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giovedì 15 novembre 2018

Alcuni limerick d’autore (con il mio adattamento italiano)


Sebbene sia considerato un genere “minore”, il limerick ha avuto cultori tra alcuni grandi scrittori anglosassoni, a partire dall'Ottocento e fino ai nostri giorni. Qui presento alcuni componimenti di autori famosi, con il mio adattamento in rima. 

James Joyce, in una lettera del 1917 a Ezra Pound, con questo limerick spiegava la trama di Portrait of an artist as a young man, il cui protagonista è Stephen Dedalus, che comparirà anche nell’Ulysses assieme a Leopold Bloom. 

There once was a lounger named Stephen 
Whose youth was most odd and uneven. 
He throve on the smell 
Of a horrible hell 
That a Hottentot wouldn't believe in.  

C’era una volta Stephen lo sfaccendato 
di sviluppo molto strano e agitato. 
Crebbe nelle esalazioni 
di infernali dannazioni 
che un Ottentotto non avrebbe immaginato. 

Il pittore preraffaellita e poeta Dante Gabriel Rossetti (1828-1882), figlio di esuli italiani in Inghilterra, crebbe in una famiglia in cui la letteratura si respirava. Dopo la tragica morte della moglie Lizzie e un lungo periodo di depressione, abitò nel quartiere di Chelsea vicino agli eccentrici poeti e scrittori George Meredith e Algernon Swinburne. Fu da quest’ultimo che venne probabilmente incoraggiato a scrivere limerick. 

There is a poor sneak called Rossetti 
As a painter with many kicks met he 
With more as a man 
But sometimes he ran 
And that saved the rear of Rossetti. 

C’era un povero tapino di nome Rossetti 
che da pittore incontrò calci e sgambetti. 
Da tanti ne prendeva, 
ma ogni tanto correva 
e ciò salvava il didietro di Rossetti. 

Algernon Charles Swinburne (1837-1909), spirito ribelle e provocatorio, fu uno dei teorizzatori della superiorità del limerick licenzioso su quello casto e nonsensical alla Lear. A lui dobbiamo questo componimento: 

There was an Old Man of Cape Horn 
Who wished he had never been born… 
… Nor would he have been 
If his father had seen 
That the end of the rubber was torn. 

C’era un vecchio di San Miniato 
che rimpiangeva di essere nato…
…e non avrebbe avuto torto 
se suo padre si fosse accorto 
che il preservativo era bucato. 

Persino Rudyard Kipling (1865-1936), premio Nobel per la Letteratura a soli 41 anni nel 1907, scrisse limerick, ma nello stile di Lear. 

There was a small boy of Quebec, 
Who was buried in snow to his neck; 
When they said. "Are you friz?"
He replied, "Yes, I is — 
But we don't call this cold in Quebec." 

C’era un piccolo ragazzo vicino a Trento 
che fu sepolto nella neve fino al mento: 
quando dissero “Sei gelato?” 
Rispose: “Sì, l’ho stato, 
ma questo non é freddo per noi di Trento.”. 

Concludo questa breve rassegna con un’operina del distopico e visionario Aldous Huxley (1894-1963), che nel 1923 aveva pubblicato un piccolo saggio su Edward Lear. 

My firm belief is, that Pizarro 
Received education at Harrow — 
This alone would suffice, 
To account for his vice, 
And his views superstitiously narrow. 

Sono fermamente convinto che Pizarro 
fu educato nella vecchia scuola di Harrow. 
Ciò da solo è sufficiente 
a spiegare alla gente 
il suo credo insanamente bizzarro.

martedì 12 giugno 2018

Il vecchio signore di Lanzarote


C’era un vecchio (1) signore (2) di Lanzarote (3) 
che ogni cosa che scriveva (4) riempiva di note (5) 
la sua vera ebbrezza (6) 
era la completezza (7),
quel vecchio (8) perfezionista (9) di Lanzarote. 


(1) Naturalmente il giudizio è personale dell’autore, essendo l’età sempre relativa.

(2) Qui si intende l’accezione comune di uomo, senza riferimento all'agiatezza del protagonista o al fatto che egli fosse o meno coniugato.

