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lunedì 24 gennaio 2022

L’anno della “nebbia secca”

 


“Verso la metà del mattino di Pentecoste, l'8 giugno 1783, con tempo sereno e calmo, a nord delle montagne apparve una nebbia nera di sabbia. La nuvola era così estesa che in breve tempo si era diffusa su tutta l'area e così fitta da creare oscurità all'interno. Quella notte si verificarono forti terremoti e scosse”. 
Inizia così il resoconto del testimone oculare di uno degli episodi più straordinari di cambiamento climatico mai visti. Fu scritto dal pastore luterano Jon Steingrimsson (1728–1791), nel distretto di Sida, nel sud dell'Islanda. Alle nove di quella mattina, la terra si aprì lungo una fessura vulcanica di 25 chilometri detta Laki o Lakagígar, tra i ghiacciai di Mýrdalsjökull e Vatnajökull, in un'area di faglie che corrono in direzione da sud-ovest a nord-est che costituiscono un prolungamento emerso della dorsale medio-atlantica. All’inizio, l’evento si manifestò violentemente, con esplosioni freatomagmatiche a causa dell'interazione delle acque sotterranee con il magma basaltico ascendente. Dopo pochi giorni, le eruzioni divennero meno esplosive, di carattere stromboliano e successivamente hawaiano, con alti tassi di effusione lavica. per un periodo di otto mesi tra il giugno 1783 e il febbraio 1784, liberando circa 42 miliardi di tonnellate (14 chilometri cubi) di lava basaltica e aerosol solforici e nubi di acido fluoridrico che contaminarono il suolo, provocando la morte di oltre la metà del bestiame islandese e la distruzione della stragrande maggioranza di tutti i raccolti. Si stima che le fontane di lava abbiano raggiunto altezze comprese tra 800 e 1.400 metri. I gas, tra cui circa 8 milioni di tonnellate di fluoro e circa 120 milioni di tonnellate di anidride solforosa, furono trasportati dalla colonna eruttiva convettiva fino ad altezze di circa 15 km, oltre il limite della troposfera. Si stima che circa il 20-25% della popolazione islandese sia morta durante la carestia che fu provocata dalle eruzioni della fessura. Circa l'80% degli ovini, il 50% dei bovini e il 50% dei cavalli morì a causa della fluorosi dentale e della fluorosi scheletrica provocate dal consumo dell'erba contaminata. Fu la più grande calamità nella storia dell'Islanda. 


Jón Steingrimsson non aveva dubbi: l'eruzione era “il castigo del Signore”. La quarta domenica dopo Pentecoste, il 20 luglio 1783, con la lava che avanzava a valle verso la sua chiesa “che tremava e tremava per il cataclisma”, raccolse il suo gregge per il servizio domenicale, come al solito: 
“In quest'ultima settimana, e nelle due precedenti, piovve dal cielo più veleno di quanto le parole possano descrivere: cenere, frammenti di lava, pioggia piena di zolfo e salnitro, il tutto misto a sabbia. I musi, le nari e i piedi del bestiame che pascolava o camminava sull'erba diventavano di un giallo brillante e erano scorticati. Tutta l'acqua è diventata tiepida e di colore azzurro e le frane di ghiaia sono diventate grigie. Tutte le piante della terra sono bruciate, appassite e ingrigite, una dopo l'altra, mentre il fuoco aumenta e si avvicina ai villaggi”. 
"L’alluvione di fuoco", scrive Steingrimsson, "scorreva alla velocità di un grande fiume gonfio di acqua di disgelo in un giorno di primavera". Quando il flusso di lava scorreva nell'acqua o nelle paludi, "le esplosioni erano forti come se fossero stati sparati molti cannoni contemporaneamente". Quando colpiva un ostacolo, come i vecchi campi di lava, grandi getti di roccia fuso erano lanciati in aria, schizzando di nuovo a terra, "come moscerini"

“Sia io che tutti gli altri nella chiesa non avevamo assolutamente paura”, scrisse. "Nessuno ha mostrato segni di impazienza durante il servizio, che avevo fatto leggermente più lungo del solito." All'uscita, i fedeli scoprirono che due fiumi, bloccati dalla colata lavica, avevano cambiato corso e si erano uniti, bagnando la lava e fermandola a pochi metri dalla porta della chiesa. (Due secoli dopo, gli islandesi hanno creato lo stesso ostacolo con mezzi artificiali per salvare una città minacciata da un'altra eruzione.) "Da quel giorno in poi l'incendio non ha danneggiato in alcun modo la mia parrocchia". Il “miracolo del sermone del fuoco" divenne ben noto anche al di fuori dell’isola. 

Nel giro di pochi giorni, il Laki aveva prodotto un vasto pennacchio di pioggia acida, che incombeva sui cieli dell'Islanda meridionale. Ma i danni subiti dall'Islanda furono solo l'inizio di una scia di distruzione molto più grande, che sarebbe poi arrivata dall'altra parte del mondo. L'emissione di gas diede origine a ciò che da allora è diventata nota come la "nebbia di Laki" in tutta Europa. L'eruzione di Laki e le sue conseguenze causarono un drammatico calo delle temperature globali. Ciò provocò la rovina dei raccolti in Europa e alterò il clima in tutto il mondo. 


Nel normale corso degli eventi, i venti prevalenti avrebbero spinto questo pennacchio velenoso verso nord, verso il Circolo Polare Artico. Ma l'estate del 1783 non era normale. Un’area stabile di alta pressione gravava sull'Europa nord-orientale, trascinando i venti, e la nuvola di Laki, a sud-est, verso la terraferma europea. 

