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martedì 16 settembre 2014

Il Torrente Epperò


Il Torrente Epperò nasce dalle appendici del Monte Cunno, nel Pennino Fosco-Lugano. Dopo aver formato il L’ago Erore e la Cascata Rovinosa, scorre nella Val Nerchia e si butta via. Attraversa i comuni di Sollazzo, Spasso e Baraonda Sottana, dove è attraversato da tre armeni ponti di sospensione. Sulle sue rive omertose si pratica la pesca dell’orchio maggiore, dalle carni privilegiate, che si conserva fino alla data indicata sul tetro della confezione. Può contenere tracce di anidride solforosa e di frutta a guscio (aracnidi). Famoso anche l'infrattamento concupiscente, esercitato con grande soddisfazione di critica e di pubblico (da qui il nome dell’idromino). 

Sulle sponde dell’Epperò si combattè nel 1795 la battaglia anonima, che vide confrontarsi le forze rivoluzionarie e quelle perpendicolari alla Direzione, che vide la vittoria delle prime sulle seconde esattamente in questo ordine. Da quel momento la Val Nerchia fu contesa avanti e indietro, con grande soddisfazione fino al Monte Cunno. Nell’anniversario della battaglia si svolge una magnifica celebrazione con gli abitanti che vanno a Spasso in ordine sparso. 

Tra le bellezze storico-culturali della valle si segnala la Certosa di Baraonda, circondata da capitelli gotici e bodoniani, in grassetto sottolineato, con il ciclo di freschi di Santa Patanza, capolavoro della scuola del Gonorrea (ca. 16 settembre 1514).

mercoledì 27 novembre 2013

Attacco al cu-ore dello Stato


«Pronto? È il senatore Sandro Bondi?». 
«Chi parla?». 
«Il dottor Travaglini». 
«Chi Travaglini?». 
«È lei il senatore Sandro Bondi?». .
«Sì, sono io». 
 «Ecco, mi sembrava di riconoscere la voce... Senta, indipendentemente dal fatto che lei abbia il telefono sotto controllo, dovrebbe portare un’ultima ambasciata alla Pascale e a Dudù». 
«Sì, ma io voglio sapere chi parla». 
 «Toghe rosse. Ha capito?». 
 «Sì». 
 «Ecco, non posso stare molto al telefono. Quindi dovrebbe dire questa cosa alla famiglia, dovrebbe andare personalmente, anche se il telefono ce l’ha sotto controllo non fa niente, dovrebbe andare personalmente e dire questo: adempiamo alle ultime volontà del presidente comunicando alla famiglia dove potrà trovare il corpo del senatore Silvio Berlusconi. Mi sente?». 
«No; se può ripetere, per cortesia...». 
«No, non posso ripetere, guardi... Allora lei deve comunicare alla famiglia che troveranno il corpo del senatore Silvio Berlusconi nel garage di Palazzo Madama. Va bene?». 
 «Sì». 
«Lì c’è una Renault Megane rossa. I primi numeri di targa sono FI 2». 
(…) 
 «Può andare anche la Santanché, va benissimo, certamente: purché lo faccia con urgenza; perché le volontà, l’ultima volontà del senatore è questa: cioè di comunicare alla famiglia, perché la famiglia doveva riavere il suo corpo... Va bene? Arrivederci».

giovedì 29 agosto 2013

Epigrafi

Una via di Busseto
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SOTTO QVESTA PALMA DA COCCO
ADDÌ 26 BERNOCCOLO 1631 
LO SCIENZIATO PORTOGHESE PEDRO SOVZA DE CARVALHO 
INTVÌ LA LEGGE DI GRAVITAZIONE VNIVERSALE 
PRIMA DI NEWTON 
MA NON SOPRAVVISSE PER POTERLO ANNVNCIARE
LA CITTADINANZA DI PERNAMBVCO 
RICONOSCENTE POSE

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IN QVESTA CASA 
ADDÌ 2 DIOFANTO 1637 
IL MATEMATICO PIERR 
ESPOSE IL SVO TEORE
CHE NON DIMOSTRÒ 
PER MANCANZA DI SPA

°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°

SOTTO QVESTA GRAVE PIETRA 
GIACE MARIO LOMAZZI 
† 6 – 12 – 1965 
MEDIOCRE TRADVTTORE 
DALL’INGLESE 

°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°

SV QVESTO OMNIBVS A CAVALLI 
IN DIREZIONE DI CLAPHAM ROAD 
ADDÌ 19 BENZENE 1853 
IL CHIMICO TEDESCO AVGVST KEKVLÉ 
SOGNÒ VN BALLO RITMATO 
DI ATOMI DI CARBONIO 
APRENDO LA STRADA 
ALLA SWINGING LONDON 

°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°

DA QVESTA FINESTRA 
AFFACCIATA SVLLA BRENTA 
GALILEO GALILEI 
PADRE DELLA SCIENZA 
VIDE CON IL TELESCOPIO 
LE CELESTI SFERE 
E STVDIÒ IL SACROBOSCO 
DI ISABELLA MASIERO 
GLORIA DI PADOVA 
ADDÌ 11 MONA 2002 
LO STVDIO POSE

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sabato 20 luglio 2013

Prontuario di clinica letteraria

ad uso degli specializzandi in medicina editoriale


La conoscenza delle sindromi letterarie più comuni è un requisito indispensabile per gli operatori clinici impiegati in strutture pubbliche o private per la cura degli scrittori compulsivi o semplicemente inetti, come ad esempio nelle case di tolleranza letteraria. Questo breve articolo è un invito all'istituzione di un prontuario clinico, con alcuni esempi considerati tra i più significativi.

Bulemia (gr. Βουλή): mania degli scrittori di voler dare consigli di scrittura. Lo scrittore bulemico avverte l’irrefrenabile impulso di dare ricette sul bello scrivere in ogni occasione, salvo poi smentirle, rigettarle, in quella successiva, Al di là di epoche, stili, correnti letterarie o biografie personali, si può sostenere che esistono due tipi di scrittori: quelli che danno consigli su come scrivere e quelli che si fanno giustamente i fatti loro. Gli uni sono convinti di poter dire qualsiasi cosa sulla poesia, sul racconto, sul romanzo, e così via, solo perché hanno avuto la fortuna di imbattersi in un editore compiacente. Gli altri invece non sono mai stati pubblicati, forse perché il loro anonimato deriva dall'inesistenza: l’insieme degli scrittori che non danno consigli è infatti da sempre inesorabilmente vuoto.

