Visualizzazione post con etichetta gruppi. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta gruppi. Mostra tutti i post

sabato 5 maggio 2018

La moltiplicazione delle geometrie (4): tutti in gruppo a Erlangen

Teoria dei gruppi - In matematica, un gruppo è un insieme non vuoto abbinato a un'operazione binaria interna (come ad esempio la somma o il prodotto) e che che soddisfa gli assiomi dell'associatività e dell'esistenza dell'elemento neutro e dell’inversa. Sistemi che obbedivano alle leggi del gruppo apparvero per la prima volta nel 1770 negli studi di Joseph-Louis Lagrange sulle permutazioni delle radici delle equazioni; tuttavia, la parola gruppo fu per la prima volta riferito a un sistema di permutazioni da Évariste Galois nel 1831. La teoria dei gruppi fu poi sviluppata grazie ai contributi fondamentali, tra gli altri, di Abel e Arthur Cayley.

Consideriamo, ad esempio, un insieme di elementi, che indichiamo con X. Chiamiamo permutazione di questo insieme una funzione f: X→X che opera sugli elementi di questo insieme in modo da ordinarli in successione, come nell'anagramma di una parola. Ad esempio, è possibile permutare gli elementi dell’insieme X formato dalle tre lettere A, B e C, ottenendo sei possibili configurazioni: ABC, ACB, BAC, BCA, CAB, CBA.

Quando abbiamo una permutazione f, abbiamo anche una permutazione inversa f−1 che riporta allo stato iniziale: se f(x)=y allora f−1(y)=x. Se ad esempio esiste la funzione f che trasforma ABC in BCA facendo slittare le lettere di un posto verso destra, esiste anche la funzione inversa f−1 che riporta BCA ad ABC facendo slittare le lettere di un posto verso sinistra. La funzione g che invece scambia di posto due lettere consecutive (da ABC a BAC) è diversa sia da f sia da f−1. La permutazione banale, vale a dire quella che non cambia niente, si chiama identità e viene indicata con Id.

Quando si hanno due permutazioni f e g dello stesso insieme, si può applicare prima f e poi g: si avrà così definita una permutazione composta che si indicherà g○f (o più semplicemente gf, partendo da destra), poiché gf(x)=g(f(x)). Si noti che comporre con l’identità è un’operazione neutra, perciò si dice che l’identità è l’elemento neutro.

Ora, seguendo Arthur Cayley (1821-1895), che sviluppò questo concetto, si può dare la seguente definizione:
Un gruppo è l’insieme di tutte le permutazioni di uno stesso insieme X che si possono ottenere per composizione a partire da certe permutazioni preferite, chiamate generatori, o dalle loro inverse.
Ad esempio il gruppo generato dalla sola applicazione f è composto da tre permutazioni: f , f○f = f2 e Id = f3 . In questo caso si riscontra che l’inverso di f è f2 . Così come accade nella teoria degli insiemi, la cardinalità di un gruppo si definisce in base al numero dei suoi elementi: in questo caso la cardinalità del gruppo generato da f è 3.

Le permutazioni viste sopra, operate sull'insieme X = {A, B, C}, costituiscono quindi un gruppo.

Quando l’ordine delle operazioni effettuate su X non influisce sul risultato, si parla di gruppo commutativo, o gruppo abeliano. All'interno di un gruppo G è possibile calcolare come commutano due suoi elementi a e b, calcolando il loro commutatore, dato dalla relazione:

[a,b] = aba−1b−1

Un commutatore è diverso da zero quando la composizione di due operazioni non soddisfa la proprietà commutativa.