Ciò che accadde dopo può essere ricostruito nei minimi dettagli perché alla fine del Settecento i diari erano di moda tra i ceti medi appena alfabetizzati e la circolazione dei giornali era in aumento anche nei piccoli centri; c'era anche un crescente interesse scientifico per il mondo naturale, con dilettanti istruiti che tenevano note dettagliate dei fenomeni naturali. Da tali registrazioni, si può tracciare il corso della nuvola di Laki letteralmente giorno per giorno (vedi mappa). 


Il 10 giugno, il poeta islandese Sæmundur Magnusson Holm scriveva all’Università di Copenaghen che la caduta di cenere colorava di nero il ponte e le vele delle navi in viaggio verso la Danimarca. Lo stesso giorno, un pastore luterano in Norvegia, Johan Brun, riferì che la cenere caduta aveva seccato l'erba e le foglie a Bergen. La nuvola velenosa si spostò a Praga nel Regno di Boemia entro il 17 giugno, a Berlino entro il 18 giugno, a Parigi entro il 20 giugno. La nebbia era così fitta che le barche rimasero in porto, incapaci di navigare, e il sole era descritto come "colore del sangue". Il matematico boemo Anton Strnad riferì che "la nebbia secca" era salita lungo il fiume Moldava fino a Praga, mentre il matematico svizzero Nicolaus von Beguelin riferì la sua prima apparizione a Berlino il giorno successivo. “Il sole”, scrisse, “era opaco nel suo splendore e colorato come se fosse stato intriso di sangue”


Prima del 18 giugno i venti sembravano aver spinto le nuvole a sud e a ovest. Il botanico ed esploratore Robert de Lamanon scrisse da Laon, nel nord della Francia, che "la nebbia era fredda e umida, con il vento proveniente da sud, e si poteva facilmente guardare il sole con un telescopio senza un lente”. De Lamanon disse che la nebbia,"come qui i più vecchi non hanno mai visto prima”, apparve per la prima volta quel giorno a Parigi, Torino e Padova, da dove l’abate naturalista e meteorologo Giuseppe Toaldo scrisse che tutto il nord Italia era coperto dalla nebbia e odorava di zolfo: 
“Ma due fenomeni particolari si presentano da esser memorati, la Nebbia, ed i Fulmini. Nel giorno 18, dopo un temporale della mattina in seguito d’altri, apparve dopo mezzodì il Sole bianco e smorto, per una sottile caligine sparsa nell’alto dell’Atmosfera, la quale nei successivi giorni andò sempre più condensandosi, né si dileguò punto da qualche temporale trammezzo, come quello de’ 26 mattina, che diede tante Saette in tutta la linea de’ monti da un mare all’altro. Dura ancora in questi primi giorni di luglio, anzi sembra farsi più folta, almeno in certe ore. Non toglie la vista del Sole, nè delle Stelle maggiori, se non presso l’Orizzonte. Scorgesi il Sole ad occhio nudo, come se si mirasse coi vetri colorati, e affumicati, tinto di varj colori, secondo la varia densità della Caligine, che lascia passare questa, o quella specie di raggi, generalmente i più forti, i gialli, ed i rossi, parendo quindi un globo infuocato, o color di sangue, e dando occasione alle fantasie riscaldate, e rozze di vedervi figure varie, teste umane, o d’animali come nelle nuvole. Per lo più appariva in alto pallido, e bianco per la scarsezza de’ raggi d’ogni colore trasmessi, o soppressi parzialmente, al basso rosso, non passando che questa specie di raggi più forti per il lungo tratto orizzontale che la luce dovea valicare”. (Osservazioni Meteorologiche del mese di giugno 1783, con un discorsetto sulla Nebbia straordinaria, ed influenza de’ Fulmini nella presente Stagione)
La prima menzione della nube in Gran Bretagna è del 22 giugno, quando il botanico Henry Bryant scrisse al Norfolk Chronicle che "c'era un'oscurità insolita nell'aria, con calma mortale e rugiada molto abbondante". Gilbert White, un pastore anglicano dell'Hampshire, annotò nei suoi diari del 23 che "i fili di grano in diversi campi sono diventati gialli e sembrano bruciati dal gelo"

ll 26 giugno, Leonhard Euler, il grande matematico svizzero, riferì di una "nebbia secca" a San Pietroburgo. Entro la fine del mese, la nuvola aveva raggiunto Mosca e Tripoli in Siria, secondo Simeon Pieter van Swinden della Società meteorologica olandese, le cui "Osservazioni sulla nuvola apparse nel 1783" riferiscono che "una nebbia molto densa copriva sia la terra che il mare; il sole si vedeva di rado, e sempre con un colore sanguinante, cosa rara in Siria”. Infine, il 1° luglio, la nebbia apparve a Baghdad e sui monti Altai, secondo il geologo e mineralogista russo Нans Mikael Renovantz, che riferì di gelate fuori stagione in Asia centrale. 

A quel punto, in Europa, la nuvola si era addensata. Dopo la sua iniziale effusione, Laki eruttò nuovamente, più violentemente, l'11 giugno e con ancor maggiore forza il 14. Ferenc Weiss, un meteorologo ungherese, aveva ragione a ipotizzare che "la fitta nebbia veniva continuamente alimentata"

Quando la nuvola si avvicinò all'Europa occidentale, fu risucchiata a spirale verso la superficie terrestre, producendo una fitta nebbia vicino al livello del suolo. A metà luglio, la “nebbia secca” si era posata sull'Europa come una coperta; doveva rimanere lì per tutta l'estate. 

