica di falsificazione. "Molte ossa e denti sono stati appesantiti con ghiaia che è stata tenuta in posizione con tasselli di ciottoli, tutti provenienti da sedimenti simili a quelli trovati nel sito di Piltdown", ha detto. I tasselli di ghiaia e ciottoli erano tenuti in posizione con un mastice caratteristico, macchiato di marrone rossastro come il resto delle ossa. De Groote pensa che la ghiaia sia stata aggiunta per rendere le ossa più pesanti poiché i fossili pesano più delle ossa nuove. "La coerenza nel modus operandi e l'uso di un numero limitato di esemplari per creare sia il materiale Piltdown I sia il Piltdown II sono indicativi di un unico falsario", ha detto la ricercatrice, che pensa che Dawson fosse l'uomo dietro la bufala. Dawson era l'unica persona direttamente associata al sito di Piltdown II e i suoi studi rivelano che il falsario, sebbene possedesse una tecnica relativamente avanzata, non era un conservatore esperto. De Groote ha notato che le sue prime lettere rivelano un'ossessione per l'adesione alla Royal Society archeologica e si lamentava o di non aver ancora fatto una grande scoperta. Nel 1913 fu finalmente nominato a causa dei reperti di Piltdown. De Groote crede che risolvere la bufala di Piltdown e identificare il falsario sia ancora importante oggi. 


La bufala continua a essere un avvertimento importante per gli scienziati "per non vedere ciò che vogliono vedere, ma per rimanere obiettivi e sottoporre anche le proprie scoperte al più attento esame scientifico", ha scritto nel suo studio. "Il campo della paleoantropologia è ancora colpevole di accaparramento/custodia di fossili ed esclusività, ma recentemente ci sono stati alcuni sviluppi positivi (...) Tali progressi dovrebbero aiutarci a evitare gli errori che la comunità scientifica ha commesso quando l'Eoanthropus dawsoni è stato annunciato per la prima volta". Miles Russell, un archeologo di Bournemouth, nel Regno Unito, che ha scritto nel 2012 il libro The Piltdown Man Hoax: Case Closed, afferma che lo studio aggiunge certezza scientifica alle conclusioni sue e di altri secondo cui Dawson ha realizzato la bufala da solo . "Avere un complice in questo sarebbe stato estremamente pericoloso, aprire il falsario a potenziali ricatti, o peggio, esposizione al ridicolo, scrive. "Il nuovo rapporto conferma la probabilità che il falsario, di cui ora non possiamo più dubitare fosse Dawson, abbia agito da solo". Il problema non era solo la bufala deliberata, ma anche il flusso incompleto di informazioni sul presunto antenato umano. Subito dopo la scoperta, l'accesso ai materiali originali in Inghilterra fu interrotto. La mancanza di trasparenza ha comportato l'assenza di informazioni accurate nella comunità scientifica. La scienza è soffocata quando i ricercatori non sono in grado di corroborare in modo affidabile affermazioni fatte da altri. Gli stessi problemi sorgono oggi, con la comunità di ricerca alle prese con quella che è stata definita una crisi di riproducibilità; gli scienziati hanno bisogno di accedere a prove e dati per replicare (o meno) i risultati della ricerca. La controversia sull'uomo di Piltdown suggerisce i pericoli di trarre conclusioni basate su informazioni limitate o in attesa di conferma, sia per il pubblico che per gli scienziati. In un certo senso, l'intero episodio ha prefigurato le minacce che dobbiamo affrontare ora da notizie false e dalla diffusione di disinformazione sulla scienza e molti altri argomenti. È difficile arrivare alla verità, che si tratti di una notizia o di una teoria scientifica, senza accedere alle prove a sostegno. Con l'Uomo di Piltdown rinchiuso in un sicuro caveau di un museo, la speculazione e la disinformazione sono fiorite per almeno quarant’anni.

mercoledì 5 gennaio 2022

Storia della mandibola fossile del rettile di Haarlem


Nella seconda metà del ‘700 le scoperte paleontologiche avevano ormai provato che esseri vissuti in passato erano scomparsi e che le specie di organismi viventi non erano le stesse di quelle della creazione. L’immagine di un mondo immutabile e relativamente giovane era stata ormai definitivamente compromessa. Le collezioni naturalistiche di prìncipi e signori si arricchivano di fossili; le scoperte di animali “preadamitici” appassionavano chiunque avesse un minimo di cultura; ed anche nei salotti borghesi si seguiva con attenzione il dibattito filosofico che ne scaturiva. Ovunque gli appassionati diventavano cercatori e collezionisti. 