Il concetto di gruppo consente di lavorare in maniera flessibile con oggetti matematici di natura e origine molto diverse tra loro, identificando alcuni importanti aspetti strutturali comuni. Con i gruppi è possibile trattare con le stesse modalità le soluzioni di un'equazione polinomiale, le simmetrie di un ente geometrico (ad esempio il gruppo di simmetria di un poligono regolare con n lati, detto gruppo diedrale), oppure gli insiemi numerici, o ancora le matrici. I gruppi giocano un ruolo chiave anche in topologia e in aree esterne alla matematica, come ad esempio nella fisica quantistica, dove queste rappresentazioni spesso permettono di discriminare le teorie "possibili", o nella chimica e nella mineralogia, in cui sono utilizzati per classificare strutture cristalline, poliedri regolari e simmetrie delle molecole.


Il programma di Erlangen di Klein - In un opuscolo pubblicato a soli ventitré anni quando fu nominato professore ordinario alla facoltà di Erlangen (1872), Felix Klein (1849-1925) fece il punto della enorme crescita e diversificazione della geometria avvenute nei decenni precedenti e propose un punto di vista da cui i suoi numerosi rami potevano essere organizzati in un sistema. Questo documento prese il nome di Programma di Erlangen. Nel proposito di Klein, il concetto di varietà introdotto da Riemann andava integrato con gli strumenti forniti dalla geometria proiettiva e quelli della teoria dei gruppi. Detto con le sue parole:
Data un varietà e un gruppo di trasformazioni della varietà, studiare le molteplici configurazioni rispetto a quelle caratteristiche che non sono alterate dalle trasformazioni del gruppo.
Ad ogni geometria, Klein associò un gruppo di simmetrie. La gerarchia delle geometrie era quindi rappresentata mediante una gerarchia di questi gruppi e una gerarchia dei loro invarianti. Cambiando il gruppo, cambiava il linguaggio geometrico. Due teorie geometriche a prima vista distinte potevano perciò rivelarsi “equivalenti” nel senso che una corrispondenza biunivoca tra “elementi dello spazio” scelti opportunamente nelle due varietà induceva, come diremmo oggi, un isomorfismo tra i rispettivi gruppi di trasformazioni.

Se S è una varietà in entrambi i sensi, con una trasformazione di S intendiamo una mappatura uno a uno di S su se stessa. È chiaro che:
a) Se T1 e T2 sono trasformazioni di S, la mappatura composita T2 ○ T1, che consiste in T1 seguita da T2, è anche una trasformazione di S;
b) la composizione delle trasformazioni è associativa, quindi, se T1, T2 e T3 sono trasformazioni di S, allora (T3 ○ T2) ○ T1 = T3 ○ (T2○ T1);
c) la mappatura dell'identità I, che invia ogni punto di S a se stessa, è una trasformazione di S tale che, per ogni trasformazione T, vale T ○ I = I ○ T = T;
d) per ogni trasformazione T c'è una trasformazione T-1, la inversa di T, tale che T-1 ○ T = I (T-1 rimanda indietro ogni punto di S da dove è stato portato da T).

In virtù delle condizioni (a) - (d), le trasformazioni (rotazioni, traslazioni, riflessioni, ecc.) di S formano un gruppo GS nel senso preciso che questo termine ha in algebra. GS include sottogruppi, cioè sottogruppi che contengono I e soddisfano le condizioni (a) e (d). Se H è un sottogruppo di GS e Φ è una caratteristica di S, o dei suoi elementi o parti, che non è influenzata dalle trasformazioni di Φ, diciamo che Φ è H-invariante. L'unico GS-invariante è la cardinalità di S (cioè il numero di elementi nella varietà). D'altra parte, il gruppo {I}, costituito solo dall'identità, conserva banalmente ogni caratteristica immaginabile. Tra questi due estremi ci possono essere molti sottogruppi diversi con tutti i tipi di invarianti interessanti, a seconda della rispettiva struttura di gruppo. Se S non è un insieme arbitrario (senza struttura), ma una varietà numerica come descritta da Klein, eredita la struttura dal campo del numero reale, che contribuisce a caratterizzare i diversi sottogruppi di GS e delle loro invarianti. Pertanto, il gruppo di trasformazioni continue preserva le proprietà topologiche (relazioni di vicinanza) e il gruppo di trasformazioni lineari preserva le proprietà proiettive.