Spesso la situazione provocava allarme e terrore, e quindi il ricorso alla religione: “Alcuni temono di andare a letto, aspettandosi un terremoto; alcuni affermano che [il sole] non sorge né tramonta dove ha sempre fatto, e affermano con grande sicurezza che il giorno del giudizio è vicino", scrisse il poeta inglese, William Cowper. I parrocchiani vicino a Broué, nel nord della Francia, trascinarono il loro sacerdote fuori dal letto e lo obbligarono a compiere un rito di esorcismo sulla nuvola. Dopo che le piogge ebbero portato un sollievo temporaneo ad Anversa, la Gazette van Antwerpen riferì che si erano tenute preghiere pubbliche per portarne di più. 

L'allarme e l'incomprensione non erano confinati agli analfabeti. Il governo britannico, temendo una epidemia di peste, elaborò piani per chiudere i porti al traffico dal continente. Né le paure popolari erano semplici superstizioni. I registri parrocchiali delle Midlands inglesi rivelano un picco nel numero di morti nei mesi di luglio e agosto 1783, sebbene l'estate sia normalmente il periodo di mortalità più bassa nelle società agricole. Circa 23 mila inglesi in più della media morirono quell'anno, raddoppiando il normale bilancio delle vittime. In Francia, secondo alcune stime, quell'estate morì il 5% della popolazione. Insolitamente, le morti comprendevano giovani uomini e donne che lavoravano nei campi, respirando aria inquinata in un caldo soffocante. 

In generale, però, “i Connoscenti” (termine di Cowper) cercavano spiegazioni razionali per la nebbia, piuttosto che le consolazioni della religione. A Parigi, i meteorologi "desiderosi di fare alcune osservazioni dell'atmosfera, fecero volare una specie di aquilone a grande altezza, dopodiché fu trascinato dentro, coperto di innumerevoli piccoli insetti neri". In un apparente tentativo di placare il panico, l’astronomo francese, Jérome de Lalande, scrisse un articolo in cui affermava che il tempo insolito non era "nient'altro che l'effetto molto naturale di un sole caldo dopo un lungo periodo di pioggia battente" (si sbagliava). Ovunque, uomini istruiti lasciarono descrizioni dettagliate della copertura nuvolosa; dell'aspetto insolito del sole ("ferruginoso" diceva White; "il volto di una calda salamandra" diceva Cowper); e della bruciatura delle foglie e dell'erba e dello stato delle messi e del bestiame. 

In Europa, l'estate del 1783 fu insolitamente calda, la più calda registrata in Inghilterra prima del 1995. White definì la stagione "una stagione straordinaria e portentosa, piena di fenomeni orribili" e si lamentò del numero anomalo di vespe. 

Quel che è più certo è che, in alto nell'atmosfera, i gas vulcanici filtravano parte della radiazione solare anche dopo che la nuvola si era dissipata a livelli più bassi. Questa diffusione doveva avere un impatto maggiore sul clima rispetto alla stessa nuvola estiva. Gli inverni che seguirono l'eruzione del Laki furono tremendamente freddi. 

All'epoca, solo alcune persone sospettavano che la colpa fosse del vulcano. Benjamin Franklin, allora ambasciatore d'America a Parigi, scrisse alla Società Letteraria e Filosofica di Manchester che:
“Durante molti dei mesi estivi dell'anno 1783, quando l'effetto dei raggi solari per riscaldare la terra in queste regioni settentrionali avrebbe dovuto essere maggiore, esisteva una nebbia costante su tutta l'Europa e gran parte del Nord America. Questa nebbia era di natura permanente; era secca, ed i raggi del sole sembravano avere scarso effetto nel dissiparla, come fa facilmente una nebbia umida, che nasce dall'acqua [...] Naturalmente, il loro effetto estivo nel riscaldare la Terra era estremamente diminuito. Quindi la superficie è stata presto congelata. Quindi le prime nevi rimasero su di esso non sciolte e ricevettero continue aggiunte. Quindi l'aria era più fredda e i venti più freddi. Quindi forse l'inverno 1783-1784 fu più rigido di qualsiasi altro che fosse accaduto per molti anni. La causa di questa nebbia universale non è ancora accertata [...] o se sia stata la grande quantità di fumo, che da tempo continuava, a emettere durante l'estate da Hekla in Islanda, [o da un vulcano vicino] che sorse dal mare vicino a quell'isola, il cui fumo potrebbe essere sparso da vari venti, sulla parte settentrionale del mondo”. 
Si sbagliava di pochi chilometri. Secondo i documenti contemporanei, il vulcano Hekla non eruttò nel 1783; la sua precedente eruzione risaliva al 1766. L'eruzione della fessura di Laki avvenne 72 km a est, e il vulcano Grímsvötn stava eruttando a circa 121 km a nord-est. Katla, a soli 50 km a sud-est, era ancora rinomata dopo la sua spettacolare eruzione 28 anni prima nel 1755. 

In media, le temperature in Europa nel 1784 furono di circa 2°C al di sotto della norma della seconda metà del XVIII secolo; e, più vicino all'Islanda, maggiore era l'impatto. La stessa Islanda era quasi 5°C più fredda del normale e vide il periodo di ghiaccio marino più lungo mai registrato intorno all'isola. Berlino e Ginevra, a circa 1.300 miglia di distanza, erano 2°C al di sotto del normale, mentre l'anomalia a Vienna, a 1.700 miglia da Laki, era di soli 1,5°C. Stoccolma e Copenaghen, le città più vicine a poco più di 1.000 miglia di distanza, videro le temperature scendere di oltre 3°C. 