Colpo dello Strega: improvvisa e dolorosissima mialgia dorsale che colpisce i favoriti di un premio letterario che poi non lo vincono. Anche scrittori apparentemente indifferenti alle glorie editoriali e mondane ne soffrono. Si narra che al Campiello del 1994, all'annuncio della vittoria di Antonio Tabucchi con Sostiene Pereira, ben due finalisti si accasciarono al suolo colpiti da acuti dolori dorsali. Il c. d. s. si cura con il riposo e una dieta a base di letture di scrittori che ottennero soltanto riconoscimenti postumi. Nel 2012 la sconfitta allo Strega di G. C. causò un c. d. s. così forte al punto che si temette potesse smettere di scrivere. Purtroppo invano.

Displagia (lat. plagium): anormale sviluppo stilistico e lessicale in un testo letterario, consistente in genere in una evidente ripetizione, letterale o in parafrasi, di frasi o concetti di altri autori. Se la ripetizione è smaccatamente evidente si è in presenza di una neoplagia. Non sempre la diagnosi di d. è agevole, anche perché c’è chi ritiene che la storia del pensiero sia oramai così lunga che è stato scritto tutto, pertanto i nuovi autori non possono far altro che ripetere l’esistente, magari con le stesse parole. Per questo motivo non necessariamente la d. è indice di dolo: esistono prove accertate di totale identificazione con un autore da parte di un altro autore. Il caso più noto di questo accidente letterario è quello del francese Pierre Menard, che, nel primo dopoguerra, non volle rifare il Don Chisciotte, né adattarlo all’epoca contemporanea, ma volle identificarsi totalmente con Cervantes e riscrivere parola per parola il Don Chisciotte senza peraltro copiarlo.

È stato inoltre rilevato da recenti studi clinici francesi che il fenomeno si può manifestare percorrendo all'inverso la freccia del tempo; si tratta della cosiddetta displagia per anticipazione, nella quale l’autore che ripete un’opera è vissuto o ha operato precedentemente all'autore considerato l’ispiratore.

Un esempio di questo caso è fornito dall'opera di Arnaldo Biserani (1905-1963), che è stato uno dei più grandi poeti e pittori inventati del ‘900. Esponente di spicco dell’avanguardia romagnola, ha per certi versi anticipato le tematiche e gli stili della beat generation e del gruppo ’63, ma impregnati dello spirito solare della sua terra. Questa sua Maiali nell’alba (1952) è stata da alcuni accostata alla nota Urlo di Allen Ginsberg, che è tuttavia di tre anni posteriore:

Sono andato con la macchina nuova 
all'allevamento dei maiali del Donnini 
su fino a Mirandola, e li ho visti. 
Ho visto le bestie migliori 
della mia generazione 
distrutte dalla follia, ingrassate, nude, 
trascinarsi nei recinti negri all'alba 
in cerca di un sollievo astioso, 
un pastone nel truogolo celeste, 
nella dinamo stellata nel meccanismo 
della notte. Con gli occhi vuoti 
sedevano grugnendo nell'oscurità 
chiedendosi il perché e il come 
di una vita vissuta per diventare 
costine e salami, prosciutti e ciccioli, 
per i Biserani come me, angeli 
sterminatori dell’Apocalisse suina. 

In Milano (1959) qualcuno ha visto echi del Pagliarani di La ragazza Carla:

A Milano in un lungo inverno scuro, quando il sole è cosa di Romagna, 
incontro la cassoela untuosa, le puntine, le cotenne, i salamini 
nella verza accogliente come una vagina innamorata; alla sera mi portano
in un ristorante di pesce a Lambrate, nella sera metallica e nebbiosa 
di treni e di tram e gente che si aggira insonnolita e gelida 
e trovo nel menù il rombo di nuovo, e le sue forme regolari 
e schiacciate di pesce geometrico, con la superficie prodotto 
delle diagonali, quattro lati, paralleli due a due, ingobbiti 
dalla pressione dell’acqua, ma io ordino un gran fritto misto, 
che dicono che qui è più fresco che al porto di Rimini, 
può darsi ma non lo sanno fare e sa di bombolone riscaldato, 
allora prendiamo la macchina e andiamo a bere un digestivo 
in centro, dove i camerieri hanno più puzza sotto il naso 
dei clienti ricchi, industriali e negozianti con il gozzo 
da macellaio che ordinano vischi d’annata per loro e le due-tre
puttane che li accompagnano fumando Muratti e Mercedes. 
Usciamo sotto le colonne e la nebbia è sparita, tira aria di neve, 
allora ci congediamo e ci diamo appuntamento per la mostra 
di Fontana l’indomani, e io sono contento, tra i primi fiocchi 
illuminati dai fanali, di tornare al caldo, mettermi in pigiama, 
e sedermi sul water che mi scappa anche da cagare. 

Labirintite s. f. sing. (gr. λαβύρινθος): sindrome letteraria che colpisce gli imitatori scadenti di Jorge Luis Borges. Lo scrittore labirintitico soffre di mancanza di equilibrio, pertanto utilizza uno stile letterario ricco di riferimenti culturali, vagamente arcano, quando non ce n’è assolutamente bisogno. Fa inoltre un eccessivo uso di metafore, quali quella del labirinto o della biblioteca, di frequente derivanti dai concetti della matematica del Novecento. Il labirintitico utilizza concetti arditi per fatti banali, spesso facendo riferimento a testi inesistenti.

