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sabato 1 gennaio 2022

Tyndall, polvere, malattie contagiose. E mascherine



Le mascherine per il viso sono elementi fondamentali dei dispositivi di protezione individuale nel settore della salute pubblica, come ci ha drammaticamente ricordato la pandemia di Sars-COV-2. A seconda del tipo, possono proteggere chi le indossa, ma per malattie come il COVID-19 che si diffondono tramite aerosol e goccioline nell’aria, possono anche aiutare a prevenire che le persone infette diffondano ulteriormente la malattia.

Possiamo far risalire la popolarità delle mascherine di protezione a un documento presentato alla Royal Institution di Londra il 21 gennaio 1870 dal grande scienziato irlandese John Tyndall, di cui mi sono già occupato qui e qui per le sue posizioni agnostiche. Con l'aiuto di un raggio di luce, Tyndall (che, come divulgatore, non aveva rivali, preparando attrezzature ed esperimenti e facendo le prove di quello che poteva essere ed era uno spettacolo scientifico) dimostrò non solo che è possibile vedere la polvere nell'aria (è l’effetto che da lui prende il nome), che essa poteva contenere germi patogeni, ma anche che un respiratore di ovatta poteva filtrarli. Tyndall divenne un sostenitore della teoria della diffusione delle malattie a causa dei germi, era in contatto con Louis Pasteur e Joseph Lister, di cui divulgava le scoperte, e fu un propugnatore della produzione di massa di respiratori in cotone idrofilo.


Furono le ricerche sulla luce e sulle particelle che portarono Tyndall a riflettere più attentamente su ciò che chiamò "Polvere e malattie", il titolo della sua conferenza dalla Royal Institution. Per studiare la decomposizione del vapore acqueo da parte della luce, Tyndall si accorse che aveva bisogno di rimuovere le particelle di polvere nell'aria che stavano complicando i suoi risultati sperimentali. Ciò si rivelò più difficile di quanto avesse previsto.

Mentre provava varie strategie per rimuovere la polvere che sembrava onnipresente nel raggio di luce, lasciò che alcune particelle di polvere passassero sulla punta d'una fiamma. A questo punto la materia bruciò in una scia di fumo, lasciando solo un'oscurità nel raggio di luce. Questo non era quello che Tyndall si aspettava e questo lo portò ad accettare che la questione fosse di natura organica.


“Ho cercato di intercettare questa materia fluttuante in vari modi; e il 5 ottobre 1868, prima di inviare l'aria attraverso l'essiccatore, fu accuratamente permesso di passare sopra la punta di una fiamma di lampada a spirito. La materia fluttuante non apparve più, essendo stata bruciata dalla fiamma. Era dunque materia organica. Non ero affatto preparato per questo risultato; avendo precedentemente pensato che la polvere della nostra aria fosse, in gran parte, inorganica e incombustibile. Secondo un'analisi gentilmente fornitami dal dottor Percy, la polvere raccolta dalle pareti del British Museum contiene il 50 per cento. di materia inorganica. Ho piena fiducia nei risultati di questo illustre chimico; mostrano che la polvere fluttuante delle nostre stanze è, per così dire, ventilata dalla materia più pesante”.

Scoprì presto che queste particelle di polvere organica non si trovavano solo nel suo laboratorio della Royal Institution, ma erano nell'aria ovunque, e quindi passavano costantemente nei polmoni umani ad ogni respiro. Come scrisse Tyndall:

“Non c'è tregua al nostro contatto con la materia fluttuante dell'aria; e la meraviglia è, non che si debba soffrire occasionalmente della sua presenza, ma che una parte così piccola di essa, e anche quella, ma raramente diffusa su vaste aree, sembri mortale per l'uomo. E qual è questa porzione? Era da tempo diffusa la credenza che le malattie epidemiche si propagassero generalmente da una specie di aria cattiva, che consisteva in materia organica in stato di decomposizione; che quando tale materia veniva introdotta nel corpo attraverso i polmoni, la pelle o lo stomaco, aveva il potere di diffondervi il processo distruttivo da cui era stata assalita”.

E spesso era davvero mortale. Tyndall riteneva che la materia fluttuante contenesse "i germi che causano malattie e decomposizione". Egli si allineò quindi alla "teoria dei germi" della malattia, che all'epoca era ancora molto contestata. La teoria dei germi sosteneva che la malattia epidemica era diffusa da microrganismi che potevano essere trasportati nell'aria e quindi entrare nel corpo delle persone e non dipendeva da “aria malsana” o “malaria” associata spesso a zone con aria umida e puzzolenti per la decomposizione di organismi morti.

“Ma per quanto riguarda la fermentazione, le menti dei chimici, influenzate probabilmente dalla grande autorità di Gay-Lussac, ricadevano sull'antica nozione di materia in stato di decomposizione. Non era la pianta del lievito vivente, ma le sue parti morte o morenti, che, attaccate dall'ossigeno, producevano la fermentazione. Pasteur, invece, dimostrò che i veri 'fermenti', mediati o immediati, sono esseri organizzati che trovano nei supposti fermenti il ​​loro alimento necessario.

Accanto a queste ricerche e scoperte, e rafforzata da esse e da altri, si è sviluppata la teoria dei germi della malattia epidemica. L'idea è stata espressa da Kircher, e favorita da Linneo, che le malattie epidemiche possono essere dovute a germi che galleggiano nell'atmosfera, entrano nel corpo e producono disturbi per lo sviluppo all'interno del corpo della vita parassitaria. La forza di questa teoria consiste nel perfetto parallelismo dei fenomeni della malattia contagiosa con quelli della vita. Come una ghianda piantata dà vita a una quercia, capace di produrre un intero raccolto di ghiande, ognuna dotata del potere di riprodurre il suo albero genitore; e come così da una sola piantina può nascere un'intera foresta; così, si sostiene, queste malattie epidemiche piantano letteralmente i loro semi, crescono e scuotono nuovi germi, che, incontrando nel corpo umano il loro cibo e la loro giusta temperatura, si impossessano infine di intere popolazioni. Non c'è nulla che io sappia nella chimica pura che assomigli al potere di propagazione e auto-moltiplicazione posseduto dalla materia che produce malattie epidemiche. Se semini grano non ottieni orzo; se semini vaiolo non ti viene la scarlattina, ma il vaiolo moltiplicato indefinitamente, e nient'altro”.

Attraverso i suoi esperimenti, Tyndall era convinto di aver aggiunto nuove prove per spiegare la causa delle malattie contagiose. Ma i suoi esperimenti indicarono anche un possibile modo per fermarne o ridurne la diffusione. Il primo consiglio, seguendo gli studi di Pasteur sulla pébrine, la malattia dei bachi da seta, fu quello dell’isolamento delle fonti contaminanti.

Il secondo, più attivo, fu quello di filtrare i germi. Sebbene la polvere organica non potesse essere spazzata via o in qualche modo espulsa dall'aria, Tyndall dimostrò che può essere filtrata attraverso un batuffolo di cotone. Ulteriori esperimenti mostrarono che il processo di filtraggio era più efficace se applicato alla respirazione umana. Sviluppò allora un progetto di mascherina di lana e cotone che illustrò nella conferenza. L'applicazione pratica degli esperimenti sembrava ovvia:

“Se un medico desidera tenere lontani dai polmoni del suo paziente, o dai suoi, i germi mediante i quali si dice che la malattia contagiosa si propaghi, impiegherà un respiratore di cotone idrofilo... Tali respiratori devono, credo, entrare in uso generale come difesa contro il contagio”.


Tyndall fu fortemente criticato dalla comunità medica londinese per aver oltrepassato i confini della sua competenza scientifica. Tuttavia, continuò i suoi esperimenti con la "materia fluttuante".

Applicando la sua ricerca, sviluppò tecniche per la conservazione degli alimenti e per la sterilizzazione mediante riscaldamento discontinuo, un processo ora noto come tindalizzazione. Divulgò anche gli esperimenti che a Edimburgo avevano condotto John Bennett a schierarsi per la “teoria dei germi atmosferici”, e Joseph Lister sulla necessità di disinfezione degli strumenti chirurgici con acidi o basi forti per uccidere i germi.