(3) Isola delle Canarie (806 kmq), la più orientale dell’arcipelago, posta fra l’isola di Fuerteventura (a SO) e quella minore di Graciosa (a N). Amministrativamente fa parte della provincia spagnola di Las Palmas; il capoluogo è Arrecife. L’isola, montagnosa, è di origine vulcanica. Il clima è caldo, secco, a carattere tropicale. Si producono legumi, cereali, frutta, vite, grazie a un particolare tipo di coltura, detta enarenado (consistente nel coprire il seminato con ceneri vulcaniche, nei cui vacuoli si condensa l’umidità notturna). La risorsa principale è il turismo. Prende il nome dal navigatore di origine genovese Lanzarotto Malocello, che pare avesse raggiunto l’isola nell'ultimo decennio del XIII secolo.

(4) Vale a dire tutta la sua produzione con intenti letterari o scientifici, non potendosi estendere il concetto a testi che, per loro natura, esulano dalla presente trattazione, come firme in calce a documenti, scritte sui muri dei bagni pubblici, partecipazioni a lutti o celebrazioni, ecc.

(5) Ci si riferisce a ciò che è riportato sulla Enciclopedia Treccani come primo significato del lemma: “Ciascuna delle annotazioni apposte dall’autore o editore di un testo per fare un’osservazione, dare una notizia, chiarire un passo". Quindi il vocabolo non va inteso come “discorso, stampato all'inizio o alla fine del volume, con cui l’editore di un’opera dà notizie di varia natura riguardanti la storia del testo, della tradizione manoscritta, delle edizioni a stampa”, e neppure come “segno grafico disposto sul rigo musicale simboleggiante un dato suono del quale determina l’altezza, attraverso la posizione e la chiave, e la durata, tramite la sua rappresentazione grafica”.

(6) In senso figurato, a indicare l'insolita " allegrezza " dell'anima, non il perturbamento dell’intelletto prodotto da vino e altri alcolici, che è lo stadio iniziale dell’intossicazione alcolica acuta. Lungi dalle intenzione dell’autore il voler dare dell’ubriacone al protagonista del presente limerick.

(7) Compiutamente, senza alcun riferimento alla proprietà di una teoria fisica per cui ogni suo elemento ha un corrispettivo nella realtà oppure al Teorema di completezza della logica o alla completezza semantica secondo il teorema dimostrato da H. Gödel nel 1930, secondo il quale ogni teoria elementare, cioè del primo ordine, non contraddittoria ha un modello numerabile, cioè ha un modello il cui universo ha un'infinità numerabile di elementi.

(8) Cfr. nota 1.

(9) È dubbio che qui l’autore si riferisca o meno alla tendenza psichiatrica nevrotica (generalmente di tipo ossessivo o di tipo narcisistico) che impedisce sovente all'individuo di attuare cose relativamente semplici perché il suo narcisismo e la sua autocritica, unitamente a uno scarso senso della realtà, spostano costantemente tale attuazione verso obiettivi ideali irraggiungibili. Secondo l’approccio psicoanalitico, le aspirazioni che il soggetto perfezionista tenta inutilmente di realizzare derivano dall'introiezione delle ambizioni genitoriali sotto forma di ideale dell’Io, il quale si confronta in modo persecutorio e intransigente con l’Io e lo spinge alla frustrazione nel momento in cui le mete prefissate sono incompatibili con le capacità o le risorse disponibili per realizzarle.

lunedì 5 febbraio 2018

Limeratomy, o l’anatomia in limerick

Anthony Euwer, 1877–1955, poeta umoristico e pittore americano, pubblicò The Limeratomy nel 1917. Sottotitolato A Compendium of universal knowledge for the more perfect understanding of the human machine (Un compendio del sapere universale per una migliore comprensione della macchina umana), The Limeratomy contiene poesie “scritte nella lingua del limerick” illustrate dallo stesso Euwer. Il libretto di 96 pagine tratta, in poco più di 70 poesiole, dei più convenzionali componenti dell’anatomia umana (gli occhi, il naso, il cervello, le dita, ecc.) assieme a qualità meno tangibili o astratte (l’anima, la coscienza, ecc.) e altre che sono più poetiche che scientifiche (la punta del gomito). 