Un esempio di scrittore colpito da questa malattia è il parmigiano Secondo Barezzi (1968), indeciso tra il minimalismo delle sue storie e lo stile inutilmente erudito:

“Tra gli intricati scaffali della Ipercoop, nel reparto Frutta e Verdura, con i prodotti esposti con meticoloso ordine su banconi che ricordano una tassellatura universale dell’orticoltura, Paolo Barani indossò il guanto di plastica trasparente e prese in mano una cipolla. Ricordò che nella Biblioteca Universitaria di Bologna esiste una copia dell’Erbarium Alchemicum del Sangalli su cui, di fianco a una rappresentazione a colori del comune bulbo, una mano coeva scrisse che gli strati della cipolla sono indefiniti e tuttavia non infiniti. Vide la propria immagine riflessa nella parete a specchio, aborrendola come la propria paternità recente. Prese un mazzo di cipolle, lo infilò nel sacchetto e lo pesò sulla bilancia. Schiacciò poi il tasto corrispondente al prodotto, come aveva fatto migliaia di volte nell’interminabile Conad della lontana e ineffabile Fidenza. Appiccicò l’etichetta sul sacchetto, lo ripose nel carrello, le cui ruote disegnavano con il movimento immaginarie e dolorose cicloidi. Passò nel reparto Salumeria e si sentì come Martin Fierro ai confini dell’Uruguay”.

Logotomia, s. f. sing (gr. λόγος e τομή): intervento editoriale d’urgenza per salvare ciò che si può dell’opera letteraria di autori eccessivamente verbosi e barocchi. La l. consiste nell'eliminazione di parole, incisi, frasi, periodi, capitoli considerati non necessari o dannosi, la cui presenza è considerata alla stregua di un arto cancrenoso. Si consideri ad esempio il seguente brano:

“Ci sono luoghi in Campania che sono un buco nero. Sì, un buco nero che attira tutto a sé e non restituisce niente. Tutto, nel buco nero, viene attratto e non esce più: danaro, energie, speranze, illusioni, intelligenza, amore. E questo buco nero in cui finiscono danaro, energie, speranze, illusioni, intelligenza e amore si chiama Camorra. La Camorra è il buco nero della Campania, un oggetto che chiude, che imprigiona, e quindi non è aperto, non libera. Girando vorticosamente su stesso, il buco nero che si chiama Camorra è la maledizione della Campania. Terribile. Insaziabile. La Camorra è terribile, insaziabile, un buco nero nel cuore della Campania.” 

Un intervento di logotomia leggera porterebbe al seguente risultato: “Ci sono luoghi in Campania che sono un buco nero che attira tutto a sé e non restituisce niente. Tutto, nel buco nero, viene attratto e non esce più: danaro, energie, speranze, illusioni, intelligenza, amore. E questo buco nero si chiama Camorra. La Camorra è un oggetto che chiude, che imprigiona. Girando vorticosamente su stesso, il buco nero è la maledizione della Campania. Terribile. Insaziabile. un buco nero nel cuore della Campania.”

Un editore più severo, o più pietoso, attuerebbe questo ulteriore intervento logotomico: “Ci sono luoghi in Campania che sono un buco nero che attira tutto a sé: danaro, energie, speranze, illusioni, intelligenza, amore. E questo buco nero si chiama Camorra. Terribile. Insaziabile.” .

Omeropatia, s. f. sing. (gr. ‘Ομηρος e πάθος): teoria letteraria secondo la quale è sufficiente inserire una parola tratta dall'Iliade o dall'Odissea per fare di un testo qualsiasi un’opera degna di essere letta. Se, ad esempio, si inserisce ίππος (cavallo) ogni diecimila parole scritte da Baricco, si dirà che il racconto è una preparazione omeropatica di grado 4 applicata a Baricco, dove la cifra indica l’esponente negativo della diluizione della parola omerica (1/10.000 = 10−4). I sostenitori dell’omeropatia pensano che la parola omerica inserita sia in grado di modificare il campo testuale, trasferendo ad esso le sue proprietà vibrazionali benefiche. Per alcuni autori sono necessarie elevate concentrazioni di parole omeriche, per cui il testo rischia di contenerne troppe, rendendolo poco agevole la lettura. Gli omeropati considerano indispensabili diluizioni 2 o 3 (1/100 o 1/1.000) per autori come Tamaro o Faletti.


lunedì 8 luglio 2013

Il novissimo Barozzi della lingua italiana – Agg. 1/2013


cicciottenne, s m. e f. sing [lat. cicciam e teneo]: nuovo elettore sovrappeso; est: adolescente obeso. “Per il corso frotte di cicciottenni che mangiano gelati” (Franchi, 2011) 

Dasein, s. m. indecl. [dal ted. Das, “il pongo” e Ein, “uno”]: termine filosofico dal significato malleabile e adattabile al contesto, utilissimo per chi voglia spacciarsi per colto, spesso associandolo ad altre parole come Zeitgeist o Aufklärung. “In quel tramonto Fabrizio vide tutto il Dasein della sua angoscia”, oppure “Chi fa Dasein fa per tre” (Popinga, 2013)

feromoni, s. m. pl. (laz. fero e lat. homo): grandi uomini metallici fabbricati a Roma, cyborg borgatari, protagonisti del romanzo utopico “L’omo de fero”, in cui una razza di coatti dai superpoteri conquista il mondo e rende obbligatori la canottiera e lo stereo a tutto volume. “Le donne della borgata sentivano irresistibile il potere dei feromoni, desiderando l’accoppiamento” (Barozzi, 2013) 

ginosofista, s. m. sing. [dimin. Gino e gr. σοφία]: cugino che ha studiato, portato ad esempio in tutta la famiglia e perciò odiato. “Lo vide nudo in spiaggia e finalmente poté prendere in giro quel ginosofista” (Barozzi, 2012) 

proctossido, s. m. sing [gr. προκτος e οξύς]: composto chimico originato dalla presenza di ossigeno nell’intestino, che fuoriesce dall’orifizio anale. Es.: il proctossido d’azoto, gas intestinale dagli effetti esilaranti e anestetici. “Quando Pierino produce il proctossido, tutta la classe si mette a ridere” (Barozzi, 2012) 

Scuola Radon Elettrica (Scu.R.E.), s. m.: noto istituto professionale per corrispondenza che prepara tecnici rabdomanti e previsori di terremoti. L’istituto è in attesa di parificazione da parte del MIUR (Giuliani, 2009)

lunedì 25 marzo 2013

Le avventure dell’ameba


Il tormentone dell’ameba circola su alcuni siti anglosassoni di facezie e di biologia sin dai primi tempi di internet. Mi è capitato giorni fa di ritrovare un file di Word sul quale avevo salvato (su un floppy!) alcuni esempi di questo gioco, che consiste nell’usare i caratteri della tastiera per inventare situazioni e piccole storie in cui è protagonista un’ameba, rappresentata da un punto. Un esercizio apparentemente sciocco che però richiede il dispiegamento di un po’ di immaginazione, cosa che non fa mai male. Ne ho aggiunti alcuni inventati da me e li ho condivisi su Facebook, dove ho subito trovato alcuni estimatori e continuatori.