Tyndall morì nel 1893. A quel tempo la teoria della malattia da germi era ampiamente accettata, in gran parte grazie ai suoi esperimenti, e oggi è del tutto data per scontata. Oggi modella la nostra comprensione del COVID-19 e di come possiamo mitigare la diffusione della malattia, ad esempio utilizzando maschere non troppo diverse da quelle che Tyndall sollecitava di produrre 152 anni fa.

domenica 12 agosto 2018

John Tyndall, il Belfast Address e la laicità della scienza (2)

La prima parte di questo articolo si trova a questo link


La ricezione e le polemiche 

Nonostante il rifiuto di Tyndall del materialismo convenzionale, i pulpiti di Belfast lo sferzarono. A Belfast, protestanti e cattolici si unirono per definirlo un pericoloso materialista. Gli studiosi hanno valutato la controversia che circondò il Belfast Address come un evento importante nella "guerra" tra scienza e religione. È perciò necessario analizzare le reazioni e le principali interpretazioni della sua conferenza, che portò al mutamento della percezione pubblica su Tyndall, che a sua volta trasformò il modo in cui si considerava la scienza moderna. 

I naturalisti scientifici si affidavano a tre strategie strettamente correlate per la trasformazione della scienza e della cultura britanniche. In primo luogo, sostenevano che solo la scienza offriva una via verso la vera conoscenza della natura. Né la Chiesa né la Bibbia potevano essere considerate fonti autorevoli di verità scientifica. Durante la controversia sull'Origine delle specie di Darwin (1859) sostenevano che la teoria doveva essere giudicata unicamente per i suoi meriti scientifici, non per le sue implicazioni teologiche. Miravano a consentire agli scienziati di praticare le loro indagini sulla natura guidati da principi stabiliti indipendentemente dalle autorità religiose. Secondo, i naturalisti scientifici sostenevano che solo loro avevano l'esperienza per parlare a nome della scienza. La competenza era acquisita attraverso la formazione e poteva essere ottenuta solo in luoghi specifici, in particolare nel laboratorio, ed era realizzabile solo attraverso una disciplina di auto-rinuncia, un abbandono alla natura. Infine, i naturalisti scientifici sostenevano che la conoscenza scientifica forniva una buona conoscenza della condizione umana, non solo dello stato di natura. Spencer, ad esempio, applicò la teoria evolutiva per comprendere sia la natura che l'intero spettro del pensiero umano. I naturalisti scientifici sostenevano spesso che solo loro potevano comprendere le ramificazioni sociali, etiche e politiche di nuove teorie scientifiche come l'evoluzione. In breve, i naturalisti scientifici insistevano sul primato della scienza e della competenza scientifica. 

I tentativi dei naturalisti scientifici di ridefinire le basi intellettuali e istituzionali della scienza britannica e di usare la scienza come leva per trasformare la cultura e la società britanniche furono ostacolati da altri membri dell'élite intellettuale. Questi ultimi rifiutavano l’idea che una visione scientifica del mondo come quella di Tyndall e dei suoi colleghi potesse fornire un significato se separata da un fondamento religioso. Le teorie scientifiche materialistiche avevano perso la verità spirituale che si trova dietro tutti i fenomeni naturali. I rappresentanti del vecchio establishment aristocratico-anglicano includevano esponenti della Chiesa anglicana, come il vescovo Samuel Wilberforce, ai quali si unirono i principali rappresentanti cattolici, tra cui il filosofo, teologo e poi cardinale John Henry Newman, e altri importanti esponenti delle varie correnti religiose del Regno Unito. Eminenti scienziati anglicani, come l'anatomista Richard Owen, e potenti laici, come il filosofo e politico conservatore Arthur James Balfour, furono chiari nei loro attacchi al naturalismo scientifico. Altri membri dell'élite scientifica sfidarono le idee dei naturalisti scientifici, tra di essi i fisici con sede in Scozia, tra cui William Thomson (lord Kelvin) e James Clerk Maxwell, che volevano mantenere un quadro religioso per la scienza. Molti dei divulgatori della scienza, incluso John George Wood, erano desiderosi di perpetuare la tradizione della teologia naturale. Frances Power Cobbe, come altre femministe e antivivisezioniste, si scontrò con i naturalisti scientifici sulle loro opinioni sulle donne e sulla sperimentazione animale. Gli intellettuali socialisti liquidarono Darwin e Huxley come filo-capitalisti, a causa della loro enfasi sulla competizione nel processo evolutivo. 

Con così tanti nemici, i naturalisti scientifici dovevano stare attenti a ciò che dicevano, che fosse sulla stampa periodica o davanti al pubblico delle conferenze. I loro oppositori potevano cogliere qualsiasi cosa dicessero per collegare il naturalismo scientifico con il materialismo, che era associato con la corruzione morale e la dissolutezza. La strategia principale per danneggiare la rispettabilità del naturalismo scientifico era quella di collegarlo con la presunta immoralità dell'arte e della letteratura d'avanguardia. Nel loro giudizio che L’origine dell’uomo (1871) di Darwin aveva trasgredito gli standard di rispettabilità vittoriani, i critici lo collegarono all'eccentrico Algernon Swinburne, noto poeta del movimento estetico e del decadentismo. Il libro di Darwin divenne sempre più implicato con il radicalismo politico, il sensualismo estetico e la depravazione sessuale palese di Swinburne. Alcuni detrattori si lamentarono del fatto che l'apparente ossessione di Darwin per il sesso rendesse il suo nuovo libro adatto alla lettura solo per i gentiluomini più mondani. Questi tentativi di connettere Darwin con l'immoralità divennero ostacoli significativi nello stabilire la visione del mondo dei naturalisti come un'alternativa moralmente accettabile a quella cristiana. Darwin modificò la sua opera per evitare ogni accenno di indecenza, e anche Tyndall e Clifford furono costretti a modificare parti dei loro scritti per ragioni simili. Se volevano essere considerati membri dell'élite intellettuale, i naturalisti scientifici non avevano altra scelta che costruire il loro modello di autorità scientifica professionale in linea con gli standard di rispettabilità degli avversari. Tyndall non era stato abbastanza attento nel suo Belfast Address per proteggersi dall'accusa di materialismo. La sua rivendicazione per l'autonomia di una scienza basata sul materialismo metodologico favorì gli attacchi alla sua reputazione. 

Prima della conferenza di Belfast, Tyndall veniva solitamente visto in una luce positiva nella stampa periodica, sebbene con alcune riserve. Non era etichettato come materialista. Ma dopo Belfast fu visto come un materialista aggressivo, disonesto, subdolo e chiaramente non britannico. Anche nel 1870, l'accusa di materialismo era seria. Raggruppava Tyndall insieme a atei della classe inferiore, gettando aspre aspirazioni sul suo status di membro dell'élite intellettuale. I cristiani conservatori, indignati dal Belfast Address, cercarono di approfittare di tutte le connotazioni sgradevoli associate all'etichetta di materialista. Anche se Tyndall aveva dichiarato di non accettare il materialismo come una completa filosofia di vita, la frase riportata del Belfast Address dove affermava che "la promessa e la potenza di tutta la vita terrestre poteva essere trovata nella materia" era citata o riferita da molti dei suoi critici. Questa frase era tra le più controverse del discorso, specialmente se presa fuori dal contesto, e molti periodici la citavano come prova che Tyndall era un materialista, nonostante il suo rifiuto del materialismo volgare. L’Edinburgh Magazine faceva riferimento al "vangelo del materialismo" di Tyndall; il Christian Observer sosteneva che "il professor Tyndall è un esponente accettato del materialismo"; e l’Irish Monthly dichiarò che "tutto ciò che dice tende a preparare la mente per quella professione di fede materialistica in cui culmina il suo discorso". I nemici di Tyndall credevano di avere ora la "pistola fumante" che dimostrava che fosse un materialista. 