Particolare sensazione destò, nell’anno 1770, il ritrovamento di una enorme mandibola di un “mostro pre-adamitico” avvenuto in un delle cave di calcare del monte St. Pietersberg vicino a Maastricht in Olanda, a 450 m di profondità. Questo fossile ebbe una storia avventurosa. Fu scavato dal chirurgo Jean Hoffmann, un medico militare tedesco in pensione, collezionista e corrispondente del Museo Teyler di Haarlem. Per studiarlo, Hoffmann ricorse all’aiuto dell’anatomista olandese Pieter Camper. 

Pieter Camper, noto anche come Petrus Camprius, era anch’egli un appassionato collezionista di fossili e nel 1782 visionò la collezione di Hoffmann, compresa l'enorme mandibola dentata ritrovata dodici anni prima. Camper descrisse l'esemplare in una lettera alla Royal Society di Londra nel 1786 (figura 1) e azzardò che la mascella appartenesse a una grande balena dentata. Un altro esemplare, questa volta un teschio con entrambe le mascelle (figura 2), fu scoperto nella stessa cava e acquisito dal geologo francese, Barthélemy Faujas-de-St.-Fond, che non era d'accordo con l'identificazione di Camper, e pensava appartenesse a un grande coccodrillo. Dopo la morte di Camper nel 1789, Faujas pubblicò un bellissimo resoconto dei fossili di St. Pietersberg (Histoire naturelle de la montagne de Saint-Pierre de Maestricht, 1798), illustrando sia gli esemplari suoi che quelli di Camper con belle incisioni e aggiungendo una stampa fantasiosa (figura 3) che mostrava la presunta scoperta del cranio. 


Camper fu presto smentito dal suo stesso figlio Adrien Camper che, con grande scalpore, dichiarò che si trattava di una mostruosa lucertola marina oggi scomparsa: non era un coccodrillo, né una balena, come non poteva essere un cane o un orso. A interrompere le polemiche Intervenne allora il Canonico Godin, padrone del terreno sopra la cava, che, invocando i suoi diritti feudali, trascinò in giudizio Hoffmann e gli sottrasse il fossile, per esporlo in un’urna di vetro e mostrarlo ai curiosi, ovviamente a pagamento. Il fossile preadamitico era dunque sottratto alle elucubrazioni blasfeme degli scienziati, con vantaggio della Chiesa e, quel più conta, del Canonico Godin. 


Giustizia fu fatta dalla rivoluzione francese, quando i repubblicani invasero la città e il Cittadino Generale Pichegru promise 600 bottiglie di vino pregiato a quel soldato che gli avesse portato il famoso fossile. La qual cosa avvenne ben presto, così che il “mostro” fu portato a Parigi, dove il grande anatomista Cuvier poté esaminarlo e riconoscere la sua natura. Cuvier dimostrò che il cranio e le mascelle appartengono a un grande rettile marino mesozoico, ora noto come Mosasaurus hoffmanni, che era lungo oltre quaranta piedi e nuotava nei mari nell'era dei dinosauri. Tanto, dunque, le vecchie idee erano in crisi che perfino i soldati di un esercito rivoluzionario avevano la piena coscienza della importanza dei ritrovamenti paleontologici, del potenziale dirompente che essi costituivano nello scontro tra due diversi modi di vedere il mondo. 

Tuttavia, prima che nuove idee si affermassero in geologia e biologia, molti tentativi furono fatti per conciliare il vecchio ed il nuovo, senza che la sostanza del primo ne fosse intaccata. Ancora un secolo dopo, Darwin si sarebbe confrontato con analoghe resistenze. Oggi la mandibola di Hoffmann è tornata ad Haarlem, dove è esposta assieme al resto dello scheletro del Mosasauro, ritrovato nel frattempo.

martedì 4 gennaio 2022

William Smith e il principio di successione faunistica

 