Qui di seguito pubblico il risultato dell’opera collettiva, alla quale hanno collaborato, oltre  a me e all’anonimo ideatore americano (e non inglese, perché usa period invece di full stop), gli amici Diana Beck (la più prolifica: quasi metà sono sue), Gae Spes e Emanuela Zibordi: il fatto che siamo tutti laureati costituisce un’attenuante:

./ |
Ameba che fa il salto con l’asta 

.!
Ameba sorpresa

!
Ameba con un cappello da cuoco 

,
Ameba con una gamba rotta 

@.
Ameba con un corno da caccia 

.−
Ameba con un fucile 

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Ameba con un megafono 

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Ameba con l’ombrello 

.}
Ameba con l’arco 

o.o
Ameba con gli occhiali 

_._
Ameba con i piedi piatti 

_
Ameba spiaccicata

.h
Ameba che si nasconde dietro una sedia 

..
Amebe che parlano 

.?
Ameba confusa

.........|
Amebe in fila alla posta 

#.#
Ameba in prigione

"."
Ameba con l’eyeliner 

¯.
Ameba depressa

.~
Ameba con la sciarpa al vento 

^.^
Ameba pipistrello 

.(
Ameba con un’antenna satellitare 

[. ]
Ameba in ascensore

.>
Ameba con un boomerang 

*
Ameba piovra 

.zZ
Ameba che dorme 

.€
Ameba ricca

.
Ameba che si nasconde dietro un punto

.
Ameba che copre un punto

| :=§
Due amebe che fumano fuori dal ristorante

._
Ameba con lo skateboard

.-O ° | O-.
Due amebe che giocano a tennis

. ° | .
E due che giocano a pallavolo

HL.ZF
Ameba in un labirinto

 .**
Ameba che guarda le stelle

..°
Due amebe innamorate al chiaro di luna

.....?.....
Ameba al Gay Pride con un vistoso copricapo da drag queen

.......O.......
Amebe nella redazione de “Il Foglio”

.! ....................
Amebe grilline

 .7
Ameba che aspetta l’autobus

~.~~~
Ameba che attraversa a nuoto lo stretto di Messina


Ameba immaginaria

 i
Ameba stilita

 H .
Ameba rugbista

. °Q °Q °Q °Q °Q
Ameba che guarda i gatti

 d.b
Ameba con gli orecchini

 ò .
Ameba che guarda un paramecio col taglio punk

............. |_._| .... +
Il funerale dell'ameba

 .°oO
Ameba che ha mangiato troppa zuppa di fagioli

 . _/
Ameba nerd

I*,I*, ., I*,I*
Ameba sul prato con i soffioni

.•________________!!!!! 
Ameba al bowling

._________________________________________________________
Ameba maratoneta

°I°.
Ameba sotto un lampione

o-;O
Ameba sul trattore

.°^Y^°
Ameba all’ombra di un albero

 T* °.
Ameba che gioca a pallacanestro

 ;i;
Ameba robot

:[]:
4 amebe che giocano a poker

à;é
Ameba farfalla

. >o);o);o);o);
L’ameba e il bruco

E = mc.c
Ameba relativistica

mercoledì 20 febbraio 2013

Quattro biografie di grandi della scienza

Insomma c’era un tizio polacco, che era anche stato in Italia come Boniek o il papa, che, a furia di calcolare epicicli su epicicli, si era messo in testa che un’ipotesi più ragionevole poteva essere quella che al centro del mondo (da intendersi come noi diciamo universo) ci doveva essere il Sole e non la Terra. Non che avesse grandi prove e lui aveva una paura matta di finire arrosto, però scrisse un libro in cui diceva che magari, forse, poteva anche darsi che, la bibbia, chissà, poteva essere interpretata in maniera diversa. Probabilmente proprio perché anche lui faceva oroscopi per tirare la fine del mese, lo lasciarono in pace, e io non me la sento di dar contro il mio amico che dice che ebbe l'astuzia di morire prima che uscisse il libro. Alla fine si scoprì che aveva ragione. 

E poi c’era quello che non voleva portar la toga e vedeva macchie dappertutto, persino sulla Luna e sul Sole. Conoscendo bene i pisani (lui lo era), andò a insegnare a Padova, dove arrotondava vendendo compassi agli studenti. Esperto di moto, provocò cadute gravi. Amico dei medici? Col binocolo! Difese il sistema eliocentrico, attirandosi le ire dei dottori peripatetici e del clero, come sempre impegnato a difendere gli errori millenari salvo chiedere scusa dopo secoli. Lo processarono due volte: la seconda gli tolsero la condizionale e finì ai domiciliari. Scriveva in un ottimo italiano, il che lo rende ostico a buona parte delle matricole. Viene considerato il padre della scienza moderna, nonostante Zichichi gli abbia dedicato un libro.

Il tedesco era invece figlio di una vecchia che vendeva intrugli inutili tipo Boiron. A quei tempi la processarono per stregoneria, mentre oggi le avrebbero chiesto delle interviste per il Corriere. Non che il figlio fosse un campione del razionalismo, perché il Sacro Romano Imperatore da lui voleva oroscopi, meglio se favorevoli. Invece di una rubrica sul Fatto Quotidiano lui ebbe il posto che era stato di Tycho Brahe. Come astronomo scoprì una supernova, come matematico prima disse che l’universo era stato creato prendendo a modello i solidi regolari, poi scoprì le leggi che regolano i moti dei pianeti attorno al Sole, impelagandosi però in una serie di considerazioni musicali e numeriche degne del primo Battiato. Con lui le orbite dei pianeti diventarono delle ellissi. Per contrappasso si occupò di impacchettamento delle sfere, formulando una congettura utilissima quest’anno per i portieri dell’Inter. Morì in miseria in quanto ricercatore a contratto. 