Una volta identificato come materialista, Tyndall poteva essere criticato per una serie di peccati mortali. Il suo materialismo fu presentato come originario di tradizioni intellettuali eterodosse e straniere. L’Irish Monthly la ricondusse alla Germania, la "terra dei filosofi folli", mentre la Dublin Review la collegava al buddismo. Sia che il materialismo di Tyndall fosse presentato come tedesco o asiatico, i critici furono d'accordo che non era né ortodosso né britannico. Dal momento che il materialismo di Tyndall non derivava da un buon lignaggio intellettuale britannico, era moralmente corrotto. Gli oppositori di Tyndall affermarono che la sua mancanza di autorità morale poteva essere vista nella scadente qualità degli studi, nell'uso disonesto del linguaggio e nell'abuso del ruolo di presidente della British Association. Di conseguenza, il suo discorso ripeteva le inesattezze storiche delle fonti e mancava di originalità. Tyndall fu anche criticato per aver cercato di nascondere le pericolose conseguenze materialistiche ed eterodosse del suo pensiero. La Contemporary Review contestò l'uso da parte di Tyndall del termine "anima", che, per il pubblico della rivista, portava con sé vecchie e amate associazioni religiose. Poiché Tyndall non credeva in un'anima, usava il termine "in modo disonesto e trasandato". Infine, Tyndall fu accusato di rompere con la tradizione usando il prestigioso discorso per diffondere il materialismo piuttosto che rivedere gli sviluppi scientifici dell'anno precedente. Abusare del ruolo del presidente della società scientifica più pubblicamente visibile della Terra era un peccato imperdonabile. Nell’Edinburgh Magazine, Tyndall fu criticato per aver usato un "luogo di privilegio" per esprimere le sue opinioni religiose private, che non avevano nulla a che fare con gli scopi dell'Associazione. C'era un "grado di impertinenza nell'aver approfittato di un'occasione del genere". 

Dopo il Belfast Address, era discutibile se Tyndall fosse o meno idoneo a far parte dell'élite intellettuale, per non parlare dell'élite scientifica. Gli mancava la rispettabilità. Facendo affidamento su una retorica accesa nel Belfast Address per difendere i metodi e gli obiettivi del naturalismo scientifico, Tyndall aveva fornito ai suoi nemici un'occasione d'oro per minare la sua autorità culturale. Ma i suoi critici non si fermarono qui. Estesero il loro attacco a Tyndall per colpire il naturalismo scientifico nel suo complesso. 

Tyndall era considerato il tipico rappresentante degli scienziati moderni. Secondo il Christian Observer, "il professor Tyndall può essere considerato un rappresentante della scienza moderna in grado eminente". I critici del naturalismo scientifico quindi lanciarono uno sforzo concertato per scuotere la fede del pubblico britannico nei confronti dell'autorità dei principali scienziati che si schierarono con Tyndall. 

Una strategia per minare l'autorità scientifica di Tyndall e dei suoi alleati era quella di metterli contro altri scienziati. Approfittando di una conferenza nel 1877 di Rudolf Virchow, professore di patologia a Berlino, che sosteneva che l'evoluzione non era ancora stata sperimentalmente dimostrata, la Quarterly Review sfidò la posizione di Tyndall secondo cui gli scienziati accettavano l'evoluzione umana come un fatto. "Ciò getta", dichiarò il commentatore, "come abbiamo detto, un grave discredito sul giudizio del professor Tyndall come uomo di scienza, che non dovrebbe trattare come una verità consolidata una speculazione che attualmente non è assolutamente scontata in base alle nostre recenti conoscenze". La Contemporary Review, per spezzare il legame di Tyndall tra teoria atomica e materialismo, sosteneva che i fisici moderni non credevano più che "polverizzando il mondo nelle sue particelle minime e contemplando le sue componenti dove sono vicine al nulla, ci imbatteremo in qualcosa di estremo oltre il quale non c’è nulla”. Porre Tyndall e i suoi amici contro stimati scienziati sia in Gran Bretagna che in Europa era una strategia per mettere in dubbio la loro autorità scientifica, la loro pretesa di parlare a nome della scienza.

L’universo invisibile di Tait e Stewart 


Nel 1875, preannunciato da un oscuro messaggio in codice su Nature, fu pubblicato in forma anonima il libro The Unseen Universe (L’universo invisibile). Il libro era senza dubbio l’opera di uno o più fisici e, siccome essi allora non erano poi molto numerosi, non fu difficile determinare la paternità dall'evidenza interna. Esso fu attribuito al fisico e matematico scozzese Peter Guthrie Tait, professore a Edimburgo e amico d’infanzia di Maxwell, e all'altro fisico scozzese Balfour Stewart, professore a Manchester. I loro nomi comparvero sulla copertina di The Unseen Universe solo con la quarta edizione, nel 1876. 

Nel testo i due cercavano di conciliare le ultime scoperte della fisica del tempo, di cui erano tra i protagonisti, con la religione, in un modo che oggi appare ingenuo e che allora affascinò alcune tra le menti più brillanti della scienza britannica. Il libro era una risposta alle posizioni razionaliste di Tyndall, realizzata, com'era nel loro stile, cercando di evitare i toni troppo polemici. I due autori affermavano che i miracoli e la fede nell'Aldilà sono compatibili con la scienza moderna, invocando un “Principio di Continuità” per il quale le idee umane, condizionate dal reale, possono svilupparsi verso l’incondizionato, l’assoluto. Così scrivevano nella prefazione:

“L’oggetto della presente opera è tentare di mostrare come la presunta incompatibilità di Scienza e Religione non esiste. Ciò, infatti, dovrebbe essere evidente a tutti coloro che pensano che il Creatore dell’Universo è egli stesso l’Autore della Rivelazione. Ma è stranamente impressionante notare come spesso pochissimo è sufficiente ad allarmare anche la fede più salda”. 

Preceduto da un primo capitolo ambizioso e sproporzionato, contenente una panoramica sulle idee riguardanti l’immortalità dell’anima presso i popoli antichi, il nucleo dell’opera può essere considerato l’affermazione che la materia è fatta da molecole, paragonate ad anelli a vortice immersi in fluido imperfetto, cioè l’etere. A sua volta, l’etere è fatto da particelle molto più piccole, che sono anelli a vortice di un secondo etere. Queste particelle più piccole, con l’etere nel quale fluttuano, costituiscono l’universo invisibile. 

Queste idee erano in perfetto accordo con le teorie prevalenti allora. Nel 1867 Tait aveva dimostrato la mutua relazione degli anelli di fumo, scoperta che a William Thomson, Lord Kelvin, ispirò la teoria degli atomi vortice, formati da un'onda intrecciata in un nodo chiuso. Annodandosi in maniere più o meno complicate, le onde darebbero origine ai diversi tipi di atomi, con differenti proprietà. Le molecole deriverebbero dall'unione dei nodi. La teoria fu presto falsificata, ma contribuì alla nascita della teoria dei nodi, la branca della topologia che si occupa delle curve chiuse intrecciate nello spazio, con applicazioni in fisica subatomica, chimica molecolare e biologia. Quando scrisse The Unseen Universe, Tait si stava occupando della classificazione dei nodi. 

A queste considerazioni fisiche, Tait e Stewart vollero aggiungere considerazioni più ardite. Ogni pensiero che viene pensato è accompagnato da certi movimenti delle molecole più grandi nel cervello, e questi movimenti sono propagati attraverso l’universo visibile, ma una parte di ciascun movimento è assorbito dalle particelle fini nell'universo invisibile. Nell'universo visibile, l’etere non è sottile e perfetto e ciò spiega il principio di entropia, secondo il quale l’energia si degrada costantemente, e la morte è il destino di ogni vita materiale. Pertanto, l’immortalità è impossibile nell'universo conosciuto, ma può tuttavia esistere in un universo parallelo, accessibile teoricamente attraverso il mezzo etereo comune a entrambi: 
(…) la legge di gravitazione ci assicura che ogni movimento che avviene nel cuore più profondo della Terra si avverte in tutto l’universo, e possiamo immaginare che la stessa cosa possa valere anche per quei movimenti molecolari che accompagnano il pensiero. Perché ogni pensiero che pensiamo è accompagnato da un movimento delle particelle del cervello, e, in qualche modo – con tutta probabilità per il tramite del mezzo – possiamo immaginare che questi movimenti si propaghino in tutto l’universo”. 
L’elettromagnetismo di Maxwell forniva la chiave per spiegare come poteva avvenire il trasferimento molecolare tra l’universo visibile e quello invisibile. Per i due autori, l’elettromagnetismo era sufficientemente immateriale per comprendere sia il corpo sia la mente senza dover ricorrere eccessivamente ai concetti teologici di anima o spirito. La sopravvivenza dell’identità personale sarebbe stata assicurata dalla natura molecolare delle tracce di memoria e dal principio di conservazione dell’energia. Anche le temibili conseguenze dell’entropia sarebbero state azzerate.