L'inverno 1783-1784 fu molto rigido; il naturalista Gilbert White a Selborne, nello Hampshire, riferì di 28 giorni di gelo continuo. Prima: 
“L'estate dell'anno 1783 fu sorprendente e portentosa, e piena di orribili fenomeni; poiché oltre alle allarmanti meteore e ai tremendi temporali che hanno spaventato e angosciato le diverse contee di questo regno, la peculiare nebbia, obnebbia fumosa, che ha prevalso per molte settimane in quest'isola, e in ogni parte d'Europa, e anche oltre i suoi limiti, era un aspetto più straordinario, a differenza di tutto ciò che è noto nella memoria dell'uomo. Dal mio diario scopro di aver notato questo strano avvenimento dal 23 giugno al 20 luglio compresi, periodo durante il quale il vento variava da ogni trimestre senza alterare l'aria. Il sole, a mezzogiorno, sembrava vuoto come una luna offuscata, e diffondeva una luce ferruginosa color ruggine sul terreno e sui pavimenti delle stanze; ma era particolarmente lurido e color sangue al sorgere e al tramontare. Per tutto il tempo il caldo era così intenso che la carne dei macellai difficilmente poteva essere mangiata il giorno dopo essere stata uccisa; e le mosche sciamavano così nei viottoli e nelle siepi che rendevano i cavalli quasi frenetici e irritanti nel cavalcare. La gente di campagna cominciò a guardare, con superstizioso timore reverenziale, l'aspetto rosso e splendente del sole [...] 
Si stima che l'inverno estremo abbia causato ottomila morti in più nel Regno Unito. Durante il disgelo primaverile, la Germania e l'Europa centrale riportarono gravi danni causati dalle inondazioni.

L'impatto meteorologico di Laki continuò, contribuendo in modo significativo a diversi anni di condizioni meteorologiche estreme in Europa. In Francia, la sequenza di eventi meteorologici estremi includeva un raccolto fallito nel 1785 che causò miseria per i lavoratori rurali, ma anche siccità, inverni ed estati difficili. In molti sostengono che questi eventi contribuirono in modo significativo a un aumento della povertà e della carestia che potrebbe aver indirettamente portato alla Rivoluzione francese nel 1789. 

Oltre l'Europa, l’influenza di Laki sembra aver operato anche su maggiori distanze. Gli effetti di dispersione della luce dei gas vulcanici nell'alta atmosfera ridussero la quantità di energia solare che raggiunge la Terra e interruppero il normale rapporto tra le temperature, sia ai livelli superiore e inferiore dell'atmosfera, sia tra i poli e l'equatore. Queste interruzioni indebolirono le correnti a getto occidentali, alteravano i monsoni e influenzarono il tempo in tutto l'emisfero settentrionale. 

Gli Stati Uniti orientali subirono uno degli inverni più lunghi e freddi, con temperature di quasi 5°C al di sotto della media. George Washington, che aveva appena sciolto il suo esercito vittorioso e si era ritirato a Mount Vernon, si lamentò di essere stato "rinchiuso" lì da neve e ghiaccio tra la Vigilia di Natale e l'inizio di marzo. James Madison scrisse dalla sua casa in Virginia: 
"Abbiamo avuto una stagione più rigida e in particolare una quantità di neve maggiore di quella che si ricorda abbia contraddistinto qualsiasi inverno precedente. Il fiume San Lorenzo gelò per una dozzina di miglia nell'entroterra. A Charleston, nella Carolina del Sud, che al giorno d'oggi si ferma a causa di una leggera spolverata di neve, il porto si è congelato abbastanza da poter continuare a pattinare. La cosa più straordinaria di tutte, i banchi di ghiaccio galleggiano lungo il Mississippi, oltre New Orleans e nel Golfo del Messico”. 

Gli Stati Uniti orientali si ripresero abbastanza rapidamente, ma i luoghi più lontani non furono così fortunati. Il Giappone subì una delle tre peggiori carestie della sua storia nel 1783-86, quando un freddo eccezionale distrusse il raccolto del riso e morì ben un milione di persone. In Giappone questa carestia è solitamente attribuita a un'altra eruzione vulcanica, quella del Monte Asama, ma il suo impatto è stato piccolo rispetto a quello di Laki. 

Le prove degli anelli di accrescimento degli alberi dagli Urali, dalla penisola di Yamal in Siberia e Alaska suggeriscono tutte che le aree settentrionali vissero la loro estate più fredda da 400 a 500 anni. La storia orale della tribù Kauwerak dell'Alaska nord-occidentale chiama il 1783 "l'anno in cui l'estate non venne"; la tribù fu quasi spazzata via. 

A causa dell'interruzione dei monsoni, le precipitazioni nel bacino del Nilo diminuirono di quasi un quinto e in quello del Niger di oltre un decimo. Nei suoi “Viaggi attraverso la Siria e l'Egitto”, il conte Constantine Volney, orientalista francese, scrisse che “la piena [del Nilo] del 1783 non fu sufficiente, gran parte delle terre, quindi, non poteva essere seminata per mancanza di irrigazione. Nel 1784, il Nilo di nuovo non raggiunse un'altezza favorevole e la carenza divenne ancor più drammatica. Poco dopo la fine di novembre, la carestia portò via al Cairo quasi tante vite quante la peste”. Nel gennaio 1785, scriveva, un sesto della popolazione egiziana era morto o era fuggito. 

In Europa, l'eruzione del Laki non lasciò un segno indelebile. Nel giro di pochi anni, le condizioni meteorologiche tornarono alla normalità e gli europei dimenticarono la straordinaria "nebbia secca". Ma in retrospettiva, l'eruzione può essere vista per esemplificare alcune verità sul cambiamento climatico. 

I gas inquinanti possono modificare molto le temperature globali (in questo caso raffreddando, non riscaldando). I gas vulcanici possono fare tanto danno quanto qualsiasi attività umana. Ma la nuvola velenosa era solo una parte della storia. Anche i modelli meteorologici sono importanti. Anticicloni stabili hanno portato il gas sulla Terra in Europa e le correnti stratosferiche lo hanno poi diffuso su un terzo del globo. E le connessioni tra inquinamento e condizioni meteorologiche sono complesse e imprevedibili: le persone all'epoca capivano il legame tra il vulcano e la nebbia, ma non il collegamento con gli eventi dall'altra parte del globo. Le società furono colpite in modo molto diverso: l'impatto fu modesto nella maggior parte dell'Europa, ma devastante in Egitto, Giappone e Alaska. Infine, le persone reagirono alle perturbazioni ambientali in modi che furono essi stessi dirompenti. Viviamo in un sistema complesso e vulnerabile.. 