L’inglese infine. Massone e alchimista, invece di tesser complotti si dedicò alla scienza: fisica, matematica, astronomia, filosofia e persino teologia. Fosse stato cattolico, gli avrebbero proposto il rettorato all'università dei Legionari di Cristo e magari la vicepresidenza del CNR, ma lui era anche bravo. Fu uno dei padri del calcolo integrale, dovendo condividere questo merito con Leibniz: coppie dello stesso sesso possono avere grandi figli, anche se con molti limiti. In effetti, a pensarci bene, fu una relazione piena di litigi. Formulò le leggi di gravitazione universale, fondando la meccanica classica. Finalmente gli uomini seppero perché i pianeti orbitano intorno al Sole invece di vagare tristi e solitari nel cosmo infinito come candidati di sinistra. Quando volle occuparsi di ottica, ispirò una bellissima copertina dei Pink Floyd e fu il primo a pensare che la luce possa essere formata da particelle. Da vecchio divenne direttore della zecca reale, impegnandosi nella lotta ai falsari e ai ciarlatani che giravano le contee dell’isola promettendo l’abolizione delle tasse e un reddito minimo per tutti i sudditi. Fu sepolto a Westminster come un re inglese qualsiasi.

venerdì 8 febbraio 2013

Il solido alieno

Jean P. Olyédre, la cui precoce morte su una tartana malese commosse tutto il mondo, descrive, nelle sue Memorie di nomade domestico, libro uscito postumo nel 1802, la visione di uno spaventoso solido che gli fu mostrato da uno sciamano in una capanna immersa nella foresta sassone. In quelle pagine la prosa dell’autore si fa insolitamente poco fluida, direi quasi zoppicante, e l’uso degli aggettivi contrasta in modo evidente con la pretesa obiettività scientifica delle sue descrizioni. 

Fatto prigioniero da un gruppo di contrabbandieri di pellicce, Olyédre viene condotto, dopo un penoso viaggio nella neve, verso un gruppo di baracche di legno e pelli ai piedi di una piccola altura. La geometria di quei rifugi sembra sconvolgere l’uomo di scienza, che si dice allucinato dalle loro forme inquietanti: raggelanti esaedri con tre coppie di facce rettangolari parallele. Dopo una notte trascorsa nel freddo intenso di uno di quei tuguri, riscaldato solo dalla misteriosa ossiriduzione esotermica di alcuni brandelli di alberi fatti precedentemente a pezzi con furia selvaggia, egli viene condotto sulla cima della collina, dove fa una delle esperienze più stravolgenti della sua vita. 

Spinto all’interno di un’agghiacciante piccola costruzione, la cui forma esotica sembra ottenuta ruotando un triangolo rettangolo intorno ad uno dei suoi cateti, Olyédre viene allacciato con un insolito insieme di fili intrecciati di fibre di canapa, straordinariamente capaci di sopportare sforzi di trazione. L’uomo che l’ha condotto lo assicura a un ingegnoso sedile, formato da un piano poggiante su quattro gambe e da una spalliera per poggiare la schiena, poi esce all'aria aperta. In quel momento tutto sembra girare attorno a Olyédre, che crede sia venuto il momento della sua fine, che teme possa essere atroce. 

Dopo alcuni minuti di attesa, dal buio angosciante che avvolge l’ambiente emerge un vecchio di età indefinibile, insolitamente agile per le fattezze decrepite del suo corpo, minato dagli anni e dalle fatiche di un’esistenza quasi bestiale. Reca con sé una fiaccola ottenuta da fili di stoppa ritorti tra loro e impregnati di resina, l’avvicina al prigioniero per osservarlo, si siede a sua volta e lo invita ad accettare un piccolo cilindro di carta sottile che avvolge dell’erba seccata tagliata finemente, destinato a essere fumato. Olyédre scuote la testa in segno di diniego, allora il vecchio gli parla in una lingua sconosciuta, caratterizzata da suoni gutturali, fischi, sibili e rantoli, quasi fosse stata concepita mescolando i versi di tutti gli animali della foresta. Nel suo discorso, l’uomo ripete spesso un suono, che Olyédre rende con “Kugel”. 

Improvvisamente, con suo grande sorpresa, il vecchio slega il prigioniero, lo solleva e lo porta verso un’apertura della parete, coperta da un rozzo telo. Il vecchio scosta la primitiva tenda e indica un oggetto posto al centro di un piccolo anfratto, indicando “Kugel! Kugel!” Ciò che vedono gli occhi di Olyédre non può essere descritto compiutamente con il linguaggio, perché va al di là del linguaggio stesso, della sua stessa natura di fatto umano. 

Con parole inappropriate, ma le uniche disponibili a un essere pensante e mortale, Olyédre accenna a un solido abominevole poggiato sul pavimento di terra battuta. Si tratta di un oggetto geometrico di pietra locale, in cui tutti i punti sono straordinariamente ad una distanza minore, o uguale a una distanza fissata, da un punto posto al suo centro. La superficie della cosa non presenta alcuna imperfezione, perfettamente liscia e con curvatura costante. Olyédre si sente mancare, le vertigini lo assalgono, si sente le gambe cedere, sviene per l’emozione. Rimane incosciente a lungo, di un sonno popolato di incubi e strani simboli vergati in un nefasto alfabeto che sembra provenire dagli abissi del tempo: V = 4/3πr3, S = 4πr2, S(x; r) = { y ∈ E | d(x,y) = r } . 

Lo ritrovano due taglialegna al limite del bosco, stordito, terrorizzato, ma ancora vivo e in grado di mettere per iscritto questa straordinaria avventura.

giovedì 31 gennaio 2013

Matematica e vita nei campi


Pensieri e massime della tradizione matematica contadina

Se si estrae la radice, l’albero muore.

La vacca sterile, come il punto, non ha parti. 

La resa di un campo si moltiplica seguendo la regola dei semi.

Quando devono recintare un campo i contadini chiamano sempre un matematico. Quando vanno al mercato una maestra elementare.

