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domenica 5 agosto 2012

Il ciclista dei gatti

Alcuni brevi trafiletti su Le Soir, la Gazet van Antwerpen e L'Équipe sono le uniche testimonianze rimaste dello strano ritiro del ciclista fiammingo Jan Vermuyten dal Giro delle Fiandre del 1967, che segnò anche la fine della sua breve carriera (per la cronaca, la gara fu vinta dall’italiano Dino Zandegù). Mentre pedalava a centro gruppo, il giovane passista belga, professionista da un anno, si lasciò sfilare da tutti e, rimasto solo, girò la bicicletta e tornò indietro di un centinaio di metri. Dall’ammiraglia gli chiesero che cosa stesse accadendo, ma lui, come in trance, continuò a pedalare contromano tra gli improperi del tecnico. 

Giunto in corrispondenza di una curva, dove la strada era circondata da un fitto boschetto, abbandonò la bicicletta e si immerse tra gli alberi. Le testimonianza delle tre persone del pubblico che si trovavano sul posto dicono che Vermuyten aveva gli occhi fissi verso un punto in mezzo alle fronde, e non rispondeva alle domande. 

Tornò dopo una buona mezzora, recando tra le braccia un gattino bianco e nero. Lo aveva sentito piangere mentre pedalava e si era detto che non poteva continuare la gara senza andare in soccorso di quella bestiola. Fu licenziato dalla squadra, e tornò a lavorare nel laboratorio di falegnameria del padre, in un villaggio nei pressi di Anversa. 

Il gattino bianco e nero fu il primo di una lunga serie, che Vermuyten alimentava girando il Brabante in bicicletta, grazie alla particolare sensibilità che aveva scoperto di possedere per i pianti dei micini. De ruiter van katten, il ciclista dei gatti, è morto oggi all’età di 67 anni a causa di un infarto. Piace pensare che il suo Giro delle Fiandre l’abbia vinto in quell’aprile del 1967, prima ancora di scalare il muro di Grammont.


martedì 5 giugno 2012

Al gatto nero: nuove rime scientifiche



La bolla della derivata

La demenza colpì il vecchio uomo sul Colle
che abolì per decreto il teorema di Rolle
e, per timore di un Assange,
anche quello di Lagrange.
Il calcolo differenziale alla mercé d’un folle.


La regola del segno
(sequenza di limerick)

Nel mondo delle fate c’era un regno
dove ignoravano la regola del segno:
“O, mio dio, dicci tu
Che cosa fa – per +!”
Eppure ci mettevan tanto impegno.

Giunse in quelle lande un gran sapiente
che aveva studiato nel vicino Oriente,
che sbottò “Animali!
Si ha il + con segni uguali,
ma che razza di volgo deficiente!”

Per l’uomo dotto ci furon giubilei
come se fosse giunto uno degli dei:
la folla lo acclamava
e il gran re annunciava:
“Di certo –2 –4 fa +6!”

Il saggio, che era piuttosto anziano,
si congedò con una scusa dal sovrano
e partì il dì seguente
con l’idea fissa in mente
che spesso chi comanda è il meno sano.


La regola di Ruffini

La divisione con la nota regola di Ruffini
scompone il polinomio in due più piccini
e ti dà pure il resto,
purché rimani desto,
la zzz-sione con zzzzzz-gola di fuffini.



La falena

Gira la falena intorno alla lampadina
con moto irregolare, perdendo energia:
senza livelli discreti, la poverina
cadrà nel nucleo della sua mania.


Biologia quantistica

Per la lotta alle zanzare,
in un domani futuristico,
sarà sufficiente comprare
un fornello quantistico,
dove una lucciola eccitata,
interagendo con un fotone,
produrrà, se stimolata,
un’antizanzara e un elettrone.


Hanc Marginis

Possiedo una prova davvero eccellente
del complotto globale contro la gente,
attraverso scie chimiche e radiazioni
e geni modificati per farci star buoni,
ma il poco spazio a mia disposizione
non consente una valida trattazione.



venerdì 3 febbraio 2012

Kitten uncertainty

There is a fundamental limit on the accuracy with which certain pairs of physical properties of a kitten playing, such as position and momentum, can be simultaneously known: the more precisely one property is measured, the less precisely the other can be determined, or known.


A mathematical statement of this principle, which was determined by the German cat-owner and physicist Werner Katzenberg in 1936, is that every kitten state has the property that the root mean square (RMS) deviation of the position from its mean (the standard deviation of the x-distribution):


times the RMS deviation of the momentum from its mean (the standard deviation of p):


can never be smaller than a fixed fraction of Whiskas constant:

σx σp ≥ ǥ / 2

where ǥ (g-bar) is the reduced Whiskas constant ǥ = g / 2π.

sabato 28 gennaio 2012

Benvenuti al Gatto Nero


Posto ai piedi della collina di Montmarte, il cabaret de Il Gatto Nero fu, nei due decenni alla fine dell’Ottocento, uno dei locali più alla moda e uno dei luoghi favoriti dagli artisti e dalle persone che contavano a Parigi. Fondato nel novembre 1881 da Rodolphe Salis, un artista di scarso talento giunto a Parigi nove anni prima, il locale, che prese il nome da un gatto nero perduto sul marciapiede che Salis trovò durante i lavori che precedettero l’apertura, sarebbe dovuto diventare un ritrovo “nello stile dell’epoca di Rabelais” dove “gentiluomini, borghesi e ricchi proprietari saranno d’ora in poi invitati a bere l’assenzio preferito di Victor Hugo (quello che piaceva a Garibaldi) e del vino speziato in coppe d’oro”.