Secondo Balfour e Tait, il pensiero può influenzare la materia di un altro universo e spiegare uno stato futuro. Esiste una struttura costituita dalle particelle più piccole nell'universo invisibile che possiamo assimilare all'anima, che è dotata di un suo organo di memoria “molecolare”. Durante la vita è unita al corpo. Alla morte di quest’ultimo, l’anima, con il suo organo di memoria, è semplicemente lasciata libera dall'associazione con le molecole più grandi della materia visibile. In questo modo, facendosi prendere la mano, i due autori ritenevano di aver dimostrato la possibilità fisica dell’immortalità dell’anima. 

L’ultima parte del libro era ancor più curiosa: gli autori trasformavano la possibilità dell’immortalità dell’anima in un assunto, che utilizzarono per spiegare le principali dottrine del cristianesimo. Così, in modo assai bizzarro, è possibile trovare ad esempio una discussione sul ciclo di Carnot accanto a lunghe citazioni tratte dagli apostoli e dai profeti. 

Nel suo complesso il testo falliva, come tutti i precedenti e i successivi, nel tentativo di dare una risposta ai misteri della vita, dell’universo e del tutto. Non riusciva neanche a rassicurare il teologo diffidente che la scienza non gli è nemica. Inoltre, era ripetitivo, talvolta superficiale quando i due autori si avventuravano in aree scientifiche al di fuori del loro campo di competenza, per tacere della parte più prettamente teologica. 



Ciò nonostante, il libro riuscì per qualche tempo a rassicurare il pubblico colto sempre più impaurito dalle stupefacenti scoperte e realizzazioni della fisica, compresi quegli scienziati credenti disposti a sorvolare le molte imperfezioni, le fallacie logiche, le lacune. Tra questi lo stesso Maxwell, che era credente e, ciò nonostante, più di una volta aveva sostenuto la tesi che scienza e religione costituiscono due dimensioni separate. In una bozza della lettera di risposta che intendeva inviare al Victoria Institute, un’associazione che intendeva riconciliare la scienza e il cristianesimo, aveva scritto:
“Penso che si debbano considerare i risultati ai quali perviene ciascuna persona nei suoi tentativi di armonizzare la sua scienza con il suo cristianesimo come aventi significato solo per la persona stessa (…) e non debbano ricevere nessun sigillo sociale”. 
Vi fu anche chi non lesinò feroci critiche all'universo invisibile di Tait e Stewart. Il matematico e filosofo William Kingdon Clifford, in una lunga ed elaborata recensione assai satirica, comparsa sul Fortnightly Review del giugno 1875, si chiedeva come mai, se erano possibili due eteri, perché non quattro o cinque o sei? E allora perché solo due universi con il loro apparato di “mitologia cristiana – corpi spirituali, pieni di energia, angeli, arcangeli, incarnazione, demoni molecolari, miracoli e giudizi finali”? Per Clifford, The Unseen Universe “ha tutto lo stampo dello scritto cristiano apologetico”. Gli autori, per quanto fisici rispettati, hanno raggiunto conclusioni che “sono talvolta sollevate da ali teologiche al di là dei confini dell’assennata deduzione”, ma “saranno ben accolte e ampiamente lette da coloro per sostenere le cui amatissime convinzioni [il libro] è concepito”. Il diffuso desiderio di immortalità non è prova di verità, infatti “la vita senza fine è una cosa inconcepibile” e la brama di non aver fine significa “semplicemente la negazione della morte”. L’alternativa teologica alla morte, tuttavia, “non è ordinata, non naturale, non salutare, ma mostruosa o soprannaturale; il cui aspetto nebuloso si rispecchia a malapena nei sogni di un sonno agitato o le follie di un malato di mente”. Tipo tosto, il Clifford.

L’esame di McCosh


Molto meno ingenua fu la critica mossa a Tyndall e alla sua corrente di pensiero da James McCosh, filosofo scozzese divenuto insegnante di Filosofia Morale e poi presidente dell’università americana di Princeton. La sua replica, contenuta in Ideas in Nature Overlooked by Dr. Tyndall: Being an Examination of Dr. Tyndall's Belfast Address (1875), era sferzante e, per certi versi, documentata. La prima reprimenda allo scienziato irlandese riguardava la sua scarsa preparazione filosofica:
“Gli errori, che è sicuro che siano commessi da qualcuno che non è padrone della materia e confida nelle autorità secondarie, risaltano, e subito. Così [Tyndall] parla di Empedocle "che notò questa lacuna nella dottrina di Democrito", mentre ogni tirocinante in filosofia sa che Empedocle visse prima di Democrito. Parlando di Democrito e Lucrezio, Pitagora esegue "i suoi esperimenti sugli intervalli armonici", come se Pitagora non fosse morto prima della nascita di Democrito. [Tyndall] rappresenta Aristotele come se predicasse l’induzione senza praticarla, mentre egli praticava l'induzione nella sua storia naturale, ma certamente non la presentò come fece in seguito Bacone. Egli attribuisce, si potrebbe dimostrare, una dottrina a Protagora, il sofista, che nessuno studioso gli attribuisce. Uno scrittore (Thomas Davidson), nel numero di ottobre del Journal of Speculative Philosophy, dimostra che egli non ha dato un resoconto completamente corretto nemmeno della filosofia del suo prediletto Democrito, che sostiene fece dipendere tutte le varietà di cose dalle varietà di atomi "in numero, dimensioni e aggregazione", mentre Aristotele, l'unica autorità originale su questo argomento, dice che li fece dipendere dalla "figura, aggregazione, e posizione". Nello stesso articolo si dimostra che il Dr. Tyndall commette errori in tutte le poche allusioni che fa ad Aristotele”.  
Liquidate, non senza torto, le competenze filosofiche di Tyndall con il motto nec sutor ultra crepidam, McCosh si avventurava a sua volta in un terreno che non conosceva, trattando la teoria atomica. Citando Dalton e la legge delle proporzioni costanti, dubitava che lo stesso elemento possa manifestarsi in forme diverse e con pesi e densità diverse. Gli atomi erano mere creazioni intellettuali, alla stessa stregua del punto matematico, che non è altro che un indicatore di posizione. In fondo, affermava, nessuno ha mai visto un atomo isolato.
"Una disposizione", per usare l'espressione del dottor Chalmers, "di cose che non abbiamo difficoltà a immaginare siano state organizzate diversamente". Perciò conclude: "Sebbene nel corso dei secoli si siano verificate catastrofi e possano ancora accadere nei cieli, sebbene i sistemi antichi possano essere dissolti e nuovi sistemi si siano evoluti dalle loro rovine, le molecole da cui questi sistemi sono costruiti – le pietre di base dell'universo materiale – sono rimaste intatte e intonse. Continuano oggi come sono state create, perfette in numero, misura e peso, e, dai loro caratteri incancellabili, possiamo apprendere, dopo accuratezza nella misurazione, che quelle aspirazioni, la verità nell'affermazione e la giustizia nell'azione, che noi consideriamo i nostri più nobili attributi come uomini, sono le nostre perché sono componenti essenziali dell'immagine di Colui, che, all'inizio, ha creato non solo il cielo e la terra, ma i materiali con i quali cielo e terra sono fatti". 
Gli atomi e le molecole, affermava McCosh, sono ammissibili per spiegare l’organizzazione della materia, ma non potranno mai spiegare le leggi e le operazioni della mente:
“Non ci sono prove che c'è una sensazione in ognuno di questi atomi, o quella sensazione sarà prodotta da due o più di loro che si urtano l'uno con l'altro? Potremmo essere in grado di spiegare le forme di una pietra o di una montagna, di un pianeta o di una stella, da parte di agglomerati atomici. Ma possiamo, con ogni apparenza di plausibilità, spiegare in questo modo l'affetto di una madre per suo figlio, di un patriota per il suo paese, di un cristiano per il suo Salvatore? Aggregateli come preferite e lasciateli ballare come vogliono, ma non sembra esserci alcun potere in loro per generare le fantasie di Shakespeare, le sublimità di Milton, la penetrazione di Newton, o la grandezza morale della morte di Socrate”. 
McCosh criticava inoltre le idee riguardo alla casualità nell'evoluzione propugnate da Darwin, Huxley e Tyndall, cercando di dimostrare che la complessità di organi, organismi e sistemi biologici testimonia un’Intelligenza creatrice e un fine (una sorta di Disegno Intelligente, con persino i classici esempi della complessità dell’occhio o della collaborazione delle api alla riproduzione delle piante dotate di fiori). Inoltre, il materialismo di Tyndall non poteva giustificare l’emergere della vita e dell’intelligenza umana.