Negli esercizi dei libri di geometria compaiono terreni di forme sconosciute a qualsiasi catasto.

La vita di un matematico di campagna segue l’algoritmo delle stagioni.

Se definisci bene l’insieme puoi contare assieme mele e pere.

I contadini ruotano le colture e traslano i confini.

Del frattale non si butta via niente.

Tutte le domeniche e le feste comandate, alla lunga la funzione è monotona.

Nella cantina di un contadino ci sono sempre moltissimi recipienti di varia capacità per non dover affrontare i soliti problemi sul travaso.

Prima di Fibonacci i conigli si riproducevano molto meno.

Le balle di fieno e stoppie delle mietitrebbiatrici una volta erano cubiche o a forma di parallelepipedo. Oggi anche in campagna è arrivato il pi greco e si fanno cilindriche.

Date a un geometra un terreno da recintare: ne farà delle villette a schiera.

Il primo problema sui grafi che affrontano i bambini è quello del melo con quattro rami, ciascuno con quattro rametti che portano quattro ciliegie. Solo i piccoli portati per la matematica non fanno calcoli, i futuri letterati dicono: 62! I futuri avvocati pensano: "Quanto ci guadagno?".

Le mogli dei contadini hanno strumenti particolari per tagliare le torte. Solo in campagna ti possono offrire i 5/13 di una crostata.

Un antico filosofo di Pavia si chiese quanti chicchi di riso può contenere l’universo. Poi si chiese quanti chicchi ci vogliono per formare un mucchio. Infine affermò che i pavesi dicono sempre il falso. Lo esiliarono in Grecia.

Indicare la retta via attraverso parabole dette in un cerchio ristretto è un’iperbole del cristianesimo.

venerdì 4 gennaio 2013

Mariomonti purgativo 2013


GENNAIO
Mariomonti è quella cosa
che ti tassa pure il fiato
e se tu non hai pagato
in apnea devi star.

FEBBRAIO
Mariomonti è quella cosa
che rinnova la Nazione:
con Casini e Buttiglione
sorge il sol dell’avvenir.

MARZO
Mariomonti è quella cosa
che ci fa quadrare i conti,
però senza Mariomonti
il passivo era minor.

APRILE
Mariomonti è quella cosa
che l’Europa lo sostiene:
alle banche gli conviene
e tu il mutuo non l’hai più.

MAGGIO
Mariomonti è quella cosa
che si scontra con Fassina:
desinenza un po’ assassina,
maledette quote ros.

GIUGNO
Mariomonti è quella cosa
che ti manda in pensione
quando hai il pannolone:
con i voti del PD.

LUGLIO
Mariomonti è quella cosa
che ti pubblica un’Agenda:
non è chiara la faccenda
se gliel’ha scritta Ichin.

AGOSTO
Mariomonti è quella cosa
che soddisfa il Vaticano,
pronto a prenderti la mano
se non lo fai pagar.

SETTEMBRE
Mariomonti è quella cosa
senza Ruby e la d’Addario:
lui sa bene, Montimario,
che regnare è meglio che.

OTTOBRE
Mariomonti è quella cosa
che compra gli F-35,
non gli piace chi delinque
contro i nostri militar.

NOVEMBRE
Mariomonti è quella cosa
sempre piena di sussiego:
ha un appeal, non lo nego,
come un calcio nelle pall.

DICEMBRE
Mariomonti è quella cosa
che fa visita a Marchionne:
 non gli lancian le madonne
sol venduti e leccacul.

martedì 16 ottobre 2012

Due storie di dissolutezza matematica


Che i matematici siano sempre alla ricerca di stimoli per creare i loro strani oggetti è cosa nota. L’irrompere sulla scena delle geometrie n-dimensionali e di quelle non euclidee mise a dura prova la capacità immaginativa di molti di essi, impegnati nel tentativo di tradurre le loro intuizioni numeriche e geometriche in oggetti reali, o almeno possibili. Non sorprende pertanto che alcuni padri della topologia abbiano cercato aiuto nelle sostanze in grado di “aprire le porte della percezione”, con il rischio concreto di rimanerne schiavi. Se la maggior parte di essi cadde nell'oblio provocato dalla loro dissolutezza, almeno due di loro riuscirono a diventare famosi, associando il loro nome a concetti e oggetti assai conosciuti. 

A tutti è noto ad esempio l’alcolismo di Felix Klein, del quale si racconta che spesso si presentava alle lezioni o alle conferenze reggendosi a stento in piedi. Ispirato da una bottiglia appena scolata durante uno dei frequenti deliri provocati dall'abuso di liquore di assenzio, immaginò di piegarne il collo in modo che rientrasse nella superficie laterale: Klein aveva inventato una superficie non orientabile, per la quale non c’è distinzione tra interno ed esterno. Forse per scherno (il suo vizio era notorio), il suo oggetto fu chiamato “bottiglia di Klein”, con un maligno gioco tra le parole tedesche per superficie (Fläche) e per bottiglia (Flasche). Il poveretto, ormai diventato lo zimbello del gruppo di matematici dell’Università di Gottinga (il noto gruppo di Lie), si sottopose anche a un programma di disintossicazione in una clinica di Erlagen, nei pressi di Norimberga, di cui diede conto in un fascicolo che scrisse in quei mesi (Il programma di Erlagen). Sfortunatamente, nonostante i buoni propositi, non riuscì a porre termine alla sua dipendenza, e passo il resto della sua misera vita dirigendo un giornalucolo dal nome pretenzioso di Mathematische Annalen e cercando una bevanda alcolica che fosse in grado di riempire il suo insolito recipiente. 

