Visualizzazione post con etichetta crimini. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta crimini. Mostra tutti i post

mercoledì 15 novembre 2023

Il sordido Merezhkovsky

 


Le storie che si raccontano sugli scienziati sono spesso eroiche. La figura la cui idea rivoluzionaria viene rifiutata, dimenticata e poi confermata è un classico di tale narrazione. A mio parere, uno dei principali difetti della divulgazione in rete delle conquiste della scienza è quello di presentare molti scienziati e scienziate come individui eccezionali, spesso in lotta contro ambienti sociali e intellettuali ostili, talvolta illuminati da improvvisi lampi di genio e da considerare come nuovi maestri di saggezza, di cui si ricordano frasi celebri come meme o si citano aneddoti edificanti. Va bene, alcuni lo sono stati, ma in realtà gli uomini e le donne di scienza sono esseri umani come tutti gli altri, con i loro pregi e difetti, che talvolta possono essere addirittura dei crimini.

Lasciamo perdere le frodi accademiche, oramai tanto diffuse da sembrare banali, in cui ambizione, sete di profitto e di carriera, hanno portato e portano tuttora alcuni a plagiare le scoperte di altri, a truccare o aggiustare i dati sperimentali, a pubblicare su riviste a pagamento di dubbia affidabilità, addirittura a minacciare fisicamente o a denunciare chi li sbugiarda (per fortuna la comunità scientifica ha sviluppato per sua natura un cospicuo apparato di anticorpi e di metodi per scoprire le truffe, che prima o poi vengono smascherate).

Lasciamo anche perdere i casi più clamorosi e citati in cui, in particolari momenti della storia, mossi dal nazionalismo e dall’ideologia, con scopi fatti addirittura passare per “umanitari”, alcuni singoli o gruppi di scienziati hanno progettato e propugnato armi di distruzione di massa per finire in fretta una guerra (i gas nelle trincee, la bomba atomica) o addirittura evitarne altre (alcuni tra gli “alieni ungheresi” emigrati negli USA furono tentati dall’idea di bombardare preventivamente l’Unione Sovietica con le bombe A prima che i russi potessero averle anch’essi, per evitare una Terza guerra mondiale).

No, in questo caso parlo di crimini più comuni e odiosi.

Prendiamo il caso di Konstantin Merezhkovsky (1855-1921), considerato il “padre” della simbiogenesi (termine da lui coniato). Nei primi decenni del ventesimo secolo, suggerì che gli organelli cellulari come i mitocondri e i cloroplasti si fossero originati dalla simbiosi di organismi più semplici simili ai batteri. Presentò questa teoria nel 1910, nel suo lavoro “La teoria dei due plasmi come base della simbiogenesi, un nuovo studio sulle origini degli organismi”, sebbene i fondamenti dell'idea fossero già apparsi nel 1905 nel precedente articolo, “La natura e le origini dei cromatofori nel regno vegetale”. Le sue idee furono a lungo respinte e considerate eccentriche. Eppure, i suoi articoli a lungo dimenticati, ridicolizzati o emarginati, hanno in seguito ricevuto consensi in tutto il mondo. Eppure, eppure, questo geniale naturalista fu anche una spia zarista, un proto-nazista antisemita e un pedofilo seriale.

Nato nella famiglia di un alto funzionario imperiale, Konstantin Sergeevic Merezhkovsky (Константи́н Серге́евич Мережко́вский, poi traslitteratelo come più vi piace), ricevette una buona educazione. Il padre, Sergei Ivanovich, prestò servizio sotto gli imperatori Nicola I e Alessandro II nell'ufficio del dipartimento di corte. La madre era la figlia del direttore dell'ufficio del capo della polizia di San Pietroburgo. La famiglia contava cinque fratelli e tre sorelle, di cui uno, Dmitrij Sergeevic, diventò poeta simbolista e scrittore di romanzi impregnati di religiosità tipicamente russa.

Nel 1869 Konstantin entrò alla Facoltà di Giurisprudenza, poiché il padre voleva che suo figlio maggiore continuasse le tradizioni familiari e diventasse un funzionario, ma nel 1875 fece domanda all'Università Imperiale di San Pietroburgo per il dipartimento di scienze della natura della Facoltà di Fisica e Matematica. Mentre era ancora studente, sotto la guida dello zoologo degli invertebrati Nikolai Petrovich Wagner, iniziò a condurre studi scientifici (principalmente zoologici): si interessò alle diatomee e pubblicò i suoi primi lavori. Conseguì il diploma universitario il 20 novembre 1880.