Mentre gli islandesi lottavano per tornare alla normalità nell'estate del 1785, il sovrintendente del paese ordinò che i poveri dei distretti vicini fossero trasferiti nell'area di Steingrimsson, sebbene non ci fosse cibo. In preda alla disperazione, disse, 
“abbiamo tenuto consiglio e abbiamo deciso di dirigerci a est verso le spiagge. Un uomo solo che era lì davanti a noi, un contadino di Stapafell chiamato Eirikur, quel giorno aveva ucciso a bastonate 70 foche adulte e 120 cuccioli sulle spiagge. Ho celebrato un servizio a Kalfafell nel bel tempo che abbiamo vissuto durante quel periodo, in cui tutti noi abbiamo ringraziato volentieri Dio per la Sua misericordia nel provvedere così riccamente per noi in questa terra arida e nel rimuovere così piacevolmente tutta la carestia e la morte che altrimenti attendevano”

L'eruzione di Laki dimostra che le eruzioni basaltiche a bassa energia, di grande volume e di lunga durata possono avere impatti climatici maggiori delle eruzioni esplosive ricche di silice di grande volume. Il contenuto di zolfo dei magmi basaltici è 10-100 volte superiore a quello dei magmi ricchi di silice.

sabato 2 marzo 2019

La grigia estate del 1816


Questa storia inizia nell’aprile 1815 nella lontana isola indonesiana di Sumbawa, dove il vulcano Tambora, uno dei più pericolosi della Terra, si risvegliò dopo una lunga fase di quiescenza, con esplosioni intense e abbondanti emissioni di cenere che oscurarono il cielo dell'intera regione per giorni e provocarono potenti accumuli su tutti i villaggi circostanti. Tre mesi di simili manifestazioni violente provocarono nel Tambora una diminuzione di quota di 1.300 metri; da più dei 4.100 metri originari, l’edificio vulcanico era passato agli attuali 2.850. Complessivamente, vennero proiettati in aria circa 150 miliardi di metri cubi di roccia, cenere e altri materiali, oltre a impressionanti quantità di gas, soprattutto anidride solforosa (SO2). Le continue esplosioni crearono catastrofi in aree lontane anche più di mille chilometri, con una stima di 60-70 mila morti, dovuti sia direttamente all'esplosione che alle pesanti carestie che seguirono il disastro.

L'eruzione del Tambora si andava ad aggiungere ad altri eventi vulcanici recentissimi: nel 1812 era esploso con violenza il Soufrière, nei Caraibi, mentre nel 1814 fu il Mayon, nelle Filippine, ad entrare in attività. Tutte queste eruzioni sparsero enormi quantitativi di cenere e polvere nell'atmosfera, producendo un denso "velo" di polvere vulcanica nella stratosfera, che schermò parte dei raggi solari negli anni successivi, provocando un drammatico raffreddamento del clima terrestre. Agli effetti delle polveri si aggiunsero quelli dell’anidride solforosa che, quando raggiunge la stratosfera, si trasforma in particelle di acido solforico che riflettono i raggi solari, riducendo così ulteriormente la quantità di radiazione solare che raggiunge il suolo terrestre. Inoltre, l’emisfero settentrionale stava attraversando una fase fredda chiamata “piccola età glaciale”, iniziata a metà del XIV secolo e durata fino alla metà del XIX, con temperature medie inferiori a quelle odierne. Come somma di queste circostanze, il pianeta conobbe un'epoca di estati mancate ed inverni gelidi, che ebbero come effetto scarsissimi raccolti e un impoverimento considerevole di vaste aree del pianeta. Il 1816, l'anno successivo all'eruzione, fu ricordato come l'anno senza estate.


Le inusuali condizioni climatiche del 1816 furono disastrose nell'America nord-orientale, e nell’Europa centro-settentrionale, dove la primavera e l’estate furono segnate da grandi tempeste, piogge continue e insistenti, inondazioni, così come da nevicate inusuali e la presenza di ghiaccio in agosto. Il cielo era quasi sempre grigio e talvolta con riflessi giallo-brunastri, come è ben rappresentato dai quadri dipinti in quel periodo da William Turner. 


I raccolti furono distrutti e molti capi di bestiame morirono. Il continente, che stava ancora riprendendosi dalle guerre napoleoniche, soffrì per la mancanza di cibo: in Gran Bretagna e in Francia ci furono rivolte per il cibo e i magazzini di grano vennero saccheggiati. Anche nella pacifica Svizzera si registrarono violenze tali da indurre il governo a dichiarare l'emergenza nazionale.


Proprio in Svizzera si trovava nell’estate di quell’anno il poeta e pari del Regno George Gordon Noel Byron, meglio noto come Lord Byron (1788 –1824). Il suo carattere difficile, le sempre più insistenti accuse di bisessualità, altri scandali di ordine morale (incesto con la sorellastra Augusta Maria, dalla quale ebbe una figlia, adulterio, sodomia, amore libero e altro ancora), la vita sentimentale assai poco regolare e la ostentata eccentricità lo avevano circondato di un diffuso sospetto, se non una vera e propria antipatia, tra i membri dell’élite aristocratica e letteraria che frequentava. Così, il 25 aprile, subito dopo la separazione dalla moglie Annabelle (la madre di Ada, futura contessa Lovelace) era partito per un secondo Gran Tour nell’Europa meridionale dopo quello intrapreso tra il 1809 e il 1811. Non avrebbe più rivisto la madrepatria.