Ancor più grama fu la dipendenza di cui patì, tre generazioni prima, August Ferdinand Möbius, al quale fu fatale la frequentazione di un fumettista visionario di cui era parente (si veda l'immagine iniziale). Iniziato all'uso della cocaina, girava sempre con tutto l’armamentario per poterla assumere in ogni occasione. In una memoria presentata alla Académie des Sciences riguardo ad alcune proprietà dei poliedri, egli stesso raccontò le circostanze di una sua importante scoperta. Giocando con un rettangolo allungato di carta (per prudenza omise di dire che si trattava di una cartina Rizla Blu King Size), incollò i lati minori imprimendo nel contempo un mezzo giro di torsione. Aveva così inventato una curiosa superficie a un solo bordo e una sola faccia, che gli consentiva di sniffare una striscia di polvere bianca senza sollevare la cannuccia. Chiamò la sua creazione “la mia magica striscia”, ma in seguito si preferì indicare l’oggetto, la “striscia” di Möbius, con il meno equivoco termine di “nastro”. Devastato dalla droga, introdusse concetti oscuri come le coordinate omogenee e la trasformazione di Möbius in geometria proiettiva, o la funzione di Möbius e la formula di inversione di Möbius nella teoria dei numeri. Giunto ad un punto di non-ritorno, morì suicida a soli 78 anni, tagliandosi le vene con un rasoio di Occam, scegliendo così la spiegazione meno complicata ai problemi della sua esistenza.

sabato 22 settembre 2012

Teoria scema degli insiemi

La teoria scema degli insiemi, non assiomatica e più che ingenua, è una nuova formalizzazione dell’insiemistica proposta da un anonimo insegnante di matematica psicopatico, che la poteva ideare solo insegnando nel mondo parallelo della Formazione Professionale (se e solo se). Non è ancora stato accertato se la malattia mentale sia antecedente o conseguente all’incarico in un CFP, ma propendiamo per la seconda ipotesi, visto che in quel mondo accadono cose che noi umani non riusciamo neanche a immaginare, tipo vedersi assegnare una media di 25 ore settimanali di lezione in classi turbolente e altre 11 di presenza obbligatoria nel pieno rispetto del contratto. 

Nel solo campo dell’insiemistica elementare, alcune creature aliene che frequentano i CFP, con la conoscenza e la saggezza superiore derivate da milioni di anni di evoluzione matematica extraterrestre, hanno suggerito concetti e idee che solo i meno accorti possono scambiare per castronerie. Così, trattando le operazioni con gli insiemi, è emersa la domanda “Posso considerare dei due insiemi gli elementi che mi pare?” (traduzione dell’originale italo-siculo “Posso prendere i numeri a muzzo?”), mentre, a proposito di insieme vuoto, è sorta l’osservazione “Ma non è vuoto, qualcosa c’è: il perimetro!”, pillole di genio gettate apparentemente a caso in un’aula scolastica e forse destinate a cambiare la matematica e la nostra visione del mondo. 

L’insegnante di matematica, forse proprio in ragione della sua instabilità mentale indotta, si è messo a tavolino e ha cercato di dare una veste formale a questi concetti, probabilmente ben sapendo che il linguaggio svela tutta la sua inanità quando tenta di dire l’indicibile. Ecco il risultato del suo lavoro.

L’insieme muzzo

Dati gli insiemi A e B, si dice insieme muzzo (M) l'insieme costituito da elementi a caso (“a muzzo”) di A e B, o solo di uno di loro, o di nessuno: 

M = A ɱ B 
(si legge A muzzo B) 

L'insieme M è dunque una generalizzazione dei risultati di tutte le operazioni con gli insiemi e può anche essere vuoto. Come nota l’amico Gae Spes commentando il lavoro dell’anonimo, “Tutte le operazioni insiemistiche (inclusa la complementazione rispetto al muzzo massimale A∪B) sono leggi di composizione interna di A ɱ B. Rimarchevole il fatto che l'insieme delle parti di un insieme A è suggestivamente determinabile tramite l'operazione "muzzo": P(A) = A ɱ A = A ɱ Ø”. Detto in altre parole, tutte le operazioni con gli insiemi sono sottoinsiemi dell’insieme muzzo, pertanto ogni rappresentazione di un’operazione con gli insiemi è contemporaneamente una rappresentazione di M.





L’insieme assai vuoto, o il nulla 

Un insieme che non possiede elementi è detto insieme assai vuoto ₦ se è talmente illimitato, ineffabile e indicibile da non poter essere rappresentato con un contorno di Eulero-Venn. A ₦ non è applicabile il teorema di esistenza e unicità dell'estensione e possiede cardinalità ancor più nulla che il banale insieme vuoto. L’insieme assai vuoto è la rappresentazione matematica del nulla più assoluto, del non-essere parmenideo, del non-esserci-del-tutto, dell’en-sof di cui tutti gli altri insiemi, compreso l’insieme vuoto, sono emanazioni. 


Il concetto di insieme assai vuoto non è la stessa cosa che il concetto di insieme vuoto. Mentre il secondo è un insieme che non contiene niente al suo interno, tuttavia è qualcosa, l’insieme assai vuoto non è nulla, è un contenitore di oggetti privo di oggetti e anche del contenitore. 

Il filosofo della mente inglese Jonathan Lowe ha osservato a proposito dell’insieme vuoto che "Tutto ciò di cui siamo a conoscenza riguardo all'insieme vuoto è che (1) è un insieme, (2) non ha elementi, e (3) è unico tra tutti gli insiemi che non hanno elementi. Però esistono molte cose che "non hanno elementi" nel senso della teoria degli insiemi - e cioè tutti i non-insiemi. È chiaro il motivo per cui questi oggetti non hanno elementi: perché non sono insiemi. Ciò che non è chiaro è come possa esistere, in modo univoco tra gli insiemi, un insieme che non ha elementi. Non possiamo evocare una tale entità semplicemente per accordo"

L’insieme assai vuoto è la risposta a queste considerazioni e apre alla teoria degli insiemi anche lo studio di cose che non sono insiemi, come l’epica norrena, la pesca con la mosca, l’esistenza di Dio o la formazione professionale.

martedì 7 agosto 2012

Un illuminato

IDIOT 

Some say I am an idiot, 
Some say I am a total nut, 
Some say I am lazy, 
Some say I am crazy. 

I care and I really don’t care what they say, 
Patiently I have to accept what comes my way. 

I know I am going to die soon, 
That will be my biggest boon. 
My life like a candle has been lit, 
Suicide sadly is forbidden to commit. 

Fool make money some people shout, 
Poetry you will die broke without a doubt. 
I must write I keep telling them, 
I have been given the signs to use the pen. 