Dopo la laurea fu mandato all'estero per due anni, dove studiò antropologia, zoologia e in parte botanica a Berlino, Parigi e Lipsia, oltre che alla stazione di biologia marina di Napoli. Al ritorno dall'estero, nel 1883 discusse la sua tesi "Materiali per la conoscenza dei pigmenti animali" e tenne lezioni di zoologia all'Università di San Pietroburgo (1884) e ai corsi superiori femminili. Nel 1880-1886 fu collaboratore di Wagner, e poi suo assistente. Le principali ricerche di questo periodo riguardavano i celenterati, gli idrozoi e le spugne.

Nel 1883 sposò Olga Petrovna Sultanova. Nel 1886 emigrò improvvisamente dalla Russia per motivi inspiegabili, forse collegati ad atti di violenza sessuale su minori per i quali fu alla fine perseguito penalmente. La famiglia si stabilì in Crimea, dove Konstantin trovò lavoro come botanico studiando le varietà di uva; creò anche una consistente collezione di diatomee del Mar Nero.

Il periodo di Crimea (1886-1898) fu segnato da studi speciali sulle diatomee del Mar Nero e del Mar d'Azov, nel 1897 lavorò alla stazione di Sebastopoli, poi andò alla stazione russa di Villefranche-sur-Mer presso Nizza, dove studiò le alghe. In questo periodo furono redatte le sue principali opere sulle diatomee. Contemporaneamente pubblicò articoli sulla viticoltura; nel 1898 gli fu commissionato uno studio fondamentale con illustrazioni, “Ampelografia [studio dei vitigni] della Crimea”. Nel 1898 lasciò la moglie e il giovane figlio in Crimea ed emigrò improvvisamente in America, dove prese il nome di William Adler.

Merezhkovsky rimase in America per 4 anni (1898-1902); lavorò all'Università di Berkeley vicino a San Francisco e visse per qualche tempo a Los Angeles sotto pseudonimo. Studiò le alghe, scrisse “Studi sull'endocromo delle diatomee”, pubblicò una serie di lavori che descrivevano nuovi taxa. Durante la sua permanenza negli Stati Uniti, scrisse Il paradiso terrestre, o sogno di una notte d'inverno, una favola ambientata nel ventisettesimo secolo: essenzialmente un’utopia fascista-eugenetica, con la riproduzione di una nuova razza umana secondo la sua forma ideale pedofila e l'utilizzo di schiavi asiatici e africani.

Nel 1902 tornò in Russia. Il 18 febbraio 1902 prese il posto di curatore del museo zoologico dell'Università di Kazan. Nel 1903 discusse la sua tesi sul tema "Sulla morfologia delle diatomee" e conseguì un master in botanica, dove sviluppò il suo nuovo interesse per i licheni. Il 14 gennaio 1904 Merezhkovsky fu nominato assistente professore nel dipartimento di botanica. Il 14 ottobre 1906 fu nominato professore straordinario ad interim presso l'Università Imperiale di Kazan. Il 17 gennaio 1907 fu confermato dottore in botanica e dal 1° gennaio 1908 divenne professore ordinario.

La duplice natura dei licheni come funghi e alghe, segnalata per la prima volta dal botanico svizzero Simon Schwendener nel 1867, aveva portato diversi biologi a considerare il ruolo della simbiosi nell'evoluzione. I licheni mostrano come nuovi organismi possano essere sintetizzati da due diversi tipi di organismi che vivono in intima associazione. Herbert Spencer aveva utilizzato la simbiosi dei licheni come microcosmo della sua visione super-organismica della vita. Lo vedeva come un “accordo comunista” basato su una divisione del lavoro tra pianta e animale. Ma le interpretazioni del rapporto tra alghe e funghi variavano, poiché i botanici impiegavano una varietà di metafore antropomorfe: Schwendener vedeva il lichene in termini di schiavitù da parte di un padrone fungino sulle alghe catturate, Johannes Reinke interpretava il rapporto come un consorzio.