Si possono stabilire le proprietà metriche in questo modo? Tradizionalmente si definisce la distanza tra due punti (x1, ..., xn) e (y1, ..., yn) di una varietà numerica come radice quadrata positiva di (x1 - y1)2 + ... + (xx - yx)2. Il gruppo di isometrie consiste nelle trasformazioni che preservano questa funzione. Tuttavia, questa è solo una convenzione, adottata per garantire che la geometria sia euclidea. Usando la geometria proiettiva, Klein pensò a qualcosa di meglio. Nessuna funzione a valore reale delle coppie di punti, definita su tutto lo spazio proiettivo, è un invariante del gruppo proiettivo, ma esiste una funzione di quadruple di punti collineari, il birapporto, che è una tale invariante. Attingendo al lavoro di Arthur Cayley (1821 ca-1895), Klein considerava il birapporto delle quadruple di punti [P1, P2, P3, P4]. tale che P3 e P4 appartengano a una data conica κ su un piano proiettivo, mentre P1 e P2 si estendono su una regione R che è delimitata o in qualche altro modo fissata da κ. Poiché P3 e P4 devono essere i punti in cui la retta che attraversa P1 e P2 incontra κ, il detto birapporto può essere considerato come una funzione della coppia di punti [P1, P2]. Le collineazioni che mappano una data conica su se stessa formano un gruppo, e la suddetta funzione è chiaramente un invariante di questo gruppo. Klein dimostrò che una certa funzione di questa funzione si comporta come una normale funzione di distanza su R. Secondo la natura della conica, la struttura determinata da questa funzione soddisfa (a) tutti i teoremi della geometria piana euclidea, o (b) tutti quelli della geometria piana lobacevskiana, o (c) quelli della terza geometria che Riemann aveva chiamato"ellittica". Risultati simili valgono per il caso tridimensionale, con κ una superficie quadrica.


Klein rese molto esplicita l'idea che ogni linguaggio geometrico avesse i propri concetti appropriati, quindi, ad esempio, la geometria proiettiva parla di sezioni coniche, ma non di cerchi o angoli perché quelle nozioni non sono invarianti rispetto alle trasformazioni proiettive. Il modo in cui i linguaggi multipli della geometria erano poi riunificati poteva essere spiegato dal modo in cui i sottogruppi di un gruppo di simmetria sono correlati tra loro.

La teoria geometrica dei gruppi di Klein godette di grande favore tra i matematici. Raggiunse un grande successo quando Minkowski (1909) dimostrò che la sostanza della teoria della relatività speciale di Einstein era la geometria del gruppo di Lorentz (l’insieme delle trasformazioni sulle coordinate dello spazio-tempo), un risultato essenziale che Klein era ancora vivo per apprezzare.

mercoledì 1 luglio 2015

Indagine sull’assassino di Galois


L’episodio è noto: il 30 maggio 1832 il geniale matematico francese Évariste Galois, acceso militante repubblicano e non ancora ventunenne, fu ferito mortalmente in un duello che sapeva di perdere e morì il giorno successivo. Di quel celebre duello si è scritto molto, soprattutto sulle cause (questioni di cuore, ma si è parlato anche di una trappola tesa dalla polizia per sbarazzarsi di un estremista repubblicano o di un suicidio mascherato nella speranza di provocare un’insurrezione). Poco invece si è scritto sull’avversario, del quale persino le generalità sono rimaste a lungo incerte. Sull’argomento sono nate due scuole, che identificano l’omicida in un certo Pescheux d’Herbinville oppure in un enigmatico L. D.. 

La prima identità è fornita da Alexandre Dumas in una pagina delle sue Memorie
"Évariste Galois […] fu […] ucciso in duello da Pescheux d’Herbinville, […] affascinante giovane che faceva delle cartucce in carta di seta, legate con dei nastri rosa". 