Giunto sul lago di Ginevra, si stabilì, insieme al fedele domestico William Fletcher e al giovane medico personale John Polidori, nell'elegante villa Diodati, a Cologny. In una villa non molto distante, alla Maison Chapuis, fu raggiunto in giugno da Percy Bysshe Shelley (1792 – 1822), la sua futura moglie Mary Godwin Wollstonecraft (1797 – 1851) e la sorellastra di lei, Claire Clairmont (1798–1879), allora amante di Byron, incinta di lui e organizzatrice dell’incontro. In quel periodo Byron aveva perso interesse per Claire ma in Percy Shelley trovò un buon amico. Shelley scrisse che la vicinanza di Byron lo portò a raggiungere una propria espressione poetica, e che, un giro in barca fatto insieme, lo ispirò a scrivere l’Inno alla Bellezza Intellettuale.

Il tempo inclemente di quella “gloomy summer” limitò le possibilità della comitiva di fare gite nei dintorni o sul lago. Passavano le serate a leggere insieme un’antologia tedesca di racconti di fantasmi, Fantasmagoriana, finché, il 16 giugno, a Byron venne l’idea di invitare gli amici a scrivere una storia terrificante da leggere nelle sere successive. Il genere “gotico” (caratterizzato da storie soprannaturali di solito ambientate in edifici e cimiteri medievali) era iniziato in Inghilterra con il grande successo de Il castello di Otranto (1765) di Horace Walpole, cui fecero seguito i romanzi di Ann Radcliffe, il cui Misteri di Udolpho (1794) è tra i migliori esempi del genere. Un tipo più fantastico di romanzo gotico che sfruttava horror e violenza fiorì in Germania e fu introdotto in Inghilterra da Matthew Gregory Lewis con Il Monaco (1796).

Non sappiamo se tutti aderirono, né che cosa scrissero. Di certo c’è che in quelle cupe giornate estive del 1816 nacquero in bozza due dei libri più importanti del genere gotico, che, per motivi diversi, lo hanno superato, diventando delle riflessioni sulla condizione umana: Il Vampiro di John Polidori e Frankenstein di Mary Godwin Shelley.


 La biografia di John William Polidori (1795 - 1821) è da sola un romanzo gotico, soprattutto verso la fine. Era figlio di Gaetano Polidori, un letterato toscano che era stato segretario di Vittorio Alfieri, emigrato in Inghilterra e stabilitosi a Londra come insegnante di italiano. John, la cui sorella Frances avrebbe sposato l’esiliato Gabriele Rossetti, fu lo zio dei fratelli Rossetti, tra i quali Dante Gabriel e Christina Georgina, nati dopo la sua morte.

Polidori fu educato in una scuola cattolica nello Yorkshire, e successivamente frequentò l'Università di Edimburgo, dove studiò medicina, scrivendo una tesi sul tema molto romantico del sonnambulismo. Ottenne la laurea alla giovane età di 19 anni. L'anno successivo, ancora non ancora legalmente adulto, accompagnò Lord Byron nel viaggio dell’estate del 1816. Il fatto che Byron si sia presto stancato dell'immaturità del suo protetto (“Polly Dolly”) è ben noto, ma Polidori era, in effetti, piuttosto inesperto, scontroso e anche abbastanza piantagrane.

Il giovane, nel settembre dello stesso anno, lasciò la Svizzera per l'Italia, dove viaggiò per molti mesi, tornando in Inghilterra la primavera successiva, ma era scontento della sua professione e pensò di dedicarsi alla giurisprudenza. Nel frattempo, come frutto dell'estate letteraria che aveva passato sul continente, iniziò una breve, ma produttiva carriera di scrittore. La sua prima opera, Un saggio sulla fonte del piacere positivo (1818), manifestò il suo interesse per la psicologia. L'anno successivo pubblicò un volume di poesie, Ximenes, the wreath: and other poems, il romanzo Ernestus Berchtold, e il racconto Il Vampiro.

Quest’opera, ispirata a tradizioni greche e balcaniche, non era certamente un capolavoro, ma stabilì il canone della figura del vampiro come la intendiamo oggi, molto di più del Dracula di Bram Stoker, benché la fama abbia favorito il secondo. Inoltre, essa fu attribuita a Lord Byron quando fu pubblicata sul New Monthly Magazine. Quando scoprì che il racconto stava per essere pubblicato in forma anonima da Byron, Polidori fece di tutto per rivendicare l’opera come sua, ma il sospetto di impostura lo perseguitò da allora in poi.

Il breve romanzo racconta le disavventure del giovane e ricco Aubrey dopo l'incontro con l'enigmatico Lord Ruthven, una creatura gelida e demoniaca, dallo sguardo «grigio e freddo come la morte». Polidori alludeva a Byron stesso, che intendeva sbeffeggiare per una specie di vendetta personale. In Ruthven ci sono già i caratteri che saranno di Dracula, uomo di freddo fascino:
"Nonostante il pallore mortale del suo viso, che mai fu colorato dall’amabile incarnato del pudore, né arrossito da un'emozione vivace, la bellezza dei suoi lineamenti induceva nelle donne l'idea di sedurlo, o di ottenere da lui almeno alcuni segni di ciò che è chiamato affetto”.
Viaggiando con lui a Roma, Aubrey si rende conto che egli possiede un vizio contagioso: il suo "personaggio profondamente depravato" e "i suoi talenti per la seduzione" lo rendono "pericoloso per la società".