Il famoso biologo tedesco Anton de Bary coniò il termine simbiosi nel 1879 come parola neutra semplicemente per indicare la convivenza di due o più organismi con nomi diversi, per abbracciare un continuum di relazioni dal parassitismo al mutualismo. Il termine symbiotismus era stato utilizzato l’anno precedente da Albert Bernard Frank, ricordato oggi soprattutto per i suoi studi pionieristici sulla simbiosi tra funghi e radici di piante da lui denominata “micorriza”. A partire dal 1880, furono trovate prove di alghe che vivevano all'interno dei protozoi e nel tessuto delle spugne, dell'idra e di alcuni vermi. Anche la simbiosi di batteri che fissano l'azoto nei noduli radicali delle leguminose è un fenomeno diffuso.

Quando tali esempi di simbiosi furono considerati alla luce di nuove prove citologiche della continuità fisica dei cloroplasti, portarono molti ricercatori a suggerire che varie parti della cellula (nucleo, citoplasma, cloroplasti, mitocondri e centrioli) si fossero evolute come simbionti. Che i cloroplasti potessero essere sorti come organismi simbiotici indipendenti era stato menzionato da molti biologi negli anni 1880 e 1890, tra cui l'ex studente di de Bary Andreas Schimper, che aveva notato che i cloroplasti delle cellule vegetali somigliavano ai cianobatteri. Merezhkovsky ricordava che l’idea gli era venuta “in modo del tutto spontaneo” dopo aver letto il classico articolo di Schimper del 1885. Schimper aveva anche suggerito che i cloroplasti potrebbero essersi formati per simbiosi nel suo famoso articolo del 1883 in cui coniò il termine “cloroplasto”.

Merezhkovsky sosteneva che gli organelli cellulari, il nucleo e i cloroplasti sono i discendenti di batteri che si sono evoluti in una simbiosi intracellulare con le amebe. Le idee di Merezhkovsky, a lungo rifiutate, diedero però il via una corrente sotterranea che percorse tutto il Novecento, finché sfociò nella moderna teoria della simbiogenesi sviluppata e resa popolare negli anni Settanta dall’americana Lynn Margulis, e ora ampiamente accettata nella visione darwinista come una forma di “evoluzione parallela”. La visione moderna è che si siano verificati due eventi endosimbiotici, uno con l’incorporazione di batteri che divennero i mitocondri di tutti gli eucarioti, e un altro subito dopo, nella linea che portò alle piante, per formare i cloroplasti.


Verso la fine del secolo, Merezhkovsky costituì un considerevole erbario di licheni, contenente oltre 2000 esemplari raccolti dalla Russia, dall'Austria e dal Mediterraneo. La collezione è conservata all'Università di Kazan.

Come molti studenti russi della fine del XIX secolo, Merezhkovsky iniziò ad essere a favore della rivoluzione. Ma finì per diventare un collaboratore della polizia segreta dello zar. Fu anche uno degli organizzatori di un'organizzazione nazionalista e antisemita di Kazan: il "Dipartimento di Kazan dell'Unione del popolo russo", un'organizzazione sostenuta dallo zar, ed era un mediatore segreto per il Ministero degli affari interni. In qualità di "professore di destra", come veniva chiamato, il suo compito era quello di cercare e riferire su tutte le circostanze pericolose e sospette e di sradicare gli ebrei e gli altri "traditori". Molti dei suoi colleghi furono allontanati dopo le sue denunce segrete e persino pubbliche al giornale di Kazan. Infatti, al famoso biologo, ittiologo e geografo fisico Lev Simonovic Berg (1876-1950), fondatore della limnologia in Russia, fu impedito di ottenere una cattedra all’Università di Kazan dopo le denunce pubbliche di Merezhkovsky. Berg era ebreo e Merezhkovsky lo odiava. Nel frattempo, continuò a fare scienza, fino a quando scoppiò lo scandalo.

Il 12 aprile 1914 presso il Dipartimento di Giustizia di San Pietroburgo fu aperto il procedimento penale numero 1303. (Fu chiuso il 22 febbraio 1917 e nel 1931 l'archivio fu distrutto per ordine della Direzione archivistica centrale). Un procedimento penale fu aperto anche a Kazan il 28 aprile da un investigatore del tribunale distrettuale della città. Il ministro della Pubblica Istruzione destituì Merezhkovsky dall'incarico di professore ordinario di botanica all'Università di Kazan e lo mise solo a disposizione. Merezhkovsky rimase ufficialmente in quella posizione fino al febbraio 1917.