Nel sottoporre l’anatomia al trattamento per limerick, Euwer scrive nella prefazione: 
“In questi limerick clinici l’autore si è cimentato nel far comprendere a tutti certe verità rabbiose e brucianti che sono state dragate da pile ammucchiate di espressioni e cultura scientifiche. Si spera che la comparsa di questo piccolo volume possa provocare una felice psicologia in quest’epoca, un’epoca in cui la macchina umana sta entrando in possesso di se stessa”. 
Ecco alcuni esempi del “trattamento” attuato da Euwer: 

THE HANDS 
The hands they were made to assist 
In supplying the features with grist. 
There are only a few— 
As a rule about two— 
 And are hitched to the end of the wrist. 

LE MANI 
Le mani furono fatte per l’assistenza, 
per fornire un vantaggio nell’evenienza. 
Ciascuno ha le sue 
(di regola circa due) 
e alla fine del polso hanno aderenza. 

THE FACE 
As a beauty I'm not a great star, 
There are others more handsome by far, 
But my face I don't mind it, 
Because I'm behind it— 
'Tis the folks in the front that I jar. 

LA FACCIA 
Come bellezza non sono certo un Adone:
più belle di me ci son tante persone,
ma dalla mia faccia non arretro, 
perché io ci sono dietro: 
è la gente di fronte che si scompone. 

THE ANKLE 
The ankle's chief end is exposiery 
Of the latest designs in silk hosiery, 
Also I suspect 
It was made to connect 
The part called the calf with the toesiery. 

LA CAVIGLIA 
Lo scopo principale della caviglia è che tu vedi 
l’ultimo disegno di calze di seta e corredi 
Ho poi anche il presentimento 
che fu fatta come collegamento 
tra la parte chiamata polpaccio e le dita dei piedi. 

THE CONSCIENCE 
With a conscience we're able to see 
Just how bad we're permitted to be, 
At the same time it's true 
That what's wicked for you 
Mightn't be half so wicked for me. 

LA COSCIENZA 
La coscienza notare ci fa 
ciò che ci consente la disonestà: 
è però anche vero 
che ciò che tu vedi nero 
potrebbe per me esserlo a metà. 

THE SMILE 
No matter how grouchy you're feeling, 
You'll find the smile more or less healing. 
It grows in a wreath 
All around the front teeth— 
Thus preserving the face from congealing. 

IL SORRISO 
Non importa quanto ti senta irritato, 
troverai il sorriso più o meno indicato. 
In una corona si fa avanti 
tutt’intorno ai denti davanti, 
impedendo al viso di essere bloccato. 

Nel libro non si trovano solamente descrizioni dell’anatomia, ma anche suggerimenti umoristici per vivere in modo salutare. In “L’epiglottide”, Euwer scrive: 

THE EPIGLOTTIS 
Have a heart for you poor epiglottis, 
Don’t crowd down your victuals, for what is 
More sad than the sight 
Of a wind-pipe plugged tight 
When the food fails to see where the slot is. 

L’EPIGLOTTIDE 
Di te, povera epiglottide, abbi cura, 
stipa le tue vettovaglie con misura: 
niente è più triste nella vita 
di una trachea del tutto ostruita 
quando il cibo non sa dov’è la fessura 


Pur piena di humour, la concisa struttura dei limerick porta a una rapida conoscenza di parti del corpo umano altrimenti poco note. Ecco che cosa scrive l’autore sulla Medulla Oblongata. il bulbo dell’encefalo: 

THE MEDULA OBLONGATA 
Though it sounds like a sort of sonata,
'Tain’t confirmed by our medical data, 
I’m referring of course 
To that centre of force— 
The medula-ah-ah-oblongata 

L’OBLONGATA 
Sebbene suoni come una specie di sonata, 
dai nostri dati medici non confermata, 
mi riferisco ovviamente 
al quel centro eminente: 
la medulla - ah - ah - oblongata.

lunedì 15 gennaio 2018

Un limerick topologico



Hilbert Schenck (12 febbraio 1926 – 2 dicembre 2013) è stato uno scrittore e ingegnere statunitense. Fu autore di numerosi racconti di fantascienza, molti dei quali sono stati candidati al Premio Hugo e al Premio Nebula.

venerdì 21 aprile 2017

Vicino allo stadio

Limerick


Per evitare i prevedibili, spiacevoli incidenti,
gli urti violenti e i pericolosi ammassamenti
che caratterizzano l'attrazione
dell'irresistibile pallone
è bene star lontani dall'orizzonte degli eventi.

lunedì 2 maggio 2016

La saga del grafene

(tre limerick in sequenza)

C’era a Thiene uno strato di grafene 
che si comportava come conviene, 
con un abito esagonale 
da perfetto collegiale: 
faceva da guida agli elettroni per bene. 