Volendo distaccarsi da tale figura, Aubrey va in Grecia, dove si innamora della giovane Ianthe, che gli racconta storie di vampiri. Durante una notte tempestosa, sorprende un uomo che attacca una donna in una casa. Dopo la fuga dell'uomo, scopre inorridito che la donna morta è proprio Ianthe. Tormentato, Aubrey si ammala. È Lord Ruthven che viene a curarlo. Più tardi, durante una spedizione archeologica, Lord Ruthven viene ferito dai briganti. Prima di morire delle sue ferite, Lord Ruthven fa in modo che Aubrey prometta di "non rendere noti a nessun essere vivente [i suoi] crimini e [la] sua morte". Egli giura senza capire. Rovista tra le cose di Lord Ruthven: scopre che è lui ad aver ucciso Ianthe, ed è probabilmente un vampiro.

Aubrey torna a Londra e rimane stupito dall'incontrare Lord Ruthven, vivo e vegeto, sotto il nome di Conte di Marsden. Ruthven ricorda al giovane il suo giuramento. Poco dopo quest'incontro, Ruthven conosce e corteggia la sorella di Aubrey mentre questi, disperato, cade in depressione, e sprofonda nella follia. La sorella di Aubrey e Lord Ruthven si fidanzano; la data delle nozze è fissata per il giorno in cui termina il giuramento. Poco prima di morire, Aubrey scrive una lettera alla sorella, rivelando la natura e il passato di Ruthven. La missiva però non arriva in tempo e i due si sposano. Durante la prima notte di nozze, la sorella di Aubrey viene trovata morta, prosciugata del suo sangue. Ruthven è svanito nel nulla.

L’ultima opera di Polidori, Sketches Illustrative of Manners and Costumes of France, Switzerland, and Italy, resoconto del suo viaggio europeo, fu pubblicata nel 1821 con lo pseudonimo di Richard Bridgens. Quell'agosto, presumibilmente per aver contratto un debito di gioco che non poteva onorare, si suicidò bevendo acido prussico. Aveva venticinque anni.

Mary Shelley crebbe in un ambiente colto e illuminista. Sin da piccola studiò le grandi opere di letteratura, storia e mitologia e studiò francese e latino. Sua madre Mary Wollstonecraft (1759-1797), dopo un'adolescenza passata in una famiglia povera e afflitta dall'alcolismo del padre, si rese indipendente con il lavoro di governante e dama di compagnia e un'istruzione conseguita attraverso studi personali. Nel 1787 si trasferì a Londra e trovò un impiego nel mensile Analytical Review dell'editore e libraio Joseph Johnson. Il suo lavoro le consentì di conoscere il pensiero dei maggiori intellettuali francesi, traducendo articoli degli illuministi d'Alembert, Diderot, d'Holbach, Voltaire, Rousseau (con quest’ultimo fu anche in polemica per la misoginia espressa nell’Émile). In pochi anni divenne un’importante saggista e si affermò come teorica politica influente e controversa. Antesignana del femminismo, Mary Wollstonecraft è nota soprattutto per A Vindication of the Rights of Woman (1792), nel quale sostenne, contro la prevalente opinione del tempo, che le donne non sono inferiori per natura agli uomini, anche se sono socialmente condizionate a un ruolo di inferiorità e di dipendenza. Mary Wollstonecraft sosteneva il diritto delle donne all'autodeterminazione e all'uguaglianza nella sfera intellettuale, pubblica e domestica.


Il padre, William Godwin (1756-1836) individuò nelle istanze politiche sollevate dalla Rivoluzione francese un'opportunità per sviluppare una società egualitaria strutturata sulla ragione, sulla giustizia e sull'educazione universale. La sua casa londinese era frequentata da una cerchia che comprendeva scrittori come Samuel Taylor Coleridge e filosofi naturali come il chimico Humphry Davy, il poeta e medico Erasmus Darwin e il chimico-inventore William Nicholson. Godwin descrisse le sue idee proto-anarchiche e repubblicane nel fondamentale An Inquiry Concerning Political Justice (1793). Godwin e Mary Wollstonecraft si sposarono nel 1797; la figlia Mary nacque il 30 agosto 1797; dopo pochi giorni la madre morì di setticemia in conseguenza del parto.

Nel giugno 1816 Mary Godwin Shelley aveva ancora 18 anni. Quando concepì l’idea di Frankestein, o il Moderno Prometeo, avrebbe detto poi, l’opera le si formò nella mente come in un sogno. "Con gli occhi chiusi ma una visione mentale acuta", ricordò, "ho visto il pallido studioso di arti indecenti inginocchiato accanto alla cosa che aveva messo insieme”.


La storia è nota a tutti: un filosofo naturale e medico (la parola scienziato ancora non esisteva, perché la coniò l’erudito William Whewell nel 1833), Viktor Frankestein, porta in vita, grazie all’elettricità. una creatura con sembianze umane ottenuta assemblando parti di cadaveri, con conseguenze disastrose. La creatura è senza nome, e solo più tardi sarà identificata con il nome del suo creatore: "Frankenstein" arrivò a rappresentare il mostro tanto quanto il suo creatore.

Terminato quando aveva ancora 19 anni, il romanzo, che fu pubblicato due anni dopo, nel 1818, in forma anonima, non è mai andato fuori stampa. Solo nell’edizione del 1831 Mary Shelley comparve come autrice dell’opera. Da allora, ben poche opere letterarie hanno così conquistato l’immaginario comune, anche perché il mito è stato amplificato da altri media come il cinema, il fumetto, la televisione. È bene anche dire che il mostro subì una trasformazione. Da essere sensibile, ragionatore e articolato i cui crimini derivavano dai suoi maltrattamenti per mano dell'umanità, la creatura si trasformò in un bruto, la cui natura violenta e crudele poteva essere intesa solo come il prodotto della scienza che osava usurpare il divino potere della creazione.