Dumas segnala anche che Pescheux d’Herbinville ha subito un processo, che all’epoca fece sensazione. La lettura delle cronache della Gazette des tribunaux ci fa conoscere direttamente d’Herbinville: 
“Devo aggiungere [che le mie cartucce] erano proprio carine; perché tengo molto a essere curato nel mio aspetto, Signor Presidente, è la mia mania; anche la mia giberna, Signor presidente, è bella. Le mie cartucce erano fatte con carta verde satinata, mi ricordo anche che al corpo di guardia un artigliere mi disse di avere delle cartucce più belle delle mie: in effetti, erano ancor più graziose, carta rosa satinata, nastri di seta dello stesso colore”. (Si ride) - Gazette des tribunaux, 9 aprile 1831 
In quel mese d’aprile 1831, Pescheux d’Herbinville, 22 anni, artigliere della Guardia Nazionale, è accusato con diciotto altri militanti repubblicani, tra i quali Jules Sambuc, studente di diritto, e il medico Ulysse Trélat, presidente della Società degli amici del popolo, di complotto contro lo stato e di incitamento alla guerra civile. Nel corso del dibattito, egli ricorda la sua partecipazione alle “Tre Gloriose”, la recente rivoluzione delle giornate del 27, 28 e 29 luglio 1830 che ha deposto Carlo X e insediato Luigi Filippo. Si tratta di un “combattente di Luglio”, ferito durante la presa del Louvre, che ha assaltato qualche posto di guardia per procurare armi al popolo: 
“Rientrando, portai via un pluviale, fusi delle pallottole per tutta la notte. L’indomani mattina, mi presentai con qualche persona al posto di Mauconseil. Feci fuoco con le mie pistole, non sul funzionario, ma sulle finestre dell’edificio: il funzionario gettò le armi. Tutto il ponte si arrese. I miei camerati e io ci armammo con i fucili del posto. […] Ci dirigemmo verso il posto della Halle aux blés, allora occupato da alcuni gendarmi. Mi presentai solo davanti a loro; li esortai a non sparare contro dei fratelli e degli amici. […] ci impossessammo anche in quel posto di tutte le armi, e ci dirigemmo verso Place du Châtelet, dove cominciò il combattimento” - Gazette des tribunaux, 8 aprile 1831. 
La sua testimonianza è emozionante: 
Il giovane accusato, vestito con l’uniforme della guardia nazionale, si risiede in mezzo ai segni generali del vivo interesse che la sua calorosa dichiarazione ha appena suscitato nell’uditorio. Anch’egli è visibilmente emozionato, e i suoi occhi sono bagnati dalle lacrime – Ibid. 

Lui e i suoi compagni saranno dichiarati innocenti, cosa che, per lo scopo che ci interessa, ci importa meno del fatto che i giornalisti scrivano talvolta Lepescheux invece di Pescheux. Si contano almeno tre occorrenze di questa forma alternativa, ad esempio nel resoconto dell’udienza del 7 aprile della Gazette des tribunaux. Lo stesso Galois era talvolta chiamato Legallois ai suoi tempi. L’aggiunta dell’articolo trova probabilmente la sua origine nel discorso orale. Comunque sia, la manifestazione tangibile di questo Lepescheux d’Herbinville avvicina senza dubbio il suo nome a quello del misterioso «L. D.» al quale si è fatto cenno. 