Il pamphlet di McCosh si concludeva con quello che allora sembrava l’attacco più penetrante, cioè quello alle credenze personali di Tyndall. Egli non sarebbe stato, per sua stessa ammissione, un ateo, ma non poteva nemmeno essere considerato un teista, perché non ammetteva un Dio al di fuori della natura, o un panteista, come Fichte, perché, in fondo, non vedeva nella natura alcunché di divino. Tindall era un materialista, ma il fatto di concedere che esiste un potere imperscrutabile e che "La scienza fisica non può coprire tutte le esigenze della natura umana", insomma di esprimere una posizione scettica e dubbiosa, lo esponeva a un altro genere di critica:
“Ma non c'è il rischio che questo sistema vuoto minacci i nostri sentimenti più grandi, dimostrando che questa regione al di fuori della scienza è una regione dell'oscurità? I nostri sentimenti, per essere permanenti e che non possono essere uccisi dalla malaria della "debolezza e del dubbio", devono essere fondati sulla convinzione e su una convinzione che può giustificarsi. Colui che rimuove il fondamento della convinzione dentro di sé mente per minare e disperdere le emozioni. La natura può suscitare in noi sentimenti di stupore, sublimità e amore, solo per quanto si suppone sia pervaso da intelligenza e bontà. Quali sono questi sentimenti, quali sono la loro natura e la loro origine? Qual è questa religione collocata nel cuore dell'uomo? Sono semplicemente il prodotto di atomi che fortunatamente si sono combinati in un certo modo in un periodo di "pensiero più forte e più sano", ma possono separarsi in un'ora immediatamente successiva di "debolezza e dubbio"? Se non lo sono, allora abbiamo qui qualcosa che gli atomi non possono spiegare, e l'intera teoria va in rovina (…) Sono convinto che la tendenza di questa teoria vuota, e la sua effettiva influenza, nella misura in cui è adottata dalla nuova generazione, è quella di sradicare quei più grandi sentimenti di ammirazione e di amore, che sono i più interessanti, vivificanti e influenti elementi nella nostra natura morale e religiosa. (…) Alla fine, i nostri sentimenti naturali e spontanei saranno più forti di qualsiasi forma artificiale di incredulità speculativa; e zampilleranno a volte come una fontana, nonostante tutti gli sforzi per reprimerle. Ma hanno un tale potere perché le acque sono profonde nella nostra natura e nella nostra costituzione e alimentate dal cielo sopra e dalla terra intorno, penetrate dalle influenze discese dal cielo". 
Così, con perfido ingegno, McCosh accusava Tyndall di propagandare una visione fredda e triste dell’universo e dell’uomo, privata dei sentimenti che, a suo dire, possono essere ispirati solo da Dio.

Il retaggio 

Un'analisi del Belfast Address e il conseguente dibattito offrono un eccellente punto di osservazione da cui partire per comprendere lo stato culturale del naturalismo scientifico vittoriano in quel particolare momento. Se figure come Tyndall o Huxley non fossero state molto attente al modo in cui difendevano il materialismo metodologico, una componente integrale del loro pensiero, avrebbero pagato un prezzo enorme: la loro autorità scientifica e culturale era sotto attacco. La loro appartenenza all'élite intellettuale fu contestata e la loro rispettabilità fu messa in discussione. Qualunque fosse la libertà intellettuale che erano riusciti a conquistare per coloro che desideravano rivendicare l'autonomia della scienza, l'espressione del sostegno al materialismo di qualsiasi tipo non era ancora tollerata in Gran Bretagna negli anni '70 dell'Ottocento. Qualunque potere avessero conquistato attraverso le loro strategie per riformare la scienza e la società britanniche, quel potere rimaneva precario. 

Eppure, lasciarono il segno nella cultura britannica. I naturalisti scientifici, in particolare Huxley e Tyndall, furono in grado di guidare la politica della scienza quando erano all'apice del loro potere, tra il 1870 e il 1880. Furono in grado di sfidare l'autorità scientifica, e persino quella culturale, del clero anglicano. Attraverso le loro conferenze e scritti, incoraggiarono il pubblico vittoriano a mettere in discussione credenze largamente diffuse sulla natura della società, sul ruolo dell'umanità nella natura e sul ruolo della religione in un mondo moderno e industrializzato. Di conseguenza, il Belfast Address fu considerato un evento culturale epocale ben oltre gli anni Settanta dell'Ottocento.

Quando Tyndall morì, nel 1893, terminate da tempo le dispute, la sua figura fu rivalutata, anche con quella certa dose di ipocrisia che da sempre i credenti mostrano quando un vecchio avversario indomito viene annoverato post-mortem tra le loro fila (penso ad esempio al Galileo di Zichichi). In un ricordo intitolato Professor Tyndall as a Materialist, pubblicato sulla North American Review il primo gennaio 1894, il filosofo e ministro presbiteriano John Gier Hibben, futuro presidente dell’Università di Princeton, sosteneva che Tyndall si distinse radicalmente dal rango dei materialisti puri. Trascurare questa differenza impediva una stima onesta e giusta dell'uomo, come scienziato e filosofo. È vero che trovava nella materia "la promessa e la potenza di ogni forma e qualità della vita", tuttavia, egli riconobbe francamente i limiti naturali alla posizione del materialista, vale a dire che, poste le proprietà e le leggi della materia, rimane da spiegare la sua genesi, altrimenti il problema è lasciato in uno stato irrisolto e insoddisfacente. Egli lo riconobbe, come pure riconobbe i limiti dell'ipotesi darwiniana come filosofia finale, e che anch'essa lascia senza risposta le molte domande su Dio, la natura e la vita umana. 

Al limite più estremo della sua indagine scientifica, Tyndall riconobbe sempre più un alone di mistero, verso cui guardò con interesse e riverenza. Si poteva definire la sua posizione agnostica, ma anche il suo agnosticismo doveva essere distinto da quello di molti che su di esso plasmano la loro filosofia o piuttosto la mancanza di filosofia. Per lui, la conoscenza era o un fatto osservato, o una legge indotta attraverso esperimenti verificati. Tutto il resto era al di là della sua comprensione. Egli era uno che ha un solo desiderio di conoscere la verità e aveva una sola paura: di credere a una bugia. Il suo agnosticismo non negava la possibilità che possa esserci una spiegazione alle domande sulla vita, presente e futura. Non aveva una risposta, ma era lontano dall'affermare che la risposta è impossibile. Riconosceva la parte che la natura emotiva dell'uomo ha giocato nella storia del suo sviluppo; e in questa natura emotiva i sentimenti e le aspirazioni religiose occupavano un posto di rilievo. Questo non è il linguaggio del materialismo. Qui c'è uno spirito non solo reverenziale, ma adorante; e non possiamo sopprimere la convinzione che nel profondo della sua anima c'erano molti tesori di fede e di speranza mai rivelati all'occhio umano. 

Così, all'ateo, materialista, perverso, indegno Professor Tyndall di vent'anni prima ora quasi si faceva indossare il colletto del bravo ministro protestante. Sic transit gloria Mundi.

giovedì 9 agosto 2018

John Tyndall, il Belfast Address e la laicità della scienza (1)

Scienziato e divulgatore 

John Tyndall (1820-1893) era nato nella contea di Carlow, nell'Irlanda meridionale, da una famiglia inglese emigrata da un secolo e mezzo. La famiglia di Tyndall aveva lottato per sbarcare il lunario. Suo padre, sfortunato calzolaio e commerciante di pelletteria, entrò nel Constabulary, la polizia irlandese. Era un ardente orangista a capo di una famiglia fortemente protestante. A diciotto anni, Tyndall, che aveva fatto studi da geometra, entrò nel Servizio Topografico irlandese come assistente civile. Nel 1842 fu trasferito al Servizio inglese a Preston. Nella sua posizione, Tyndall visse in prima persona i tempi difficili dei primi anni Quaranta, quando scoppiò la rivolta dei tessitori affamati di Preston, duramente repressa nel sangue. I problemi sociali, i disordini dei Cartisti e gli scritti di Thomas Carlyle lo spostarono verso una posizione politica più radicale e una posizione religiosa più dubbiosa. Insoddisfatto dall'inefficienza dell'amministrazione del Servizio e della sua iniquità nei confronti degli assistenti irlandesi, Tyndall protestò formalmente assieme ai colleghi e fu con loro licenziato nel novembre del 1843. Nel luglio 1844 trovò un posto più redditizio (quattro volte la paga precedente) in uno studio di geometra privato a Preston, e per i successivi tre anni si ritrovò nel mezzo del boom delle costruzioni ferroviarie: l'esperienza di rilevamento del territorio di Tyndall era preziosa e richiesta dalle compagnie. 