Aveva un fratello molto cattivo 
che si ribellava al nastro adesivo: 
era arruffato 
e spiegazzato. 
Di lui si diceva che fosse nocivo. 


Mamma grafite ebbe un terzo bambino 
con legami anche tripli sul vestitino 
e celle disposte in un frac 
capace del cono di Dirac: 
un bel piccino chiamato Grafino.


venerdì 15 maggio 2015

Vaccinismi



C’era un cocciuto signore di Tolentino 
che non volle vaccinare il suo bambino, 
ma un rio bacillo 
gli portò il morbillo: 
povero bambino del cretino di Tolentino! 

---

 Se si va all’Equatore per lavoro o per baldorie 
bisogna fare le vaccinazioni obbligatorie. 
Non è una fissazione, 
ma normale prevenzione. 
Chi è contrario vada invece a Medjugorie. 

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Brandendo il suo bio-credo come un'arma 
un tizio denunciava il complotto di Big Pharma: 
morì vicino a Piacenza 
per le complicanze d’una influenza. 
Bastava un’Aspirina, ma era il suo karma,

giovedì 5 giugno 2014

Senza proferir verbo

Maledizione della pagina bianca
e, diavolo, una mente stanca.
Forse una vacanza,
magari, la speranza...
No: in rosso il conto in banca.

 

venerdì 22 novembre 2013

I tre gentiluomini di Jometry-oh-Fine

Tre prodi gentiluomini di Jometry-oh-Fine 
salparono un giorno su una bottiglia di Klein, 
che cominciò ad affondare 
appena messa in mare, 
e più non si videro a Jometry-oh-Fine.


martedì 23 luglio 2013

Heavy meta

Strano destino quello della preposizione greca μετά (meta), che significava “dopo”, “a fianco di”, “con”, “stesso”, con variazioni di senso che dipendevano dalla declinazione della parola successiva. Dalla preposizione derivò il prefisso μετα-, più o meno con gli stessi significati.

Quando Andronico di Rodi, scolarca della ricostituita scuola peripatetica, pubblicò nel primo secolo a. C. una nuova edizione delle opere di Aristotele (quella che costituisce il Corpus Aristotelicum oggi noto), chiamò Metafisica una serie di scritti in cui il grande filosofo si occupava della natura degli enti fisici, tra i quali la divinità, in quanto esseri. Questi trattati furono chiamati τὰ μετὰ τὰ φυσικά (“ciò che viene dopo la Fisica”) per il semplice fatto che essi nella compilazione venivano dopo il libro dedicato alla Fisica. L’espressione venne però interpretata diversamente, come se il suo oggetto fosse “ciò che va oltre la fisica”, in quanto divino. Quel prefisso meta-, utilizzato da Andronico con un’accezione puramente locativa (post-), venne a significare un superamento, un’uscita da (trans-) per cui la metafisica divenne lo studio di ciò che va oltre le cose naturali, la scienza delle cose divine.

A Roma la parola “metafisica” arrivò con questo secondo significato, che divenne quello definitivo anche perché venne fatto proprio dal cristianesimo. Sul calco di metafisica si sono coniate nel Novecento moltissime parole, soprattutto in ambito scientifico, in cui il prefisso indica, di volta in volta, una trasformazione, un’evoluzione, uno sviluppo, una derivazione (“posteriorità, mutamento, trasformazione” secondo il Dizionario delle Scienze Fisiche Treccani del 2012). In chimica le cose sono leggermente diverse e più specifiche, ma non è il caso adesso di aggiungere troppa carne al fuoco.

In campo matematico il prefisso cominciò a essere usato alla fine della grande discussione sui fondamenti e del tentativo di basare le matematiche su sistemi logico-formali. Le geometrie non-euclidee, alla metà dell’Ottocento, avevano portato all'abbandono del sogno cartesiano e kantiano dell'autoevidenza degli assiomi posti alla base della matematica, che diventava scienza di relazioni sintattiche fra simboli del suo linguaggio: la validità della deduzione matematica non dipende dal particolare significato che può essere associato ai termini o alle espressioni contenute nei postulati. In parole povere: non è fondamentale che esista davvero un lonfo, ma che un quadrato con tre lonfi per lato contenga davvero nove lonfi. Ciò che importa al matematico puro è la struttura delle affermazioni piuttosto che la natura particolare del loro contenuto: egli non si preoccupa se i postulati che ammette o le conclusioni che trae dai primi sono veri, ma se le conclusioni avanzate siano le conclusioni logiche necessarie delle ipotesi da cui è partito.