Un giorno del 1799, nel sud dell'Inghilterra, tre amici con un interesse comune per le rocce e i fossili si incontrarono e parlarono del nascente campo della geologia. Due degli uomini, Joseph Townsend e Benjamin Richardson, erano pastori anglicani e collezionisti di fossili, abbondantissimi nella zona, che guardavano al mondo naturale per cercare prove tangibili dell'opera di Dio. Il terzo era un giovane geometra e ingegnere idraulico di nome William Smith, che possedeva una vasta conoscenza dei letti, o strati, rocciosi dell'Inghilterra, maturata grazie alla sua esperienza nello scavo di miniere e nella costruzione di canali per il trasporto del carbone. Smith aveva sviluppato una legge generale secondo cui "gli stessi strati si trovano sempre nello stesso ordine di sovrapposizione e contengono gli stessi peculiari fossili". Il reverendo Richardson era apparentemente "stupito e incredulo" di questa affermazione, e insieme a Townsend, decisero di fare indagini sul campo per verificarla. Inutile dire che le loro indagini confermarono l'ipotesi di Smith. Qualche settimana più tardi, dopo che i tre avevano cenato insieme, fu proposto a Smith di dettare una tabella degli strati secondo il loro ordine di successione, numerandoli in sequenza continua. Townsend scrisse la lista e Richardson fornì i nomi dei fossili. 

Dopo cena, i tre tracciarono una mappa degli strati rocciosi nelle vicinanze di Bath, identificando gli strati in base al colore, alla durezza e ai fossili che contenevano. I tre notarono qualcosa di strano: tra gli strati chiamati Pietra del Mulino e Pietra del Pennone c’era un improvviso cambiamento nei tipi di fossili trovati nelle rocce. Nello strato Pietra del Mulino dominavano i fossili di piante. Nello strato di Pietra del Pennone dominavano le conchiglie di bivalvi marini. 


Oggi i geologi riconoscono questa discontinuità fossile come il limite tra il Carbonifero (da 360 a 300 milioni di anni fa), quando abbondanti paludi diedero origine a molti dei giacimenti di carbone odierni, e il Permiano (da 300 a 250 milioni di anni fa), quando progressivamente le masse continentali della Terra si unirono in un unico continente (Pangea) circondato da un unico oceano (Panthalassa). Nel 1799, tuttavia, quando Smith e i suoi amici notarono il cambiamento nel contenuto dei fossili, non potevano immaginare le centinaia di milioni di anni di paesaggi mutevoli che i geologi riconoscono oggi. 


Per Smith, la scoperta forniva ulteriori prove della sua idea che gli strati rocciosi in tutta l'Inghilterra si succedessero secondo uno schema prevedibile e che ovunque si trovassero, potevano essere identificati e collegati a affioramenti rocciosi distanti, sulla base degli insiemi unici di fossili che contenevano. Chiamò questa idea “principio della successione faunistica”, o “successione fossile”. 

In poco tempo, il principio della successione faunistica permise a Smith di posizionare le formazioni rocciose nell'ordine corretto in tutta l'Inghilterra, di identificare redditizi giacimenti di carbone per una nazione affamata di combustibili, e di pubblicare una mappa geologica dell'Inghilterra e del Galles, la più accurata fino ad allora disegnata per un'area così vasta. A lungo termine, permise alle generazioni successive di scienziati di scoprire la storia della vita sulla Terra. 


William Smith era nato il 23 marzo 1769. Quando aveva otto anni, suo padre morì e sua madre lo mandò a vivere nella fattoria di un suo zio. Il nipote di Smith racconterà in seguito come il nuovo tutore del ragazzo "era poco felice dell'amore di suo nipote per la raccolta di pundib (conchiglie fossili) e poundstones "pietre da bilancia" (fossili di echinodermi) che erano disseminati nella fattoria”. I pundib, che fornivano eccellenti biglie per Smith e i suoi amici d'infanzia, erano antichi brachiopodi (soprattutto Terebratula), organismi bentonici marini diffusi soprattutto nel Paleozoico. I pratici pesi a volte usati nelle bilance per il burro erano in realtà ricci di mare fossili, più difficili da riconoscere senza la loro armatura spinosa. 


Da bambino, Smith probabilmente non capiva cosa fossero questi oggetti, ma alcuni eruditi curiosi sì. Nei secoli prima della sua nascita, essi avevano discusso su cosa potessero essere i fossili: resti di organismi un tempo viventi o immagini prodotte della presunta capacità del pianeta di formare rocce simili a piante e animali? All'epoca di Smith, i geologi accettavano ampiamente l’idea che i fossili fossero i resti modificati di esseri un tempo viventi, la stessa conclusione raggiunta da Niccolò Stenone nel diciassettesimo secolo. 