Nel 1847 lo sviluppo impetuoso della ferrovia stava calando, e Tyndall accettò un incarico come insegnante di matematica al Queenwood College nello Hampshire. Rimase affascinato dalla filosofia naturale e andò in Germania nel 1848 per frequentare l'Università di Marburgo, dove conseguì il dottorato e maturò una grande esperienza in fisica sperimentale frequentando il laboratorio di Robert Bunsen. Tornato in Inghilterra nel 1851, dove gli incarichi scientifici erano scarsi, fu costretto a riprendere il suo lavoro al Queenwood. Negli anni successivi, Tyndall fece domanda senza successo per diversi incarichi universitari. Nonostante avesse lavorato con alcuni dei più eminenti scienziati tedeschi dell'epoca, fu superato da uomini apparentemente meno qualificati. Il suo stato di irlandese di classe inferiore rendeva difficile per lui conquistare la fiducia dell'élite scientifica di Londra. 

I primi lavori originali di Tyndall in fisica furono gli esperimenti sul magnetismo e la polarità diamagnetica, su cui lavorò dal 1850 al 1856. Queste e altre indagini sul magnetismo lo resero molto noto tra i principali scienziati del tempo. Fu eletto membro della Royal Society nel 1852. Nella sua ricerca di un adeguato incarico di ricerca, chiese agli uomini di scienza che conosceva, tedeschi e inglesi, di scrivere referenze in suo favore. Finalmente, nel 1853, ottenne la prestigiosa nomina di professore di filosofia naturale (fisica) presso la Royal Institution di Londra, in gran parte grazie alla stima che gli riservava Michael Faraday. Rimase alla Royal Institution per il resto della sua carriera, affermandosi come fisico di primo piano e docente molto rispettato. Circa un decennio più tardi, Tyndall fu nominato direttore, dopo il pensionamento di Faraday. Ma gli sforzi per superare gli ostacoli derivanti dalle sue umili origini lasciarono segni indelebili nel suo spirito. 

A partire dalla fine degli anni ‘50, Tyndall studiò l'azione dell'energia radiante sui costituenti dell'aria, il che lo condusse verso diverse linee di ricerca. Tyndall spiegò il calore nell'atmosfera terrestre con la capacità dei vari gas presenti nell'aria di assorbire il calore radiante, cioè la radiazione infrarossa. Con un dispositivo da lui concepito, misurò correttamente i poteri assorbenti all'infrarosso dei gas: azoto, ossigeno, vapore acqueo, anidride carbonica, ozono, metano, ecc. (1859). Capì inoltre che il vapore acqueo è il più forte assorbente di calore radiante nell'atmosfera ed è il principale gas che controlla la temperatura dell'aria. Prima di lui si era da più parti ipotizzato che l'atmosfera della Terra produce un effetto serra, ma fu il primo a dimostrarlo (1860). La prova era che il vapore acqueo assorbiva fortemente la radiazione infrarossa.


All'inizio del 1861 scriveva: 
"Tutti i gas e i vapori finora menzionati [che assorbono calore radiante] sono trasparenti alla luce, vale a dire che le onde dello spettro visibile passano tra di loro senza assorbimento sensibile. È chiaro perciò che il loro potere di assorbimento dipende dalla periodicità delle ondulazioni che li colpiscono (...) ed è stato definitivamente dimostrato da Kirchhoff che ogni atomo assorbe in modo speciale quelle onde che sono sincrone con i propri periodi di vibrazione”. 
Più tardi eseguì esperimenti sulla modalità con la quale il calore radiante viene assorbito ed emesso a livello molecolare. Tyndall fu forse il primo a dimostrare sperimentalmente che l'emissione di calore nelle reazioni chimiche ha la sua origine fisica all'interno delle molecole coinvolte (1864). 

Nelle indagini sul calore radiante nell'aria era stato necessario utilizzare l'aria da cui erano state rimosse tutte le tracce di polvere fluttuante e di altro particolato. Un modo molto preciso per rilevare il particolato è di illuminare l'aria con un fascio di luce intensa orientata di un certo angolo rispetto all'osservatore. La dispersione visibile nella luce di impurità particolate nell'aria e in altri gas, e nei liquidi, è conosciuta oggi come effetto Tyndall

Negli esperimenti dei primi anni Sessanta, egli dimostrò che le proprietà principali della luce visibile (riflessione, rifrazione, diffrazione, polarizzazione, ecc.) si possono ottenere anche con il calore radiante. Grazie alla sua esperienza sull'assorbimento del calore radiante da parte dei gas, inventò un sistema per misurare la quantità di anidride carbonica in un campione di respiro umano esalato. Le basi del sistema di Tyndall sono oggi utilizzate quotidianamente negli ospedali per il monitoraggio dei pazienti sottoposti ad anestesia. 

In laboratorio, Tyndall escogitò un modo semplice per ottenere aria "otticamente pura", cioè priva di particolato. Costruì una scatola di legno quadrata con un paio di finestre di vetro. Prima di chiudere la scatola, rivestì le pareti interne e il pavimento della scatola con glicerina, che è appiccicosa. Dopo alcuni giorni di attesa, l'aria all'interno della scatola era completamente priva di particelle se esaminata con forti fasci di luce attraverso le finestre di vetro. Le particelle fluttuanti erano finite per rimanere attaccate alle pareti o sedimentate sul pavimento appiccicoso. Ora, nell'aria otticamente pura non c'erano segni di alcun "germe", cioè nessun segno di microrganismi galleggianti. Tyndall sterilizzò alcuni brodi di carne semplicemente facendoli bollire, e poi confrontò quello che accadeva lasciando che questi brodi di carne rimanessero nell'aria otticamente pura e nell'aria ordinaria. I brodi nell'aria otticamente pura rimasero "dolci" (come egli disse) da odorare e gustare dopo molti mesi, mentre quelli nell'aria ordinaria cominciavano a diventare putridi dopo alcuni giorni. Questa dimostrazione estese le precedenti dimostrazioni di Louis Pasteur che la presenza di microrganismi è una precondizione per la decomposizione della biomassa. Tuttavia, l'anno successivo (1876) Tyndall non riuscì a riprodurre coerentemente il risultato. Alcuni dei suoi brodi apparentemente sterilizzati marcivano nell'aria otticamente pura. Alla ricerca di una spiegazione, Tyndall giunse a trovare spore batteriche vitali (endospore) in brodi presumibilmente sterilizzati a caldo. Scoprì che i brodi erano stati contaminati da spore batteriche in laboratorio. Tutti i batteri vengono uccisi con la semplice bollitura, tranne le loro spore, che possono sopravvivere all'ebollizione, Tyndall trovò un modo per eliminare le spore batteriche, che era detto "tyndallizzazione". Essa fu il primo metodo efficace conosciuto per distruggere le spore batteriche. Durante la metà degli anni Settanta Pasteur e Tyndall ebbero una frequente corrispondenza. 


Verso la fine degli anni Sessanta e l'inizio dei Settanta, scrisse un libro introduttivo sulla propagazione del suono nell'aria, e partecipò a un progetto britannico su larga scala per sviluppare una sirena migliore. In prove di laboratorio con aria satura di vapore, motivate dallo studio della propagazione del suono nella nebbia, Tyndall scoprì che il suono è parzialmente riflesso quando una massa d'aria con una certa temperatura e densità ne incontra un'altra con temperatura e densità diverse. Il suono viaggia male a causa delle riflessioni che si verificano nelle interfacce tra le masse d'aria, e molto male quando sono presenti molte di queste interfacce. 