Una volta che non si suppone più la verità dei postulati, nasce il problema di come provare almeno la coerenza dei sistemi attraverso i quali facciamo le nostre deduzioni. Tutti i grandi matematici che, tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX, provarono, consci di quella che prese il nome di crisi dei fondamenti, a rifondare le matematiche su basi diverse (gli insiemi, la logica, le classi) si imbatterono però nel grande problema delle antinomie, cioè delle contraddizioni interne: il fatto di arrivare, partendo dalle stesse premesse, a conclusioni logiche opposte. Per un motivo o per l’altro, capitava di dover ammettere che un lonfo barigatta e contemporaneamente non lo fa.

Si arrivò almeno a concordare su che cosa sia un sistema formale, cioè un sistema simbolico senza interpretazione (chissene se un lonfo esiste davvero), con una sintassi (le regole di combinazione dei simboli) definita in un modo rigoroso, sul quale è definita una relazione di deducibilità in termini puramente sintattici (deve essere possibile ricavare delle conclusioni facendo ricorso esclusivamente alle regole sintattiche interne al sistema). Le principali proprietà di un sistema formale sono:
a) la consistenza, o coerenza: un linguaggio formale è consistente se non contiene formule contraddittorie, cioè non capita che una delle sue formule e la sua negazione siano costruibili o dimostrabili al suo interno;
b) la completezza: è la proprietà per cui tale sistema è sufficiente per decidere di ogni proposizione correttamente costruita e/o formulata a partire dalle proposizioni-base di quel linguaggio. Detto in altro modo, un sistema è completo quando è possibile dimostrare al suo interno ogni formula dimostrabile, oppure la sua negazione;
c) la decidibilità: un enunciato formulabile in un dato sistema formale è decidibile se è dimostrabile come vero o falso all'interno di tale sistema. Se non è così, succede ciò che descrissi tempo fa in questo limerick:

In un vecchio libro, una certa sera
lessi una frase che passò leggera:
“Una fata mi ha giurato
che il loro mondo è inventato”
che, se è vera, è falsa e, se è falsa, è vera.


Ancor prima che Kurt Gödel dimostrasse nel 1931 che è impossibile per un sistema formale coerente come l’aritmetica dimostrare la propria coerenza, si arrivò a parlare di metamatematica e metalogica, cioè di teorie che studino il funzionamento della matematica e della logica superandole, trascendendole. Così, mentre la logica studia il modo in cui i sistemi logici possono essere usati per costruire argomenti validi e corretti, la metalogica studia le proprietà dei sistemi logici stessi. Analogamente, la metamatematica è lo studio della matematica mediante metodi matematici: questo studio produce metateorie, che sono teorie matematiche su altre teorie matematiche. Un'immagine significativa di tutti questi meta- è il simbolo dell’ouroburos, il serpente che si morde la coda (invece non sappiamo se esiste tra i lonfi una simile abitudine).

L’Oxford Dictionary, attento a registrare tutto ciò che capita alla lingua inglese, annota per la prima volta il termine metamathematics nel 1929, ma il concetto era già presente nei lavori del grande matematico tedesco David Hilbert, colui che già nel 1900 aveva enunciato tra le grandi sfide del secolo incipiente proprio la dimostrazione che gli assiomi dell’aritmetica sono coerenti e che, intorno agli anni ‘20, con il suo Programma, aveva tentato di formalizzare tutte le teorie matematiche esistenti attraverso un insieme finito di assiomi, e dimostrare che questi assiomi non conducevano a contraddizioni, per esempio che la proposizione A e la sua negazione non-A siano entrambi teoremi. Già ho detto che il sogno di Hilbert fu frustrato da Gödel, ma fu proprio il meta- che consentì di superare certe difficoltà: si trovarono strade diverse, e la ricerca continua ancor oggi.

Nel 1937 Willard Quine utilizzò per primo il termine metateorema nell’articolo Logic Based on Inclusion and Abstraction, per indicare “un X che riguarda X”, cioè l’equivalenza di strutture logiche (la metafisica, al contrario, va oltre la fisica, ma non ha la sua stessa struttura, è “un Y che riguarda X”). Così formulato da Quine, l’ouroboros di cui ho parlato può essere visto in termini di autoreferenza, con tutte le conseguenze, anche ludiche, di cui mi sono occupato in un precedente articolo.