Queste iniziali sono entate nel dibattito nel 1956, quando André Dalmas le ha scovate in un giornale di Lione, il Précurseur, alla fine di un breve articolo redatto all’indomani della morte di Galois:
PARIGI […] Corrispondenza particolare del Précurseur […] del giorno 2 [giugno 1832].  […] Un deprecabile duello ha portato via alle scienze esatte un giovane delle più grandi speranze, ma la cui celebrità precoce non richiama tuttavia che dei ricordi politici. Il giovane Évariste Galois, condannato un anno fa per delle parole pronunciate al banchetto delle Vendanges de Bourgogne, si è battuto con uno dei suoi vecchi amici, un giovane come lui, come lui membro della Società degli amici del popolo, e che, come ultimo rapporto con lui, era comparso ugualmente in un processo politico. Si dice che la causa del duello sia stata una questione d’amore. Avendo scelto la pistola, i due avversari hanno trovato troppo duro per la loro antica amicizia affrontarsi a viso aperto, e si sono rimessi alla cieca decisione della sorte. Ciascuno di essi era armato di una pistola, e ha fatto fuoco a bruciapelo. Una sola delle due armi era stata caricata. Galois è stato trapassato dalla pallottola del suo avversario; è stato trasportato all’ospedale Cochin, dove è morto dopo due ore. Aveva 22 anni. L. D., il suo avversario, è di poco ancor più giovane. - Le Précurseur, 4-5 giugno 1832 
Come è già stato fatto notare da tempo, alcune informazioni fornite dal giornalista sono inesatte: Galois non era stato condannato per l’episodio del brindisi al ristorante Vendanges de Bourgogne, bensì assolto dall’accusa di aver pronunciato parole minacciose contro il nuovo re; all’epoca del duello aveva 20 e non 22 anni; non morì due ore dopo il ricovero in ospedale ma vi aveva trascorso la notte; il rapporto dell’autopsia indica che la pallottola era stata sparata da 25 passi e non a bruciapelo.  
Dalmas pensò di intuire “Duchâtelet” dietro le iniziali L. D. perché, scrisse, “solo un giovane repubblicano figurò con Galois in un processo politico. È Duchatelet. Ciò a maggior ragione conferma l’iniziale D.” L’ipotesi non tiene, non fosse altro perché il nome di Duchâtelet era Ernest. Inoltre, l’autore dell’articolo segnala solo che l’avversario “era comparso ugualmente in un processo politico” e non “con Galois in un processo politico”. Tutto considerato, e tenuto conto delle inesattezze che lo costellano, l’articolo del Précurseur non conferma né smentisce l’informazione riportata da Dumas. 

Pare proprio che nessun altro documento dell’epoca contraddica lo scrittore. Lo stesso Galois, oltre ad accusare della propria imminente morte l’"infame civetta" (la donna oggetto del contendere con il suo rivale), dichiara di essere stato "provocato da dei patrioti". Il Moniteur del 7 giugno e il Journal des débats dell’8 indicano che il giovane “conosciuto per la sua esaltazione repubblicana” è morto “in un duello sostenuto contro un suo amico”. Fonti repubblicane evocano uno “scontro tra due membri della Società degli amici del popolo”. Una notizia anonima, riferita dal fratello di Galois, parla di una provocazione “da parte di uomini che aveva creduto suoi amici”


In effetti, un documento recentemente depositato alla Bibliothèque nationale de France si accorda con la testimonianza di Alexandre Dumas. Si tratta di una copia della Costituzione del 1791 sulla quale si trova la nota “Questo manoscritto mi è stato regalato da Gallois, ucciso in duello da Pécheux d’Herbinville, coimputato di Sambuc nel processo dei 19 patrioti del 1831 a Parigi. S. Larguier”. Ora, questo Larguier, o precisamente Samuel-Louis Larguier des Bancels, era uno svizzero che studiava medicina a Parigi. La sua corrispondenza, per quanto non menzioni le esatte circostanze del duello, indica almeno che conosceva Galois. 

La presenza di Pecheux è attestata a Parigi nel 1832 dal duello con Galois e dai resoconti del processo ai 19 repubblicani. Dopo questi fatti, i biografi di Galois sembrano disinteressarsi di lui. Per avere maggiori informazioni, nel silenzio degli atti civili conservati nei registri municipali, conviene rivolgersi ai resoconti della cronaca di quegli anni turbolenti. 