Stenone aveva anche proposto diversi principi sulla formazione e disposizione delle rocce che, all'epoca di Smith, la maggior parte dei geologi abbracciava: le rocce più vecchie generalmente giacciono al di sotto di quelle più giovani e gli strati di rocce sedimentarie sono originariamente disposti orizzontalmente, anche se gli sconvolgimenti geologici li possono inclinare o addirittura ribaltare in seguito. All'inizio del diciannovesimo secolo, geologi rispettati in tutta Europa avevano convenuto, contrariamente a un'interpretazione letterale della Bibbia, che il nostro pianeta possedeva una storia preumana incredibilmente lunga. 

Quando Smith era piccolo, i brachiopodi fossili non erano altro che biglie, e avrebbe potuto dimenticare del tutto i fossili se fosse vissuto in un'epoca diversa. Ma era cresciuto quando la rivoluzione industriale aveva focalizzato l'attenzione dell'Inghilterra sui resti compressi e induriti di antiche paludi: il carbone. Smith non era ricco, e le sue opportunità di istruzione formale erano limitate, ma era brillante e trovò lavoro come geometra quando aveva solo 18 anni. Il suo lavoro gli richiedeva di visitare numerose miniere di carbone, e i suoi viaggi gli mostrarono che gli strati rocciosi si trovavano in sequenze prevedibili. Incominciò a sospettare che queste sequenze si estendessero in tutta l'Inghilterra. 

Il suo lavoro gli diede l'opportunità di testare la sua ipotesi. Per sfruttare i combustibili fossili, gli industriali inglesi non dovevano solo dissotterrare il carbone, ma dovevano anche trasportarlo in modo efficiente. Prima di utilizzare il trasporto ferroviario, l'Inghilterra utilizzava i canali. Come geometra per molti di questi canali, Smith percorreva migliaia di miglia all'anno, mappando gli strati mentre procedeva. Scavare un canale significava tagliare gli strati rocciosi, e i nuovi affioramenti artificiali permisero a Smith di verificare l'ordine degli strati rocciosi su ampie distanze. Ma non tutta la ricerca di Smith era semplice. A volte lasciava perplessi. 

Era convinto che gli strati rocciosi, ora inclinati o immersi, fossero stati prima depositati in strati orizzontali, e passarci accanto significava spostarsi avanti o indietro nella sequenza rocciosa. Ma non poteva conoscere i dettagli dei processi che avevano modellato i paesaggi inglesi. Quando trovava un deposito sabbioso in un punto e un deposito sabbioso simile altrove, si chiedeva se facessero parte della stessa formazione rocciosa depositata nello stesso momento. Smith aveva bisogno di un modo per distinguere gli strati, indipendentemente da dove si trovassero. Mentre accumulava osservazioni di strati e fossili trovò la chiave per distinguere gli strati: il loro contenuto in fossili. 

Smith notò che due letti di roccia potevano contenere molte specie fossili identiche, ma una o due specie potevano variare. Queste sottili differenze tra gruppi fossili permisero a Smith di differenziare strati rocciosi che apparivano altrimenti identici. In Strata Identified by Organized Fossils, pubblicato dal 1816 al 1819, ricordava: 
Le conchiglie fossili erano note da tempo tra i curiosi, raccolte con cura e conservate nei loro armadi, insieme ad altre rarità della natura, senza alcun apparente uso. Ciò a cui li ho applicati è nuovo, e la mia attenzione fu prima attirata su di essi da una precedente scoperta della regolarità nella direzione e nell'inclinazione dei vari strati nelle colline intorno a Bath; perchè fu la giusta distinzione che richiedevano quelle rocce simili, che mi condusse alla scoperta di resti organici caratteristici di ogni strato. 
Fu questa la scoperta che divenne nota come il principio di successione faunistica di Smith, e che oggi compare nei libri di testo di geologia.

Oltre a sviluppare il principio della successione faunistica, Smith intraprese anche il più ambizioso progetto di cartografia geologica del suo tempo: una carta geologica di tutta l'Inghilterra. Invece di mappare solo la superficie, doveva mappare ciò che si trovava al di sotto, traducendo tre dimensioni in due. Ispirato da una mappa agricola che utilizzava la codifica a colori per trasmettere un ulteriore livello di informazioni, nel 1799 pubblicò A Map of Five Miles round the City of Bath, una delle prime mappe geologiche al mondo, dove quelle che oggi chiamiamo formazioni geologiche erano distinte da colori diversi. 