Quine è infatti ampiamente citato nelle opere di Douglas Hofstadter, che, nel suo Gödel, Escher, Bach (1979) e nel successivo Metamagical Themas, ha reso popolare il nostro meta. Hofstadter addirittura lo usa come aggettivo, o come preposizione (“going meta”, così come esiste “going to”, per indicare che si porta la discussione su un altro livello di astrazione). Grazie a Hofstadter, e al successo del suo bellissimo testo, oramai il prefisso meta- è diventato di uso comune, soprattutto per indicare autoreferenze o quel tipo di cortocircuiti logici che gli anglosassoni chiamano strange loops

Oggi esistono persino i meta-jokes, o meta-barzellette, battute autoreferenziali, o che si riferiscono ad altre battute, come quella di un italiano, un francese e un americano che entrano in un bar e il barista chiede: “Che cos'è, una barzelletta?”.

sabato 6 aprile 2013

Geometria per lupetti






Un angolo retto 






si credeva perfetto 






e in un triangolo 





si sentiva costretto. 






S’allontanò con una scusa 






dalla povera ipotenusa. 






In un intestino, 







poveretto,











ora fa il retto.



mercoledì 19 dicembre 2012

Tre novissime rime matematiche

Leporeambo della retta nel piano cartesiano

Giace nel piano una retta
 che per natura tira diritta
e, per statuto della ditta,
almeno un asse intercetta.

E se gli va, alla suddetta,
di variare, zitta zitta,
come y si mette ritta,
con verticale siluetta.

O se invece poi s’è rotta
come x lei s’acquatta,
coricata volpacchiotta.

Ma una retta non è matta,
non si estrae dalla lotta:
all'equazione lei s’adatta.



Matematica e monumenti antichi

Lavorano da tempo ai beni culturali
alcune stimate equazioni differenziali:
studiano la diffusione
dei fenomeni di corrosione
con le derivate seconde parziali.



Il vettore precario

Un vettore assegnista dell’Università
lavora sempre con grande intensità:
la sua Direzione
valuterà l’applicazione
e del suo futuro il verso orienterà.



giovedì 15 novembre 2012

Elezioni: e se parlassimo di scienza?

Cari candidati, scusate l’insistenza,
ma vogliamo che parliate di scienza: 
senza preconcetti, 
ma per essere eletti 
non pensiate che potete farne senza. 

La cosa è nata su Facebook. Si è riunito virtualmente un gruppo di giornalisti scientifici, blogger, ricercatori e cittadini, i quali, constatata la mancanza di domande ai cinque candidati alle primarie del centrosinistra sulle loro posizioni politiche in materia di scienza e ricerca, ritenendo invece che da queste politiche dipenderà il futuro sociale ed economico a medio e lungo termine del paese, ha deciso di chiedere ai candidati di rispondere a sei temi di grande respiro, in modo da offrire ai cittadini un panorama più completo della loro proposta politica.

Le domande sono queste: 


Nel gruppo, con più di un paio di centinaia d’altri, c’ero anch'io. C’era anche Marco Cattaneo, il direttore di Le Scienze, indubbiamente la più prestigiosa rivista scientifica italiana. Così, stamattina le domande sono comparse sul sito del periodico, che si è offerto di dare supporto e visibilità all'iniziativa (che può essere ripresa e amplificata da chiunque lo ritenga opportuno) e pubblicherà le risposte di Bersani, Puppato, Renzi, Tabacci e Vendola via via che arriveranno. 

Naturalmente queste domande, e altre che saranno formulate nel frattempo, saranno sottoposte a tutti i candidati premier delle elezioni politiche prossime venture (compresi quelli dei partiti che non hanno fatto le primarie). 

Per ora non ci resta che attendere le risposte dei candidati alle primarie del centrosinistra, con l’osservazione che anche il silenzio è una notizia.



lunedì 22 ottobre 2012

Lima la Rima mi stima

Mi è stato comunicato che ho vinto un concorso di limerick. Si tratta della quarta edizione di Lima la Rima!, organizzato dall’Associazione Fantariciclando, in collaborazione con la cooperativa sociale Gulliver, il patrocinio del Comune di Forlì - Assessorato alla Cultura, Politiche Europee e Rapporti Internazionali, e del Comune di San Mauro Pascoli. 