Merezhkovsky fu accusato di pedofilia (di aver violentato almeno 26 ragazzine), e fuggì un’altra volta all'estero. Ne seguì uno scandalo di portata nazionale. Casi più vecchi rivelarono che era fuggito da San Pietroburgo nel 1886, poi dalla Crimea nel 1898, per paura di essere perseguito per stupro di giovani ragazze (non è escluso che fosse avvertito in precedenza dai suoi protettori politici). Sembra che anche in California fosse stato sospettato di almeno un episodio di violenza sessuale.

Merezhkovsky era fuggito in Francia nel 1914 dove rimase per gran parte della guerra: Nizza, Mentone e Parigi. Nel febbraio 1918 si rifugiò in Svizzera dove rimase per il resto della sua vita. Viveva molto modestamente grazie al reddito risparmiato, in una stanza dell'Hôtel des Familles a Ginevra. Fu lì, due settimane prima della fine della guerra, il 25 ottobre 1918, che tenne la sua ultima relazione su quello che considerava “il lavoro della sua vita”. Questa presentazione fu la base del suo lungo articolo, La plante considérée comme un complexe symbiotique, pubblicato due anni dopo nel "Bulletin de la Société des Sciences Naturelles de l’Ouest de la France". Merezhkovsky era amareggiato, malato e stanco. Come lamentava, da quando aveva annunciato la sua teoria sulla natura simbiotica dei cloroplasti nel 1905, “aveva fatto pochi progressi”; spesso veniva “completamente ignorato”. Aveva intenzione di scrivere un libro sull'argomento, ma altri lavori lo ostacolarono e poi, durante la lotta politica in Russia prima della guerra, era diventato troppo debole per scriverlo; “alla fine la guerra, la rivoluzione..." Così, osservava, "è solo oggi, alla vigilia di lasciare questo triste mondo, che ho deciso di sviluppare un po' più in dettaglio le mie idee per consolidare e ampliare la base su cui poggiano” . Merezhkovsky riferiva di aver scritto a più di cinquanta scienziati, editori e istituzioni (tra cui la Carnegie Institution) chiedendo loro di pubblicare l'opera, e spiegando loro che essendo privo di ogni risorsa non gli restava molto da vivere.

Il suo ultimo scritto, pubblicato a Ginevra, fu l'opera filosofica cosmogonica “Il ritmo universale come base di un nuovo concetto dell'universo” (1920), dove combinava il suo antisemitismo, l'eugenetica e un afflato spiritualista con l'idea che fosse "un salvatore dell'umanità". In esso prefigurava con approvazione la campagna di sterminio nazista contro gli ebrei europei.


A Ginevra cadde gravemente depresso, rimase senza soldi e il 9 gennaio 1921 fu trovato morto nella sua camera d'albergo dell'Hotel des Families, legato al letto con una maschera alimentata con un gas asfissiante da un contenitore metallico. Sembra che il suo suicidio fosse direttamente collegato alle sue convinzioni utopiche pedofile così come alla sua opinione che stava diventando troppo vecchio e malato per continuare la sua carriera di abusi sulle minorenni. Lasciò un biglietto scritto in latino, che poi andò perduto: "Troppo vecchio per lavorare e troppo malato per vivere" furono le ultime parole.

giovedì 14 novembre 2019

Guglielmo Libri, matematico, bibliofilo, ladro

Guglielmo Brutus Icilius Timeleone Libri Carucci dalla Sommaja (1803 – 1869), o, più semplicemente, Guglielmo Libri, proveniva da una delle più antiche famiglie di Firenze. La sua biografia su Wikipedia lo classifica subito sotto due etichette: Matematici italiani del XIX secolo e Criminali italiani, il che suscita una certa curiosità. Matematici sani di mente o folli, geniali o mediocri, barbuti o rasati ne abbiamo, ma un matematico tra i criminali costituisce un caso unico.