Cerchiamo di compilare una scheda biografica del nostro uomo, che si chiama quindi Pecheux d’Herbenville, con tutte le variazioni ortografiche già viste. A undici anni era diventato orfano di padre; dai dieci ai diciannove anni ha frequentato in collegio degli “studi ordinari”, ai quali “ha aggiunto quelli di matematica”; è stato ammesso alla celebre scuola militare di Saint Cyr, ma, su consiglio del suo tutore, si è poi orientato verso il diritto e la pratica degli affari; è un eroe della rivoluzione del 1830, durante la quale è stato ferito; è un militante repubblicano, accusato con altri di complotto contro lo stato. All’apertura del processo, nell’aprile 1831 ha 22 anni; abita a Parigi in rue Culture Sainte Catherine, 12; ha il diploma di diritto ed è artigliere della seconda batteria della Guardia Nazionale. Inoltre, è un bel ragazzo, evita la pena di morte e viene dichiarato innocente. 

Nonostante queste notizie, la scheda di Pecheux d’Herbenville manca ancora di un elemento fondamentale per evitare gravi errori di persona: il suo nome di battesimo. Seguiamo allora la pista dell’eroe rivoluzionario: troviamo che, nella primavera del 1831, il governo di Luigi Filippo ha conferito una “Croce di Luglio” ai valorosi combattenti che gli avevano consentito di prendere il potere (anche se gli intenti di molti di essi erano assai più radicali). L’elenco dei decorati si trova negli Archivi nazionali e rivela finalmente anche il nome cercato: 
Commissione delle onorificienze nazionali 

Nomi dei cittadini che hanno meritato la decorazione speciale – Sesto arrond[issemen]

[…] 
Pecheux d’Herbinville, François Etienne, [nato il] 5 aprile 1809, [a Parigi], diplomato in diritto, rue Culture Sainte Catherine, 12 - Archives nationales, F 1d III, 39, Noms des citoyens qui ont mérité la décoration spéciale, 6e arrondissement. 
La data di nascita conferma le informazioni già note, ma, assieme al nome di battesimo, consente di indagare nei registri dell’anagrafe con maggiore precisione. Scopriamo allora che Pecheux d’Herbenville è un “figlio dell’amore”, legittimato dal successivo matrimonio dei genitori: 
Estratto dei registri degli Atti di nascita dell’anno 1809 
Il sette aprile milleottocentonove, alle ore 11 del mattino, atto di nascita di Etienne François, di sesso maschile, nato il cinque scorso alle 5 del mattino (…), figlio di François Pierre Pascal Pecheux detto Herbenville, commesso viaggiatore, di trentadue anni, nato ad Amiens, dipartimento della Somme, e di Antoinette Françoise Mallet, senza professione, di ventitre anni, nata a Marquéglise, presso Compiègne, dipartimento dell’Oise, domiciliata nella suddetta dimora, non sposata. 
Seguono le firme dei testimoni e la dichiarazione del padre che Etienne François è suo figlio. Allegata all’atto c’è anche una trascrizione dell’atto di matrimonio: 
In forza dell’atto di matrimonio tra i suddetti Pierre François Pecheux e Antoinette Françoise Mallet nel municipio del nono arrondissement di Parigi il quattordici novembre 1811, gli sposi hanno riconosciuto e legittimato un figlio di esso maschile, nato a Parigi il 5 aprile 1809, iscritto il 7 dello stesso mese nel[lo stesso] municipio [...] con i nomi di Etienne François, figlio del s[ignor] François Pierre Pascal Pescheux detto Herbenville [invece di Pierre François Pecheux] e di Antoinette Françoise Mallet. Parigi, addì 14 novembre 1811. 

Vediamo ora se è possibile aggiungere alla nostra scheda anche qualche informazione sulla vita matrimoniale di Etienne François. 