Ho partecipato con due poesie tratte da Giovanni Keplero aveva un gatto nero, la raccolta di rime umoristiche matematiche e fisiche pubblicata da Scienza Express nel 2011. La poesia vincente è risultata questa: 

Fine del retto 

Un angolo retto si credeva perfetto 
e in un triangolo si sentiva costretto. 
S’allontanò con una scusa 
dalla povera ipotenusa. 
In un intestino, poveretto, ora fa il retto. 

Un assaggio del libro lo trovate qui e qui.

lunedì 8 ottobre 2012

Due rime matematiche con contraintes

Ancora due poesiole di ispirazione matematica, questa volta costruite alla maniera dell’Oulipo, con delle restrizioni supplementari (contraintes). Il primo si ispira al romanzo lipogrammatico La disparition di Georges Perec (1969), trecento pagine scritte interamente senza usare la lettera “e”, che è la lettera più frequente della lingua francese. La mia sfida è stata quella, molto meno ardita, di creare un limerick che fosse allo stesso tempo un lipogramma in “e” (scritto appunto senza usare quella vocale) e parlasse della e matematica, base dei logaritmi naturali e della funzione esponenziale ex

 La scomparsa 
(omaggio a Georges Perec) 

Sono alcuni logaritmi privi di sostanza 
quando di tal cosa provano la mancanza: 
la quinta a partir da “a” 
dà la forma, lo si sa, 
alla curva di cui conosci l’importanza. 

Il secondo limerick trae spunto dai rebus descritti di Edoardo Sanguineti, di cui mi sono occupato in un precedente articolo. Anche Sanguineti giocava con le restrizioni formali autoimposte, ed è stato per lungo tempo, e fino alla morte, il presidente dell'Oplepo, il sodalizio italiano figlio dell’Oulipo. Un rebus descritto utilizza le parole e non il disegno, ma segue le stesse regole del rebus classico. Sulla base del testo e delle lettere inserite in maiuscolo, il lettore deve trovare la soluzione, della quale è fornita la chiave sotto il titolo. Anche in questo caso l’oggetto della poesiola è una famosa costante matematica, di cui si esplicita una proprietà. 

Viaggio in Grecia 
(Chiave: 2, 2, 5, 1, 2, 6, 12) 

Sul traghetto IL che a Paros vien da Santorini 
l’iniziale è scritta a loro modo: tre trattini. 
Sigla d’Europa, N. Con esso conti, 
naturale, reale, complesso, e dai ponti 
guardi oltre l’umano, infinito, di là dai confini.

sabato 6 ottobre 2012

Tre nuove rime matematiche


Il prodotto di Eulero

Vestito della sua rigata camicia da notte di seta, 
Eulero pensava agli esponenti della funzione zeta. 
Trasformò allora di botto 
la somma infinita in un prodotto 
in cui compaiono solo primi: che teoreta! 


Famiglia bacchettona 

C’era un polinomio nei pressi di Vado 
che era stanco di vivere in un terzo grado: 
per non finire in manicomio 
si divise da un binomio 
con grande scandalo nel parentado. 



Applied Maths 

There were some mathematicians called Maddmaths 
Tired of being considered like lonely black cats, 
Sleeping in a distant sky 
With numbers running by, 
So they applied what they knew to everyday facts. 


Quest’ultima è un omaggio agli amici di Maddmaths e alla loro infaticabile e preziosa opera di divulgazione della matematica, applicata oppure no. L’omaggio è stato apprezzato.

martedì 5 giugno 2012

Al gatto nero: nuove rime scientifiche



La bolla della derivata

La demenza colpì il vecchio uomo sul Colle
che abolì per decreto il teorema di Rolle
e, per timore di un Assange,
anche quello di Lagrange.
Il calcolo differenziale alla mercé d’un folle.


La regola del segno
(sequenza di limerick)

Nel mondo delle fate c’era un regno
dove ignoravano la regola del segno:
“O, mio dio, dicci tu
Che cosa fa – per +!”
Eppure ci mettevan tanto impegno.

Giunse in quelle lande un gran sapiente
che aveva studiato nel vicino Oriente,
che sbottò “Animali!
Si ha il + con segni uguali,
ma che razza di volgo deficiente!”