IDIOTA 

Alcuni dicono che sono un idiota, 
alcuni dicono che sono uno svitato totale, 
alcuni dicono che sono indolente, 
alcuni dicono che sono matto. 

Tengo conto e davvero non tengo conto di ciò che dicono, 
pazientemente devo accettare ciò che mi capita. 

So che presto morirò, 
che sarà la mia più grande fortuna, 
la mia vita come una candela è stata accesa, 
commettere suicidio purtroppo è proibito. 

Gli sciocchi fanno soldi qualcuno grida, 
poesia tu morirai in miseria senza dubbio. 
Io devo scrivere, devo continuare a dire loro, 
che mi sono stati dati i segni di usare la penna. 

L’autore si chiama Mohit Kailashnath Misra, che si definisce un poeta-filosofo di Pune, India. Dopo il diploma in scienze, ha lavorato nella marina mercantile come ufficiale di coperta sulle petroliere. Durante un viaggio dal Sudafrica al Sudamerica, all’età di 24 anni, entrò in uno stato di samadhi, o illuminazione. nel mezzo dell’Oceano Atlantico, mentre stava praticando una meditazione. All’età di 33 anni è diventato poeta a tempo pieno e ha dedicato gli ultimi anni a scrivere il libro. Sostiene che “Fu una chiamata profonda e mi furono dati segnali persistenti dall’universo affinché diventassi poeta per condividere la conoscenza divina che ho ricevuto, al fine di sollevare l’umanità e unire le religioni”

In una presentazione forse scritta dallo stesso Misra, la sua raccolta di poesie Ponder Awhile, “Rifletti un momento”, (2006) è descritta come “elaborata classicamente al modo dei saggi”, che “ci fa partecipi delle complessità della vita come una semplice e accessibile dose di roba dello spirito e dell’anima" (sic: a simple and accessible dose of spirit and soul stuff). Ogni strofa delle 51 poesie del libro “getta una luce sulla nuova alba della parola illuminazione”. Le poesie sono “necessarie, irresistibili e evolute”. Il poeta “incoraggia l’introspezione, la scelta, la mediazione e la ricerca di un significato più profondo”, ecc. ecc. ecc. 

Insomma, un altro che ci prova, dopo Osho Raineesh e il Maharishi Mahesh Yogi, quello che incantò per un certo tempo i Beatles e Mick Jagger, per una volta uniti nella ricerca spirituale. Mi viene in mente cosa scrisse Paul McCartney dopo la sbornia Hippy-Hare-Krishna-Hare-Hare: 

Day after day, 
Alone on a hill, 
The man with the foolish grin is keeping perfectly still 
But nobody wants to know him, 
They can see that he's just a fool, 
And he never gives an answer, 
But the fool on the hill, 
Sees the sun going down, 
And the eyes in his head 
See the world spinning 'round.

 

Qualcuno nei commenti all’opera ha paragonato Misra a Kalil Gibran, ma proprio non mi sembra il caso: siamo agli antipodi come cultura e talento poetico. Io penso che la poesia che ho riprodotto sia la cifra della sua attitudine. Di certo sulla petroliera in mezzo all’Atlantico non fu toccato dalle Muse.

venerdì 27 aprile 2012

Giocando con i narcisi


I wandered lonely as a cloud

I wandered lonely as a cloud
That floats on high o'er vales and hills,
When all at once I saw a crowd,
A host, of golden daffodils;
Beside the lake, beneath the trees,
Fluttering and dancing in the breeze.

Continuous as the stars that shine
And twinkle on the milky way,
They stretched in never-ending line
Along the margin of a bay:
Ten thousand saw I at a glance,
Tossing their heads in sprightly dance.

The waves beside them danced; but they
Out-did the sparkling waves in glee:
A poet could not but be gay,
In such a jocund company:
I gazed -and gazed -but little thought
What wealth the show to me had brought:

For oft, when on my couch I lie
In vacant or in pensive mood,
They flash upon that inward eye
Which is the bliss of solitude;
And then my heart with pleasure fills,
And dances with the daffodils.

(William Wordsworth, 1802)



Adattamento con rima

Solo vagavo come nuvola sospesa
che alta fluttua su colline e valli,
quando di colpo vidi una distesa,
un esercito, di narcisi gialli;
accanto al lago, sotto le fronde,
danzanti alla brezza in lente onde.

Fitti come splendenti stelline
nella Via Lattea tremolanti,
distesi in una linea senza fine
intorno alla baia, lungo i versanti;
diecimila ne vidi con un’occhiata
che ninnavano i capi in danza beata.

Accanto ad essi un ballo d’onde lucenti,
ma essi le superavano in allegria:
un poeta davvero gode i momenti
in tale gioconda compagnia;
Fissavo e fissavo ma poco ho pensato
a qual bene la scena mi ha dato;

ché spesso, quando giaccio per ore
in assente o pensosa attitudine,
essi balenano in quell’occhio interiore
che è la grazia della solitudine;
allora di piacere il mio cuore si sazia
e con i narcisi danza e ringrazia.


Haiku

Solo vagavo,
poi vidi i narcisi,
gioia del cuore.


Maltusiano

Daffodillo è quella cosa
che abbonda in Inghilterra:
pei poeti in quella terra
è assai meglio del narcis.



Cronaca

CLAMOROSA VISIONE DI UN POETA
Diecimila narcisi danzanti visti in un colpo solo durante una passeggiata presso la baia di Glencoyne. La sorella minimizza: “Solo qualche decina”. La polizia interroga l’uomo, sospettato di far uso di sostanze allucinogene.



Limerick scientifico

Vagavo nei campi come nuvola solitaria,
esposta al vento e al capriccio dell’aria,
quando vidi i narcisi
che geni ben precisi
rendono gialli per legge ereditaria.


Abstract

DAFFODILS: A JOY TO THE INWARD EYE
William Wordsworth1
To be published in The Lyrical Ballads Journal, 4, 15, 1802

1 Lake District University, Cumberland, GB

Wandering in the fields, a poet saw 104 daffodils (Narcissus, clade Amaryllidoideae). This article reports on the vision of their dance in the breeze which brought and still brings joy to his inward eye.