Nel 1816 Libri entrò all'Università di Pisa con l’intenzione di studiare legge, ma dopo poco tempo iniziò a interessarsi ai corsi di matematica e filosofia naturale. La sua carriera di ricercatore in matematica iniziò mentre era ancora studente, quando pubblicò il primo articolo, la Memoria ... sopra la teoria dei numeri nel 1820, anno in cui si laureò a Pisa. Fu un inizio promettente, che ricevette elogi da molti dei matematici di allora, come Babbage, Cauchy e Gauss. Dal 1821 fu membro dell'Accademia dei Georgofili e nel 1824 fu nominato socio corrispondente dell'Accademia delle Scienze di Torino, dopo l’apprezzato studio Mémoire sur divers points d'analyse. Tale era la qualità dei suoi primi lavori che fu chiamato alla cattedra di fisica matematica a Pisa nel 1823. Senza dover rinunciare alla carica, forse a causa di una malattia, riuscì a ottenere un congedo permanente dopo un solo anno accademico per poter visitare i principali centri scientifici d’Europa.

L'anno successivo visitò Parigi e fu ben accolto dai migliori matematici e fisici del tempo, tra i quali Laplace, Poisson, Ampère, Fourier e Arago. Tornò in Toscana nell'estate del 1825, e, nel giro di pochi anni, pubblicò diverse memorie matematiche e fisiche scegliendo come lingua il francese per dare maggiore diffusione ai suoi risultati. Queste memorie riguardavano la teoria dei numeri (tema poco frequentato in Italia), la risoluzione di equazioni indeterminate con l'uso delle serie, le funzioni discontinue e la teoria del calore.

In questo periodo iniziò a interessarsi di storia della scienza, con lo scopo dichiarato di portare alla luce scoperte e fatti del passato dimenticati o sconosciuti e di mostrare come in campo scientifico l'Italia fosse stata all'avanguardia. Gli interessi storici lo indirizzarono alla ricerca di manoscritti e documenti d'archivio e alimentarono la sua grande passione per i libri.

Al ritorno dal viaggio a Parigi, l'Accademia dei Georgofili lo nominò direttore della biblioteca, ma dopo poco più di un anno, nel dicembre 1826, rassegnò le dimissioni e si rifugiò in campagna per dedicarsi esclusivamente allo studio. In pochi mesi erano scomparsi parecchi volumi e, invitato a rendere conto del fatto, si giustificò in modo poco convincente; l'Accademia preferì evitare lo scandalo e mise a tacere la vicenda.

Nel giugno 1830 tornò a Parigi, dove riallacciò le amicizie strette durante il primo soggiorno e riprese gli studi matematici, continuando anche a coltivare gli interessi storici. Il clima politico nella capitale francese era però notevolmente cambiato. Carlo X Borbone aveva introdotto misure sempre più reazionarie, provocando un crescente e generale malcontento che culminò nella rivoluzione della fine di luglio e l’ascesa del più liberale Luigi Filippo d’Orleans al trono di Francia (con il malcontento dei repubblicani come Évariste Galois). Il ventisettenne Libri vi partecipò attivamente e, nel gennaio 1831, fece ritorno in Toscana pieno di fervore rivoluzionario.

Il desiderio di ottenere una costituzione dal granduca Leopoldo lo spinse a organizzare con un gruppo di congiurati un’azione che avrebbe dovuto sorprendere Leopoldo al teatro della Pergola la sera del giovedì grasso, ma il complotto fallì. Di nuovo trattato con indulgenza (gli furono confiscati i beni, ma non la pensione di professore emerito), Libri fu costretto a lasciare Firenze e a non tornarvi senza autorizzazione. Preferì recarsi in Francia (prima nel Sud, dove conobbe l’esule Mazzini, poi a Parigi), dove sapeva di avere molti amici tra gli uomini di scienza, che lo avrebbero sostenuto. Il suo essere un nobile, unito alla fama di valente matematico, gli apriva parecchie porte. Ammirato nei salotti e assai amichevole, abile conversatore, autore di arguti epigrammi, elegante adulatore, buon scrittore sia in francese che in italiano, esperto di storia, mise a frutto le sue doti e divenne cittadino francese tre anni dopo. Nello stesso anno 1833 fu nominato all'Académie des Sciences per succedere a Legendre, morto pochi mesi prima. Libri sicuramente prese molto seriamente il suo ruolo nell'Accademia, ma sorse un certo risentimento causato dal fatto che non era un vero francese e molti incominciavano a non apprezzare i suoi modi troppo affettati e, per qualcuno, arroganti.