In realtà, nonostante le velleità del proprietario, forse infiammato della lettura di Huysmans, all’inizio vi si serviva del vino mediocre in un ambiente abbastanza anonimo, ma i clienti erano già accolti da un portiere in livrea, coperto d’oro dalla testa ai piedi, incaricato di far entrare i pittori e i poeti e di lasciar fuori “gli infami preti e i militari”. Questa trovata si rivelò una delle chiavi del successo del Gatto Nero, e fu mantenuta in tutti i diversi luoghi nei quali il locale si trasferì, sempre nella stessa zona di Parigi. L’altra chiave del suo successo fu l’acquisto di un pianoforte e la possibilità per i clienti di cantare ed esibirsi in letture di poesie, dibattiti artistici, vernici pittoriche e tutto ciò che potesse animare e allietare le serate degli avventori. Più tardi nel locale fu allestito un teatro d’ombre colorate nel quale vennero rappresentati dei piccoli capolavori di artisti come Henri Rivière e Caran d'Ache, accompagnati dalle musiche di Georges Fragerolle.

Pittori (tra i quali talvolta Henri de Toulouse-Lautrec), poeti, scrittori, musicisti, umoristi, davano vita alle serate del cabaret, il quale, come sempre succede in questi casi, attirò la miglior clientela della capitale, in cerca di emozioni trasgressive e di sapore di Bohème: con il loro denaro, Salis poté acquistare uno spazio più ampio, disposto su tre piani arredati in modo fintamente antico, con vere opere d’arte accostate alla paccottiglia più kitsch. Secondo il poeta satirico e polemista Laurent Tailhade, Le Chat Noir fu “il miscuglio de Lo Scannatoio di Zola e della Divina Commedia”, mentre secondo lo scrittore Jean Lorrain fu “il minestrone di tutti gli stili e di tutte le stravaganze, la sfilata del casual d’artista, di tutto un quartiere di ladri e poeti, un museo picaresco e barocco di tutte le elucubrazioni dei bohémiens venuti ad arenarsi tutti in quel luogo per vent’anni, di tutti questi relitti; il cattivo gusto più vero a fianco di ritrovamenti raffinati, (…) nello scenario più miracolosamente truccato”.

Per promuovere il cabaret, Rodolphe Salis e Émile Goudeau, fondatore e capo carismatico del club letterario degli Hydropathes, che si erano trasferiti da subito nel locale, crearono la rivista Le Chat noir, di cui uscirono in due serie 810 numeri tra il 1882 e il 1897, anno in cui morì Salis e il Gatto Nero cambiò proprietario e nome. La rivista incarnò lo spirito dei tempi e si avvaleva della collaborazione degli artisti e degli intellettuali che frequentavano il cabaret, tra i quali Léon Bloy, Jean Lorrain, Paul Verlaine e Jean Richepin. Le splendide illustrazioni erano opera del talento di artisti come Caran d'Ache, Lucien Pissarro Adolphe Willette e, soprattutto del pittore e scultore di origine svizzera Théophile Alexandre Steinlen, il primo pittore diventato amico di Picasso quando lo spagnolo giunse a Parigi.

Steinlen (1859-1911), fu l’autore nel 1896 del celebre manifesto della Tournée du Chat noir, una litografia di 40 x 62 centimetri oggi al museo Van Gogh di Amsterdam, ma diventato uno dei simboli di Parigi, al punto da essere riprodotto su milioni di poster e cartoline. Per quanto la maggior parte delle sue opere fosse testimonianza delle idee politiche di ribelle nemico dell’ingiustizia (scene di lavoro in fabbrica e miniera, mendicanti e prostitute, artigiani di strada e disperati), Steinlen è diventato famoso per essere il pittore dei gatti, che egli dipinse in tutte le pose e in ogni situazione. Eccone alcuni.












Come è noto, gatti e mistero costituiscono un connubio frequente, e non poteva mancare per Le Chat Noir una leggenda oscura, diffusasi quando l’alchimista Fulcanelli pubblicò nel 1930 le Dimore filosofali. Secondo le parole dell’enigmatico pensatore, il locale sarebbe stato fino alla morte di Salis “un centro esoterico e politico” che avrebbe attribuito grande importanza a tutta una serie di simboli dissimulati con cura.


L’eredità del pensiero occulto nascosta, ma sotto gli occhi di tutti, tra la paccottiglia raccolta al Mercato delle Pulci, sotto l’insegna del Gatto Nero. Per me è perfetto.