Dopo aver pubblicato la mappa di Bath, iniziò a pensare su una scala più ampia. Sebbene gli amici lo incoraggiassero a sbrigarsi e pubblicare prima di chiunque altro, vari contrattempi, tra i quali il fallimento dell’editore, ritardarono il progetto per anni. Peggio ancora, Smith era sempre pieno di indugi. 

Smith poteva non dare molto peso per la diffusione non riconosciuta delle sue idee, ma l'altro suo fedele amico, Benjamin Richardson, lo volle avvisare. Nel maggio 1801 scrisse a Smith una lettera un po' enigmatica con un velato avvertimento che forse il reverendo Townsend avrebbe potuto considerare di pubblicare il lavoro di Smith a proprio vantaggio. Richardson esortò Smith a impegnare rapidamente le sue idee per la stampa. 

Ciò sembrò spingere Smith all'azione: il 1° giugno 1801 pubblicò il suo Prospectus per un'opera intitolata Accurate Delineations and Descriptions of the Natural Order of the Various Strata that are Found in Different Parts of England and Wales: with Practical Observations Thereon (Accurati delineamenti e descrizioni dell'ordine naturale dei vari strati che si trovano in diverse parti dell'Inghilterra e del Galles: con osservazioni pratiche al riguardo). Stabilì un piano per un progetto ambizioso, inclusa una descrizione sequenziale di tutti gli strati, insieme a una mappa colorata che li mostrava, nonché una sezione. Smith esaltava le virtù del lavoro, con i suoi potenziali benefici per l'agricoltura, l'estrazione mineraria e un intero elenco di altri mestieri e professioni. Pur riconoscendo che "la storia completa di tutte le minuzie sarebbe un lavoro senza fine", disse che se il prospetto fosse stato ben accolto e supportato, avrebbe inteso continuare l'attività e completare il libro. 


Alla fine, tuttavia, vinse la sua natura attendista, e solamente il 1° agosto 1815 pubblicò A Delineation of the Strata of England and Wales. Su una scala di 5 miglia per pollice, la mappa misurava 6 piedi per 8 piedi e 6 pollici (ca. 1,83 x 2,59 m). Come la mappa agricola che aveva visto anni prima, questa mappa era colorata, con gradazioni di colore che indicavano dove una formazione rocciosa lasciava il posto all'altra. I geologi precedenti avevano mappato le formazioni rocciose e persino usato i fossili per identificare le rocce, ma quella di Smith fu la prima mappa a rappresentare così tante formazioni rocciose su un'area così vasta.


Smith realizzò questo impressionante lavoro da solo, spesso usando i propri soldi, forse con suo successivo rammarico. Sebbene avesse goduto di un lavoro stabile nei primi tempi di rilevamento, in seguito lavorò in proprio, contando su un reddito instabile. Iniziò anche a comprare proprietà costose: una tenuta di campagna, spazi per uffici nella località turistica alla moda di Bath, una casa di quattro piani a Londra. Quando la sua mappa fu finalmente pubblicata stava vendendo la sua preziosa collezione di fossili al British Museum per raccogliere denaro. Per quanto dolorosa sia stata la vendita dei fossili, essa rimandò soltanto l'inevitabile fallimento. L'11 giugno 1819, Smith iniziò a scontare una condanna a 11 settimane a King's Bench, una delle famigerate prigioni per debitori di Londra. 

La sua stravaganza probabilmente non era l'unica spiegazione per i problemi finanziari. Il suo periodo in prigione per debiti avrebbe potuto essere evitato se la sua mappa avesse venduto meglio, e probabilmente lo avrebbe fatto, se non fosse stata eclissata da un concorrente. George Bellas Greenough, geologo gentiluomo e presidente della Geological Society of London, fu la forza trainante dietro la mappa che sfidò quella di Smith. Grazie all'assistenza inconsapevole di Richard Warner, amico e collaboratore di Smith, storico locale di Bath, Greenough ottenne l'accesso ai manoscritti di Smith, che usò con scarsa riconoscenza. A testimonianza della sua buona fede, Warner era un amico di Smith e in effetti, in seguito, cercò di assicurargli un lavoro in Russia. Sostenuto dal prestigio e dalle risorse della Geological Society, intanto Greenough migliorò leggermente il lavoro di Smith e, poiché la sua mappa aveva un prezzo inferiore, le vendite di Smith furono abbastanza scarse. 