Il ricostituito stato civile parigino registra un solo matrimonio di Pecheux d’Herbenville, in data 1 giugno 1859, con una certa Lucie Marie Dorothée Pépin, nata in Guadalupa il 10 luglio 1814. Il nostro uomo ha appena compiuto cinquant’anni, non è più un giovanotto. Si scopre inoltre che il dossier non si limita al solo atto di matrimonio, ma è costituito da una serie di documenti, a testimonianza di un percorso matrimoniale complesso. Infatti risulta un primo contratto notarile di matrimonio nell’ottobre 1856, ma l’unione non si è realizzata […] per ragioni che è qui inutile ricordare”, seguito da una clausola del maggio 1859 che menziona l’esistenza di un figlio naturale, già riconosciuto in precedenza, che sarebbe stato legittimato dal matrimonio. Inoltre lo stato civile registra due figli della coppia: Étienne Lucien Auguste, nato nel 1839 e oramai ventenne, e Marie Mathilde Pauline, del 1843, di cui poi si perdono le tracce, forse a causa di una morte precoce. 

A complicare un po’ le cose si scopre un precedente matrimonio del nostro uomo, da cui sono nati i figli Lucien Étienne nel 1845 e Léon Alexandre nel 1849. La prima moglie si chiamava Marie Joséphine Jenny Deschamps, sposata il 27 luglio 1845, morta nel 1855 all’età di trent’anni in un sanatorio. I due figli di questo matrimonio erano stati poi affidati alla famiglia materna. Insomma, Pecheux d’Herbenville si era sposato prima con la madre dei suoi ultimi figli, poi con quella dei primi due. 


Paul Dupuy, uno dei primi biografi di Galois, aveva fatto notare che un certo Pecheux d’Herbenville era stato nominato nel 1848 “conservatore del castello di Fontainebleau” e lo identificava senza reticenze come l’avversario di Galois. Più precisamente, si trova che questo “conservatore” era stato inizialmente amministratore del castello di Compiègne per qualche mese nel 1848, per poi diventare amministratore e poi gestore di Fontainebleau, fino a metà aprile del 1850. Gli archivi di queste istituzioni sono scarni, e quelli nazionali riportano solo una corrispondenza di questo gestore con il ministero, ma le firme non portano l’indicazione del nome di battesimo. Particolare importante, questo Pecheux d’Herbenville assume l’incarico proprio all’avvento della Seconda Repubblica e il ministro dei Lavori Pubblici era allora Trélat, uno dei coimputati nel processo del 1831.

In quegli anni Pecheux d’Herbenville pubblica alcuni piccoli opuscoli, tra i quali una nota sulla creazione di una colonia in Algeria, in cui si presenta come “ex segretario dell’ingegnere, capo servizio dei lavori pubblici in Africa”. 

In precedenza, nel 1835, un Lepescheux d’Herbinville, che potrebbe essere il nostro uomo, trascrive dei manoscritti per conto di Adrien Bergrugger, un filologo socialista, il quale comunica a un corrispondente inglese che il suo copista “non potrà più fare delle copie, visto che parte per un viaggio di assai lunga durata”. Si noti che Bergrugger poco più tardi sarebbe partito per l’Algeria, dove avrebbe effettuato numerose spedizioni archeologiche che gli sarebbero valsi onori e celebrità. Non si può escludere che anche Pescheux abbia trascorso un certo periodo in Algeria. 


Una notizia ancora più incerta riguarda un altro soggiorno all’estero, perché può darsi che, come altri repubblicani, l’amministratore di Fontainebleau si sia rifugiato temporaneamente a Bruxelles all’inizio del Secondo Impero. Nel 1853, riferendo di uno spettacolo tenuto presso la casa di Alexandre Dumas, che allora soggiornava nella capitale belga, un cronista menziona la presenza di un certo Pescheux, amministratore. 

Per tornare a informazioni più sicure, Pecheux d’Herbenville nel 1845 si dichiara “proprietario” sull’atto di nascita di suo figlio Lucien Étienne. Infatti, possiede allora un immobile a Pré-Saint-Gervais, acquistsato due anni prima e nel quale vive la famiglia della moglie, e che venderà in parte nel 1847. Sarà proprietario di altri immobili, e venderà dei terreni della seconda moglie a Pecq, piccolo comune sulla Senna vicino a Parigi, noto per il castello di Monte-Cristo, del quale è facile indovinare il primo proprietario... 