Tyndall era uno sperimentatore e un costruttore di apparecchi da laboratorio, non un costruttore di modelli astratti, ma nei suoi esperimenti sulle radiazioni e sul potere assorbente il calore dei gas, aveva un programma di fondo per comprendere la fisica delle molecole. Disse nel 1879: "Durante nove anni di lavoro sul tema delle radiazioni, il calore e la luce furono trattati da me, non come fini, ma come strumenti con l'aiuto di cui la mente poteva conoscere le particelle ultime della materia”. Oltre al calore, considerò anche il magnetismo e la propagazione del suono come riducibili ai comportamenti molecolari. 

Oltre ad essere uno scienziato, John Tyndall era un insegnante di scienze e attivista della causa della scienza. Dedicò una buona parte del suo tempo a divulgare la scienza al grande pubblico, soprattutto con centinaia di conferenze presso la Royal Institution di Londra. Quando partecipò a un giro di conferenze pubbliche negli Stati Uniti nel 1872, grandi folle di non scienziati pagarono per ascoltarlo mentre parlava della natura della luce. A Tyndall e al suo pubblico piacevano le dimostrazioni sperimentali che avevano un elemento di spettacolo: egli selezionava i temi da trattare e scriveva una specie di sceneggiatura, poi faceva le prove assieme ai relativi esperimenti. Si direbbe che avesse per le sue pubbliche conferenze la stessa cura in produzione di una recita teatrale. Il grande pubblico fu conquistato anche dai suoi libri di scienze, la maggior parte dei quali non erano scritti per esperti o specialisti, che furono tradotti in francese e tedesco e rimasero in vendita per decenni. A partire dalla metà degli anni ‘60, fu uno dei fisici viventi più famosi del mondo, in primo luogo grazie alla sua abilità di divulgatore. 

A riprova della sua instancabile attività, un catalogo internazionale delle riviste di ricerca scientifica, pubblicato dalla Royal Society alla fine del XIX secolo, riporta John Tyndall come autore di oltre 147 articoli datati tra il 1850 e il 1884, con una media di oltre quattro all'anno. Oltre ai suoi lavori di ricerca, tra il 1860 e il 1881 Tyndall pubblicò anche 13 libri divulgativi di scienze.


Il Belfast Address 

La maggior parte dei fisici britannici della generazione di Tyndall erano credenti e piuttosto ortodossi in materia di religione. Tra di essi, ad esempio, c’erano James Joule, Balfour Stewart, James Clerk Maxwell, George Gabriel Stokes e William Thomson, tutti scienziati che indagavano il calore o la luce contemporaneamente a Tyndall. Essi pensavano che la religione e la scienza fossero compatibili l'una con l'altra. Tyndall, invece, era membro di una cerchia crescente ma ancora minoritaria che sosteneva la teoria dell'evoluzione di Darwin e cercava di delimitare i confini tra religione e scienza. Essi premevano con coraggio per una ridefinizione in chiave secolare della scienza. Il membro più importante di questo circolo era il biologo e filosofo Thomas Henry Huxley, detto il "mastino di Darwin" (sì, era anche il nonno dello scrittore Aldous Huxley). Tyndall incontrò per la prima volta Huxley nel 1851 e i due rimasero amici per tutta la vita. Anche il chimico Edward Frankland e il matematico Thomas Archer Hirst, entrambi conosciuti da Tyndall prima di andare all'università in Germania, ne facevano parte. Tra le fila dei naturalisti scientifici c'era, ovviamente, Charles Darwin (ma in posizione piuttosto defilata: parlavano le sue opere), oltre al filosofo dell'evoluzione Herbert Spencer, al matematico William Clifford, lo statistico Karl Pearson, gli antropologi John Lubbock e Edward Tylor, lo zoologo Edwin Ray Lankester, l'inventore e imprenditore Henry Maudslay e un gruppo di giornalisti, editori e scrittori. 

I naturalisti scientifici non miravano solo a riformare le teorie e le istituzioni scientifiche, ma volevano anche trasformare la cultura britannica. Presentarono nuove interpretazioni dell'umanità, della natura e della società derivate dalle teorie, dai metodi e dalle categorie della scienza empirica, in particolare dalla teoria evolutiva, dalla teoria atomica della materia e dalla termodinamica. Tyndall e i suoi alleati sfidavano l'autorità culturale dell'istituzione anglicana e aristocratica, ritenendo di rappresentare la leadership intellettuale di una Gran Bretagna modernizzata e industrializzata. 

La British Association for the Advancement of Science si riunì nel 1874 a Belfast. Fu un avvenimento importante, rimasto storico. Fu proprio John Tyndall, che era il presidente, a pronunciare il discorso inaugurale (più tardi noto come Belfast Address) la sera del 19 agosto. L'argomento dell’allocuzione di Tyndall era il rapporto della scienza, passata e presente, con il materialismo filosofico. Il discorso innescò una tempesta di polemiche, che accompagnò Tyndall per il resto della sua vita, e cambiò il modo in cui la scienza moderna fu percepita dal pubblico britannico. 

Inoltre, l'audace pronunciamento di Tyndall per il razionalismo e la legge naturale fu fatto a Belfast, una roccaforte di credenze religiose allora come oggi, e fu considerato come un aggressivo attacco alla religione, e in effetti John Tyndall chiaramente usò il suo discorso per sostenere l'autorità superiore della scienza sulle spiegazioni religiose o non razionaliste, pur senza pronunciarsi apertamente a favore di un atteggiamento generalmente scettico. 

Tyndall cominciò il suo discorso parlando della nascita della scienza nell'antica Grecia. Si concentrò soprattutto su Democrito, Epicuro e Lucrezio, uomini coraggiosi la cui teoria atomica era orientata a eliminare la "folla di dei e demoni" che impediva la scoperta della vera conoscenza: 
“I principi enunciati da Democrito rivelano il suo antagonismo intransigente a coloro che deducevano i fenomeni della natura dai capricci degli dei. Sono brevemente questi:  
1. Dal nulla non deriva nulla. Niente di ciò che esiste può essere distrutto. Tutti i cambiamenti sono dovuti alla combinazione e separazione delle molecole.
2. Nulla accade per caso. Ogni evento ha la sua causa dalla quale segue per necessità.
3. Le sole cose esistenti sono gli atomi e lo spazio vuoto; tutto il resto è mera opinione.
4. Gli atomi sono infiniti di numero e infinitamente di forma diversa; si urtano a vicenda, e i moti laterali e i vortici che ne derivano sono l'inizio dei mondi.
5. Le varietà di tutte le cose dipendono dalle varietà dei loro atomi, dal numero, dalla dimensione e dall'aggregazione.
6. L'anima è composta da atomi fini, lisci e rotondi, come quelli del fuoco. Questi sono i più mobili di tutti. Essi compenetrano tutto il corpo e nei loro moti sorgono i fenomeni della vita. 
Le prime cinque proposizioni sono una giusta affermazione generale della filosofia atomica, come ora è stata espressa. Per quanto riguarda il sesto, Democrito ha fatto sì che i suoi atomi levigati agissero al sistema nervoso, le cui funzioni erano allora sconosciute. Gli atomi di Democrito sono individualmente senza sensazione; si uniscono in obbedienza alle leggi meccaniche; e non solo forme organiche, ma i fenomeni di sensazione e pensiero sono il risultato della loro combinazione”.
Riguardo a Epicuro, Tyndall diceva: 
“Uno degli obiettivi principali di Epicuro era liberare il mondo dalla superstizione e dalla paura della morte. Considerò la morte con indifferenza. Essa semplicemente ci deruba delle sensazioni. Finché siamo, la morte non è; e quando la morte è, noi non siamo. La vita non ha più male per colui che ha deciso che non è male non vivere. Adorava gli dei, ma non nella maniera ordinaria. L'idea del potere divino, adeguatamente purificata, la pensava come elevatrice. Insegnò ancora: "Non è senza Dio chi rifiuta gli dei della folla, ma piuttosto chi li accetta". Gli dei erano per lui esseri eterni e immortali, la cui beatitudine escludeva ogni pensiero di cura o interesse di qualsiasi tipo. La natura segue il suo corso secondo le leggi eterne, gli dei non interferiscono mai”. 
Successivamente, Tyndall prendeva in esame il Medioevo, descrivendolo come un periodo devastato dall’aridità scientifica a causa della perniciosa influenza di Aristotele. 
“Come fisico, Aristotele mostrò ciò che dovremmo considerare alcuni dei peggiori attributi di un moderno investigatore della natura: l'indistinguibilità delle idee, la confusione della mente e un uso fiducioso del linguaggio, che portò alla nozione illusoria che egli avesse davvero padroneggiato l’argomento, mentre non era ancora riuscito a coglierne nemmeno gli elementi. Mise le parole al posto delle cose, il soggetto in luogo dell'oggetto. Predicava l'induzione senza praticarla, invertendo il vero ordine dell'indagine, passando dal generale al particolare, anziché dal particolare al generale. Fece dell'universo una sfera chiusa, al centro della quale fissò la Terra, provando da principi generali, per la soddisfazione sua e quella del mondo per quasi duemila anni, che nessun altro universo era possibile. Le sue nozioni di movimento erano completamente non-fisiche. Era naturale o innaturale, migliore o peggiore, calmo o violento: nessuna vera concezione meccanica riguardo ad esso giaceva nel fondo della sua mente. Affermava che il vuoto non può esistere e osservò che, se esistesse, il movimento sarebbe impossibile. Indicò a priori quante specie di animali devono esistere e mostrò su principi generali perché gli animali devono avere tali e tali parti. Quando un eminente filosofo contemporaneo, che è molto lontano da errori di questo tipo, ricorda questi abusi del metodo a priori, sarà in grado di tener conto del rifiuto dei fisici per l'accettazione delle cosiddette verità a priori”. 
(…) “La cristianità si era ammalata della filosofia scolastica e dei suoi rifiuti verbali, che non portavano ad alcuna soluzione, ma lasciavano l'intelletto nella foschia eterna. Qua e là si udiva la voce di un pianto impaziente nel deserto: "Non ad Aristotele, non all'ipotesi sottile, né alla chiesa, la Bibbia o alla tradizione cieca dobbiamo rivolgerci per una conoscenza dell'universo, ma all'investigazione diretta della natura per osservazione e esperimento”.”
Solo la scienza araba fu esente da questi errori. Copernico, Giordano Bruno e Galileo in seguito rivoluzionarono la scienza, nonostante l'impatto reazionario del cristianesimo. Un resoconto su Bacone, Cartesio e Gassendi sottolineava il loro contributo alla teoria atomica, per Tyndall un componente essenziale di qualsiasi valido sistema scientifico. L'indagine storica di Tyndall si concludeva con una celebrazione delle conquiste di Charles Darwin e l'importanza della legge di conservazione dell'energia. 