Dopo il suo rilascio dalla prigione, Smith intraprese una serie di lavoretti in tutta l'Inghilterra settentrionale, alternando la pratica all'insegnamento in corsi per le società filosofiche locali. A Scarborough, contribuì a creare il museo della città, compresa la progettazione della sua rotonda. Il suo progetto permette di visualizzare i fossili lungo le pareti esterne nello stesso ordine in cui si trovano naturalmente negli strati, offrendo ai visitatori che salgono la scala a chiocciola del museo una guida visiva alla storia della vita sulla Terra. 

Dopo anni passati da un lavoro all'altro, Smith trovò un impiego e una confortevole dimora stabile come amministratore terriero in una grande tenuta. In quel periodo, iniziò a ricevere riconoscimenti tardivi per il suo lavoro. Nel 1831, la Geological Society, che in precedenza gli aveva rifiutato l'adesione, gli conferì la Medaglia Wollaston, la sua più alta onorificenza. Ricevette una sorprendente laurea honoris causa in lettere dal Trinity College di Dublino. E cosa più utile, ricevette una pensione a vita dal re Guglielmo IV. 

William Smith morì il 28 agosto 1839, dopo una breve malattia. I suoi ultimi anni erano stati felici, in cui aveva goduto della stabilità finanziaria e del riconoscimento professionale che aveva tanto atteso. Nel marzo 2007, una copia restaurata della sua mappa geologica dell'Inghilterra è stata appesa nella Burlington House, attuale sede della Geological Society di Londra, accanto a quella di Greenough. 

Il principio di successione faunistica di Smith non forniva una comprensione immediata della storia della vita sulla Terra, forse perché le sue intenzioni erano più pratiche che scientifiche: ordinare accuratamente gli strati rocciosi e aiutare i cercatori di carbone a identificare i posti migliori dove scavare. Una generazione dopo, John Phillips, nipote e biografo di Smith, basandosi sulla sua idea, diede il nome alle principali ere nella scala temporale geologica di oggi: Paleozoico (vita antica), Mesozoico (vita media) e Cenozoico (vita nuova). Questi periodi erano basati sui reperti fossili, in gran parte documentati da Smith. 

La scala temporale geologica è il principio della successione fossile messo in pratica: le divisioni all'interno della scala temporale geologica sono tutte basate su successioni fossili nella documentazione rocciosa, periodi in cui specie di piante e animali si sono estinte o sono nate. Prima che la datazione radiometrica consentisse ai geologi di applicare delle date assolute alle rocce, datare gli strati l'uno rispetto all'altro in base ai loro fossili era il miglior metodo disponibile. E poiché non tutte le rocce possono essere datate radiometricamente, la datazione relativa con i fossili continua (e, in effetti, predomina) tuttora. 


I fossili non solo consentono agli scienziati di datare gli strati rocciosi, ma anche di scoprire i climi del passato, alcuni dei quali differiscono notevolmente da quelli odierni. La successione dei fossili ha aiutato gli scienziati a capire che non solo il clima della Terra è cambiato nel corso della storia, ma anche i continenti stessi (le zolle tettoniche) si sono spostati sulla superficie del pianeta. Tra le prove fornite da Alfred Wegener per la sua teoria della “deriva dei continenti” c'era che gli strati rocciosi depositati contemporaneamente in Africa e in Sud America contenevano fossili identici, anche se oggi si trovano sulle sponde opposte dell'Atlantico. 

L'influenza della successione faunistica ha condizionato anche lo sviluppo della biologia. Sebbene Charles Darwin e Alfred Russel Wallace abbiano proposto la teoria dell’evoluzione dei viventi e della selezione naturale decenni dopo la morte di Smith, il suo lavoro ha permesso ai geologi e ai biologi delle generazioni successive di pensare in termini di lunghi periodi di tempo, un ingrediente necessario per l'evoluzione darwiniana. 

Smith non utilizzò i fossili per ricostruire ambienti passati o una storia dettagliata della Terra. Ciò nonostante, il suo principio di successione faunistica è diventato il fondamento di gran parte della nostra comprensione di come il clima, i continenti e la vita stessa della Terra siano cambiati radicalmente nel tempo.