Per l’uomo dotto ci furon giubilei
come se fosse giunto uno degli dei:
la folla lo acclamava
e il gran re annunciava:
“Di certo –2 –4 fa +6!”

Il saggio, che era piuttosto anziano,
si congedò con una scusa dal sovrano
e partì il dì seguente
con l’idea fissa in mente
che spesso chi comanda è il meno sano.


La regola di Ruffini

La divisione con la nota regola di Ruffini
scompone il polinomio in due più piccini
e ti dà pure il resto,
purché rimani desto,
la zzz-sione con zzzzzz-gola di fuffini.



La falena

Gira la falena intorno alla lampadina
con moto irregolare, perdendo energia:
senza livelli discreti, la poverina
cadrà nel nucleo della sua mania.


Biologia quantistica

Per la lotta alle zanzare,
in un domani futuristico,
sarà sufficiente comprare
un fornello quantistico,
dove una lucciola eccitata,
interagendo con un fotone,
produrrà, se stimolata,
un’antizanzara e un elettrone.


Hanc Marginis

Possiedo una prova davvero eccellente
del complotto globale contro la gente,
attraverso scie chimiche e radiazioni
e geni modificati per farci star buoni,
ma il poco spazio a mia disposizione
non consente una valida trattazione.



venerdì 27 aprile 2012

Giocando con i narcisi


I wandered lonely as a cloud

I wandered lonely as a cloud
That floats on high o'er vales and hills,
When all at once I saw a crowd,
A host, of golden daffodils;
Beside the lake, beneath the trees,
Fluttering and dancing in the breeze.

Continuous as the stars that shine
And twinkle on the milky way,
They stretched in never-ending line
Along the margin of a bay:
Ten thousand saw I at a glance,
Tossing their heads in sprightly dance.

The waves beside them danced; but they
Out-did the sparkling waves in glee:
A poet could not but be gay,
In such a jocund company:
I gazed -and gazed -but little thought
What wealth the show to me had brought:

For oft, when on my couch I lie
In vacant or in pensive mood,
They flash upon that inward eye
Which is the bliss of solitude;
And then my heart with pleasure fills,
And dances with the daffodils.

(William Wordsworth, 1802)



Adattamento con rima

Solo vagavo come nuvola sospesa
che alta fluttua su colline e valli,
quando di colpo vidi una distesa,
un esercito, di narcisi gialli;
accanto al lago, sotto le fronde,
danzanti alla brezza in lente onde.

Fitti come splendenti stelline
nella Via Lattea tremolanti,
distesi in una linea senza fine
intorno alla baia, lungo i versanti;
diecimila ne vidi con un’occhiata
che ninnavano i capi in danza beata.

Accanto ad essi un ballo d’onde lucenti,
ma essi le superavano in allegria:
un poeta davvero gode i momenti
in tale gioconda compagnia;
Fissavo e fissavo ma poco ho pensato
a qual bene la scena mi ha dato;

ché spesso, quando giaccio per ore
in assente o pensosa attitudine,
essi balenano in quell’occhio interiore
che è la grazia della solitudine;
allora di piacere il mio cuore si sazia
e con i narcisi danza e ringrazia.


Haiku

Solo vagavo,
poi vidi i narcisi,
gioia del cuore.


Maltusiano

Daffodillo è quella cosa
che abbonda in Inghilterra:
pei poeti in quella terra
è assai meglio del narcis.



Cronaca

CLAMOROSA VISIONE DI UN POETA
Diecimila narcisi danzanti visti in un colpo solo durante una passeggiata presso la baia di Glencoyne. La sorella minimizza: “Solo qualche decina”. La polizia interroga l’uomo, sospettato di far uso di sostanze allucinogene.



Limerick scientifico

Vagavo nei campi come nuvola solitaria,
esposta al vento e al capriccio dell’aria,
quando vidi i narcisi
che geni ben precisi
rendono gialli per legge ereditaria.


Abstract

DAFFODILS: A JOY TO THE INWARD EYE
William Wordsworth1
To be published in The Lyrical Ballads Journal, 4, 15, 1802

1 Lake District University, Cumberland, GB

Wandering in the fields, a poet saw 104 daffodils (Narcissus, clade Amaryllidoideae). This article reports on the vision of their dance in the breeze which brought and still brings joy to his inward eye.