Nelle ultime due sezioni, Tyndall delineava le sue opinioni sulle implicazioni filosofiche della scienza moderna alla luce delle sue basi nella teoria atomica materialistica. Tyndall prese diligentemente le distanze dal materialismo semplicistico, che non solo trascurava l'esistenza della coscienza umana, ma andava oltre i limiti della conoscenza umana nel ridurre tutto alla materia. Inoltre, il materialismo volgare ignorava "la manifestazione di un potere assolutamente imperscrutabile all'intelletto dell'uomo" nel mondo della natura. Il materialismo era fruttuoso come metodologia scientifica, ma non poteva essere una filosofia di vita completa. Per distinguersi dal volgare materialismo, Tyndall si riferiva alla sua posizione di "materialismo superiore" che trovava nella materia "la promessa e la potenza di tutta la vita terrena". 
"Il "materialismo" qui professato potrebbe essere molto diverso da quello che supponete, e quindi desidero la vostra cortese pazienza fino alla fine. (…) Tutto ciò che ascoltiamo, vediamo, tocchiamo, e gustiamo e sentiamo, sono mere variazioni della nostra stessa condizione, oltre le quali, anche nella misura di un capello, non possiamo andare. Che qualsiasi cosa che risponda alle nostre impressioni esista al di fuori di noi stessi non è un fatto, ma un'inferenza, alla quale tutta la validità sarebbe negata da un idealista come Berkeley, o da uno scettico come Hume. Il signor Spencer prende un'altra linea. Secondo lui, come per l'uomo non istruito, non c'è dubbio o domanda sull'esistenza di un mondo esterno. Ma si differenzia dagli ignoranti, che pensano che il mondo sia davvero ciò che la coscienza rappresenta per essere. I nostri stati di coscienza sono semplici simboli di un'entità esterna che li produce e determina l'ordine della loro successione, ma la natura reale di cui non possiamo mai sapere. In realtà, l'intero processo di evoluzione è la manifestazione di una Potenza assolutamente imperscrutabile all'intelletto dell'uomo. Come ai nostri giorni, come ai giorni di Giobbe, l'uomo può tentare di cercare questo Potere. Considerato fondamentalmente, quindi, è attraverso l'operazione di un mistero insolubile che la vita sulla terra si è evoluta, le specie si sono differenziate e la mente si è dispiegata dai loro elementi prepotenti nel passato incommensurabile. Noterete che qui non c'è del gran materialismo".
Nella parte finale del discorso, Tyndall affermava dove dovrebbero essere collocati i confini tra scienza e religione. La religione aggiungeva "completezza e dignità interiore all'uomo", ma era limitata alla "regione della poesia e delle emozioni". La regione della conoscenza oggettiva apparteneva solo alla scienza. Qualsiasi sistema che avesse violato "il dominio della scienza" doveva "sottomettersi al suo controllo". Gli scienziati, dichiarò con vigore Tyndall, "reclamano e noi strapperemo alla teologia l'intero dominio della teoria cosmologica". 
"Tutte le teorie, i sistemi e i sistemi religiosi che abbracciano le nozioni di cosmogonia, o che altrimenti toccano il dominio della scienza, devono, nella misura in cui lo fanno, sottomettersi al controllo della scienza e rinunciare a ogni pensiero di controllarlo. 
(...) Agire diversamente si rivelò disastroso in passato, ed è semplicemente sciocco oggi. Ogni sistema che sfugga al destino di un organismo troppo rigido per adattarsi al proprio ambiente deve essere plastico nella misura in cui richiede la crescita della conoscenza. Quando questa verità è stata interamente accolta, la rigidità sarà attenuata, l'esclusività diminuita, le cose ora ritenute essenziali saranno eliminate e gli elementi ora respinti saranno assimilati. L’innalzamento della vita è il punto essenziale; e fintanto che il dogmatismo, il fanatismo e l'intolleranza vengono tenuti fuori, si possono usare vari tipi di leva per sollevare la vita a un livello più alto. 
(…) Nel corso di questo discorso ho toccato domande degne di dibattito e vi ho condotto su quello che sarà considerato un terreno pericoloso, e questo in parte con l'idea di dirvi che per quanto riguarda queste domande la scienza rivendica un diritto illimitato di ricerca. Non è il caso di dire che le visioni di Lucrezio e Bruno, di Darwin e Spencer, potrebbero essere errate. Qui dovrei essere d'accordo con voi, ritenendo davvero certo che queste opinioni subiranno modifiche. Ma il punto è che, giusto o sbagliato, chiediamo la libertà di discuterne. Per la scienza, tuttavia, non viene fatta alcuna rivendicazione esclusiva; non siete invitati a farne un idolo. L'inesorabile progresso della comprensione dell'uomo nel sentiero della conoscenza e quelle inammissibili pretese della sua natura morale ed emotiva che la comprensione non può mai soddisfare, sono qui ugualmente enunciati. Il mondo abbraccia non solo un Newton, ma uno Shakespeare, non solo un Boyle, ma un Raffaello, non solo un Kant, ma un Beethoven, non solo un Darwin, ma un Carlyle. Non in ciascuno di questi, ma in tutto, è la natura umana intera. Non sono contrari, ma complementari, non si escludono a vicenda, ma sono riconciliabili. E se, insoddisfatta di tutto, la mente umana, con l'anelito di un pellegrino per la sua lontana dimora, si volgerà al Mistero da cui è emersa, cercando di modellarlo in modo da dare unità al pensiero e alla fede; ciò dovrà essere fatto non solo senza l'intolleranza o il bigottismo di alcun tipo, ma con il riconoscimento illuminato che l'ultima istanza della conoscenza è irraggiungibile, e che ogni epoca successiva deve essere tenuta libera di modellare il Mistero secondo i propri bisogni. Quindi, escludendo tutte le restrizioni del materialismo, direi che questo è un campo per il più nobile esercizio di ciò che, in contrasto con le facoltà conoscitive, possiamo chiamare le facoltà creative dell'uomo".