Arago, il segretario perpetuo dell’Accademia, nel 1833 lo aiutò a ottenere un’ulteriore nomina al Collegio di Francia, dove insegnò calcolo infinitesimale. L’anno successivo Libri ottenne l’incarico di assistente di calcolo delle probabilità alla Sorbona. La sua amicizia con Arago fu di certo utile per ottenere quelle prestigiose cariche, tuttavia, per motivi che riguardavano probabilmente divergenze accademiche e politiche (Libri era favorevole alla monarchia liberale, Arago era un repubblicano), i due, da amici, divennero acerrimi nemici. Arago era una figura prestigiosa e potente nella comunità scientifica del tempo e, averlo come avversario significava alienarsi l’amicizia di molti matematici e fisici. Un rivale di Libri fu anche il giovane Joseph Liouville, seguace di Arago anche in politica, che per molti anni lo attaccò: i due non perdevano l’occasione di discutere e screditarsi a vicenda durante le riunioni dell’Accademia, soprattutto nel 1843, quando una loro disputa scientifica ebbe anche risvolti politici ed ebbe eco sulla stampa non specializzata.

Liouville era persona con la quale era meglio non litigare, perché era un matematico apprezzato che era di solito in grado di fornire una soluzione più elegante di quelle fornite da Libri nelle sue memorie. Una conseguenza poco nota di queste dispute fu che, in risposta a un attacco di Libri, nel 1846 Liouville fece conoscere, prima all’Academie e poi sull'influente Journal de mathématiques pures et appliquées che aveva fondato nel 1836, l’opera di Évariste Galois sulla teoria delle equazioni polinomiali che fino ad allora era rimasta praticamente sconosciuta.

Risalgono a questo periodo alcuni articoli di analisi matematica, fra cui quelli sulla teoria delle equazioni differenziali lineari. Il merito principale di Libri in questo campo fu l'aver attirato per primo l'attenzione sull'analogia fra le equazioni differenziali lineari e quelle algebriche, cosa che favorì in modo sostanziale lo sviluppo della teoria.

La sua opera migliore nei decenni ’30 e ’40 fu tuttavia senza dubbio quella sulla storia della matematica. Dal 1838 al 1841 pubblicò quattro volumi della Histoire des sciences mathématiques en Italie, depuis la renaissance des lettres jusqu'à la fin du dix-septième siècle (Storia delle Scienze Matematiche in Italia dal Rinascimento al XVII secolo). Nelle note che occupano circa la metà di ogni volume egli metteva a disposizione degli studiosi importanti documenti inediti o faticosamente reperibili, come l'introduzione e la parte algebrica del Liber abaci di Fibonacci e il Trattato d'abaco, più tardi attribuito a Piero della Francesca. Egli voleva scrivere due ulteriori volumi, ma non concluse mai il progetto. Si trattava di un’opera importante, con una rara conoscenza delle fonti, e un tentativo di collegare lo sviluppo della matematica ai principali fatti della storia italiana, ma che per i francesi peccava di eccessivo nazionalismo (da che pulpito…). Degna di nota è anche una biografia di Galileo Galilei pubblicata nel 1841.


La conoscenza di Libri dei testi originali, di cui riportava ampie citazioni, derivava dal fatto che egli era diventato un collezionista appassionato e compulsivo di manoscritti e testi a stampa rari e antichi, ma, soprattutto, un abile e insospettabile ladro. Le sue appropriazioni indebite erano già cominciate a Firenze, ma, come vedremo, gran parte della sua attività criminale avvenne in parecchie biblioteche francesi. Quando uscì il quarto volume della Histoire, nel 1841, egli possedeva circa 1800 manoscritti, tra i quali si potevano annoverare opere di Cartesio, Eulero, d’Alembert, Arbogasto, Galileo, Leibniz, Mersenne e Gassendi. La sua collezione crebbe al punto che nel 1847 comprendeva oltre quarantamila volumi a stampa, provenienti da aste, acquisizioni di importanti fondi privati e, in parte, come fu provato in seguito, da appropriazione indebita.

Nel 1841 Libri fu nominato Ispettore delle Librerie di Francia. Questa nomina può per certi versi apparire sorprendente, dato che si era inimicato molti esponenti dell’Accademia e i potenti gesuiti per le sue posizioni anticlericali. D’altra parte, egli era senza dubbio un grande esperto e aveva inoltre un amico nel governo, lo storico e importante deputato conservatore, più volte ministro, François Guizot, che lo aiutò a raggiungere tale incarico. Ben presto incominciarono le voci di volumi mancanti dalle biblioteche, che spesso coincidevano con le visite del nuovo ispettore. Ciò portò a un’indagine, ma non se ne fece nulla.