In realtà il Frankenstein di Mary Shelley rifletteva l'interesse dei medici e filosofi naturali dell'inizio del XIX secolo per la dissezione umana e gli esperimenti sugli animali, esplorando le possibilità di generare vita, rianimare gli affogati e i morti recenti e rianimare i tessuti morti con l'elettricità. Questi ricercatori cercavano di far progredire l'umanità e porre fine alla morte e alle malattie attraverso le loro indagini sui "segreti della natura". Nella ricerca del principio vitale, Luigi Galvani (1737-1798), professore di anatomia a Bologna, eseguì una gran serie di esperimenti sulla "elettricità animale" negli anni ‘80 e ’90 del Settecento. Il medico Giovanni Aldini somministrò energia elettrica ai corpi di criminali appena giustiziati. La rianimazione di coloro che sembravano morti appassionava molti.


Mary Shelley mette nella bocca del protagonista queste parole, che riflettono il pensiero del suo tempo:
"Gli antichi insegnanti di questa scienza promettevano impossibilità e non eseguivano nulla. I maestri moderni promettono molto poco; sanno che i metalli non possono essere trasmutati e che l'elisir della vita è una chimera, ma questi filosofi, le cui mani sembrano fatte solo per riempirsi di sporcizia, e i loro occhi per sondare il microscopio o il crogiolo, hanno effettivamente compiuto miracoli”. (…) "Penetrano nei recessi della natura e mostrano come lavora nei suoi nascondigli. Salgono nei cieli; hanno scoperto come circola il sangue e la natura dell'aria che respiriamo. Hanno acquisito poteri nuovi e quasi illimitati; possono comandare i tuoni del cielo, imitare il terremoto e perfino deridere il mondo invisibile con le sue stesse ombre ".
Non c'è da meravigliarsi che queste possibilità siano state l'ispirazione per l'esperimento megalomane di Victor Frankenstein per la produzione di un essere vivente.

Quando Mary incontrò il suo amante e futuro marito, il poeta Percy Bysshe Shelley, c'erano due elementi del carattere di lui che influenzarono il modo in cui avrebbe infine presentato i temi del suo romanzo. Percy Shelley era un radicale politico e un ateo convinto. L'idea di un uomo che interpreta Dio era una naturale estensione delle sue idee. Egli era interessato alla scienza più avanzata, in tutti gli aspetti della filosofia naturale. Percy Shelley era un poeta, ma anche un uomo della nuova era. Era stato educato all'amore per la scienza quando era a Eton. Un suo insegnante, James Lind, catturò la sua immaginazione con gli esperimenti di Galvani con la bioelettricità, in particolare facendo scattare una gamba di una rana attraversata da una corrente elettrica.

La rivoluzione industriale aveva già iniziato a trasformare radicalmente la civiltà occidentale. La scienza sembrava muoversi a un ritmo incalzante e uomini come Percy Shelley che volevano stare al passo dovevano essere sempre informati. Le industrie del ferro, del carbone e del cotone stavano fiorendo, spinte dall'uso del motore a vapore come fonte di energia.

Davy stava usando la nuova scienza dell'elettrochimica per scoprire sempre più elementi chimici. La scienza medica faceva passi da gigante con l'invenzione dello stetoscopio e del galvanometro. Joseph Constantine Carpue condusse la prima rinoplastica e Davy scoprì l'effetto analgesico del protossido di azoto. Nel 1814, quando Mary e Shelley iniziarono la loro relazione, George Stephenson costruì il primo treno a vapore commerciale.


All'inizio del XIX secolo, la magia della scienza sembrava essere un mistero che, con gli strumenti giusti, poteva essere compreso e controllato dall'uomo. Nell'eccitazione, la scienza diventò uno spettacolo. C'erano spesso manifestazioni pubbliche o conferenze, in cui un "professore di filosofia naturale" esponeva quelli che sosteneva essere i suoi esperimenti scientifici.

A Londra, Percy portò Mary a un’esibizione di Monsieur Garnerin (il primo paracadutista) e del suo Theatre of Grand Philosophical Recreations. Lo spettacolo era straordinario, con l’uso dell'elettricità per imitare un fulmine e produrre fuoco dall'acqua. Finì con una meravigliosa esibizione di fuochi d'artificio che non produssero né odore né fumo. Ogni giorno il Times pubblicizzava esperti come il dottor Clutterbuck, che tenevano lezioni di filosofia sperimentale, astronomia, "teoria e pratica della fisica", "chimica degli animali", "materia medica", "filosofia elettrica con applicazione al miglioramento della scienza chimica e della sua applicazione ai fenomeni naturali ". Il pubblico era entusiasta.

Queste persone non erano necessariamente uomini di scienza, spesso erano più vicini ai prestigiatori o ai ciarlatani, ma c'erano anche molte lezioni serie, specialmente alla Royal Institution, che fu aperta al pubblico nel 1811, dove Davy affascinava uomini e soprattutto donne con il suo talento e il suo carisma. C'erano teatri di anatomia che tenevano lezioni di dissezione per studenti di medicina che erano aperti al pubblico in generale.

Fu in questo ambiente di meraviglia raggiungibile che Maria fece dire a Victor Frankenstein:
"Da dove, mi chiedevo spesso, procede il principio della vita? Era una domanda audace, e che è sempre stata considerata come un mistero; eppure con quante cose siamo sul punto di conoscere, se la codardia o la noncuranza non frenano le nostre ricerche”.
Spesso, leggendo alcune notizie di nuovi sviluppi nell’ingegneria molecolare o della medicina da parte di ricercatori senza troppe remore di tipo etico, la creatura di Frankenstein sembra risvegliarsi dal suo ignoto nascondiglio polare, con la faccia di Boris Karloff.