Nel 1848 anche in Francia successe un quarantotto. Dopo l’ennesima rivoluzione e la nascita della Seconda Repubblica, Libri seppe che un mandato d’arresto stava per emesso nei suoi confronti con l’accusa di aver rubato o falsificato preziosi libri antichi. Il suo amico e protettore Guizot era stato rimosso dalla sua carica di primo ministro ed esiliato in Inghilterra: egli era senza appoggi. Libri non aspettò di essere arrestato ma s’imbarcò il più presto possibile verso Londra, dove sostenne di essere un rifugiato politico. Prima di lasciare la Francia fece in modo che più di trentamila dei suoi libri e manoscritti fossero inviati nel suo luogo d'esilio.

A Londra fu ben accolto e trattato come un eroe. Nella capitale inglese egli aveva l’amico italiano Antonio Panizzi, che era il direttore della Biblioteca del British Museum, che gli fece conoscere De Morgan. Libri riuscì a convincere i suoi nuovi amici che le accuse contro di lui erano state fatte dai francesi perché era italiano. De Morgan scrisse molti articoli in sua difesa. Diceva ad esempio:
“(…) in campo scientifico non poteva essere un francese, ma rimase un italiano. Uno dei suoi principali scopi è stato di dare alle ricerche italiane, che i francesi non hanno mai ben considerato, il loro giusto valore (…) Sospettiamo che l’animosità politica abbia generato questa calunnia, e che il vero credo nelle menti degli uomini malvagi sia che i collezionisti rubino sempre, e pertanto che l’accusa debba per forza essere vera”. 
Il 22 giugno 1850, tuttavia, Libri fu ritenuto colpevole in contumacia delle accuse rivoltegli e fu condannato a dieci anni di prigione e fu rimosso dai ruoli della Légion d'honneur, dell'Università, del Collège de France e dell'Académie des Sciences. Non poteva di sicuro tornare in Francia. Nonostante fosse giunto a Londra senza danaro, conduceva una vita agiata. Il suo capitale erano i volumi che aveva spedito prima della fuga, e che aveva incominciato a vendere in numerose aste pubbliche.


Inoltre, nel 1857, grazie all'aiuto dei vecchi amici come Guizot, riuscì a rientrare in possesso di 15.000 suoi libri di origine non sospetta. In seguito alle accuse, Libri spesso denunciò persecuzioni politiche, di solito con qualche ragione. Nei suoi scritti di autodifesa spesso descrisse lo stato disorganizzato di molte biblioteche istituzionali e la necessità della loro riorganizzazione, un argomento su cui c'erano poche discussioni. Allo stesso tempo sfruttò il disordine, la catalogazione inadeguata o incompleta e la mancanza di sicurezza in queste istituzioni per guadagno illecito. Accusato di furti, a volte dimostrava che numerosi altri documenti rubati dalle stesse istituzioni erano o erano stati offerti in vendita sul mercato libero e sosteneva di aver acquistato gli articoli in buona fede. Con precisione dichiarò che il mercato dei libri e dei manoscritti dell'antichità era pieno di materiale di provenienza discutibile o confusa.

Nel 1861 curò due importanti vendite di libri e manoscritti. Produsse un catalogo contenente 7.628 lotti, che furono venduti in aprile e in luglio. Nel repertorio, Libri, con modernità di linguaggio e metodo, illustrava le ragioni dello studio della storia della scienza in generale e della matematica in particolare, inaugurando un nuovo stile: la descrizione era arricchita con note storiche sull'autore e sullo stampatore, con dettagli sconosciuti e curiosità che fanno tuttora dei suoi repertori delle fonti utili per i bibliofili, ma anche per gli storici. Così scriveva:
"La collezione che sta per essere venduta è composta in gran parte da libri relativi alle scienze (in particolare alla matematica) e alla sua storia, considerata nella più vasta accezione, cioè comprendente molte opere di biografia, bibliografia, storia letteraria e anche letteratura in generale, necessarie a gettar luce sul progresso della mente umana (….) indipendentemente da uno scopo di immediata e pratica utilità, colui che desidera applicarsi allo studio del progresso della conoscenza umana, dovrebbe porsi un problema di ordine più grande. Dovrebbe, nell'esaminare con attenzione la strada seguita dagli inventori, godere di scoprire, passo dopo passo, almeno per quanto è possibile, il metodo da loro seguito per giungere a tale invenzione. Tralasciare il cammino lungo il quale la natura umana dovette passare per arrivare a tale o talaltra scoperta – per esempio, non fermarsi a un teorema matematico, finché nelle mani di Lagrange o Gauss esso ha assunto la sua forma definitiva – sarebbe agire come un naturalista che tentasse solamente di studiare gli insetti solo in base alla forma delle meravigliose farfalle, senza rivolgere la minima attenzione ai bruchi, alle larve meno perfette che successivamente sono destinate a trasformarsi in quegli stessi lepidotteri (…) Ciò che è già stato fatto così bene per la storia letteraria dovrebbe essere eventualmente intrapreso, come si è già iniziato a fare, per la storia delle scienze. Solo perché ci sono più persone che hanno letto Shakespeare o Dante di quante ce ne sono che capiscono Copernico o Fermat, diventa manifesto perché ciò che potrebbe essere definito “curiosità della letteratura” è più comune, e molto più diffuso, di quanto è suscitato dai libri, come semplice forma di un’epoca nella storia della scienza".

Come dobbiamo considerare i contributi di Libri sapendo che in effetti era un ladro è un falsario? Le due aste del 1861 comprendevano testi fondamentali originali, molti dei quali con lunghe note esplicative: senza la sua insana passione per il possesso di queste opere, probabilmente la nostra conoscenza di parti della storia della scienza sarebbe lacunosa. Può essere irritante sapere che egli li mise a disposizione per tornaconto personale (le due aste gli fruttarono l’enorme cifra di un milione di franchi), e il nostro giudizio morale non può essere indulgente, ma è indubbio che egli diede un grande impulso al collezionismo dei libri scientifici. Ebbe anche il merito di aver posto in evidenza l'importanza di Fermat e aver recuperato alcuni suoi manoscritti sconosciuti.

A partire dal 1868 la salute di Libri cominciò a declinare e, poiché non poteva ritornare in Francia, lasciò la sua terra d’esilio per tornare nella natia Italia. Egli trascorse i suoi ultimi giorni in Toscana, in una villa di Fiesole, dove si spense nel 1869. Intanto, in Francia, Léopold Delisle, amministratore generale della Bibliothèque Nationale, incominciò una lunga inchiesta per stabilire una volta per tutte se Libri era stato davvero colpevole delle accuse rivoltegli nel 1850. L’esito delle indagini fu che Libri era stato davvero un ladro su vasta scala. Nel 1888 il governo francese chiese di riacquistare i libri e i manoscritti che egli aveva rubato e venduto. Molti dei preziosi documenti furono infine restituiti dalle autorità inglesi dopo lunghe trattative, reintegrando parzialmente i patrimoni delle biblioteche saccheggiate. Il resto della collezione era stato acquistato nel 1884 dallo Stato italiano e depositato a Firenze nella Biblioteca Medicea Laurenziana. Altri manoscritti e volumi non furono più ritrovati, ma talvolta qualcuno di essi viene alla luce in qualche parte del mondo. Ad esempio, dopo la stampa, il manoscritto della memoria parigina di Abel sulle funzioni trascendenti andò smarrito, e soltanto nel 1952 parte di esso fu ritrovato a Firenze. Le otto pagine ancora mancanti del manoscritto sono state ritrovate negli anni Novanta tra i documenti che Libri aveva portato in Italia, ponendo fine a un secolo e mezzo di ricerche. Ancora, nel 2009, uno studente olandese fece una ricerca su Google con i termini "lettera autografata" e "Cartesio". Entrò così nel catalogo della biblioteca dell'Harveford College, vicino a Filadelfia, che menzionava una lettera di Cartesio a Mersenne del 27 maggio 1641, relativa alla pubblicazione delle Meditazioni metafisiche. Questa lettera era stata trafugata dall'Institut de France da Guglielmo Libri. Il collegio americano restituì questo documento all'istituzione francese nel 2010.

Sono riuscito a scrivere questo post senza citare Nomen omen, anzi, no, ora l'ho fatto.