Sugli atti di vendita e su diversi altri documenti ufficiali Pecheux d’Herbenville si dichiara anche direttore principale dei lavori, ingegnere, ingegnere civile oppure, cosa che va sottolineata, geometra. 

Dopo la sua morte, la vedova, a causa della complessità matrimoniale già segnalata, farà fatica a far riconoscere la validità del matrimonio. Per nostra fortuna, la documentazione da lei prodotta a questo scopo cita la data e il luogo della morte, così possiamo completare la scheda del rivale e assassino di Galois: 
Addì 23 marzo 1871, all’una di sera, atto di decesso di François Etienne Pécheux-Herbenville, di anni sessantuno e undici mesi, vedovo in prime nozze di Deschamps (nomi di battesimo sconosciuti) e sposato in seconde nozze con Lucie Dorothée Pépin, senza professione, di circa sessant’anni, (...) Il detto defunto, nato a Parigi, residente a Pecq [...] è deceduto a Parigi [...] ieri alle due e mezzo di sera. Constatato da noi, ufficiale dello staso civile del 18° arrondissement di Parigi, su testimonianza di Adrien Talboutier [...] e di Etienne Lucien Auguste Pécheux-Herbenville, artista drammatico [...], figlio del defunto, i quali hanno firmato davanti a noi, dopo lettura [del presente atto].
L’avversario di Galois si identifica dunque come Étienne-François Pecheux d’Herbenville (Parigi, 5 aprile1809 – Parigi, 23 marzo1871).

L’algebrista Galois è stato ucciso da un geometra.

Fonti:

Olivier Courcelle - «L’adversaire de Galois (I)» - Images des Mathématiques, CNRS, 2015

Olivier Courcelle - «L’adversaire de Galois (II)» - Images des Mathématiques, CNRS, 2015

mercoledì 11 settembre 2013

Il modo corretto di scrivere 4

4 o? Matematica o caso?

Ana Luzón, Manuel A. Morón 
Depertmento de Matemática Aplicada a los Recursos Natureles 
Universidad Politécnica de Madrid 

Il lettore può non essere informato sulla relazione tra le proprietà di divisibilità dei numeri e le proprietà topologiche delle cifre usate per rappresentarli. Si utilizzi qui la parola numero sia per il concetto che per la cifra. Dato un numero n, un divisore primo proprio di n è un numero primo, diverso da n, che divide n in parti uguali. Si noti il seguente: 

TEOREMA. Si consideri l’insieme di numeri S = {1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9}. Per a, b S sono equivalenti le seguenti proposizioni: 

i.)   a e b hanno lo stesso numero di divisori primi propri (contando le molteplicità); 
ii.)  a e b hanno lo stesso tipo di omotopia;
iii)  a e b tagliano un foglio nello stesso numero di pezzi se si scrivono con un punteruolo. 

COROLLARIO. Un numero in S (diverso da 1) è primo se, e solo se, possiede un tipo di omotopia banale e, in modo equivalente, non taglia il foglio in pezzi separati. 

Rispondiamo ora alla prima domanda nel nostro titolo: 

COROLLARIO. Il simbolo corretto per il numero quattro è 4 e non 4 .

Sebbene l’equivalenza tra (ii) e (iii) nel teorema dipende dalla dualità di Alexander-Pontryagin, la presente nota, in spirito, appartiene alla cosiddetta Teoria della Forma introdotta da K. Borsuk. Il lettore interessato può fare riferimento a: K. Borsuk, Theory of Shape, Monografie Matematyczne Tom 59, Polish Scientific Publishers, Warsaw, 1975. 


(NOTA DEL REDATTORE: Per coerenza topologica, cioè di forma, se i numeri primi più piccoli di 10 non hanno buchi, i numeri composti li devono avere. Il 4 non può fare eccezione, pertanto deve essere scritto come 4, con il buco).

giovedì 3 gennaio 2013

Gruppi matematici e giochi con testi e parole

Che cosa è un gruppo?

Consideriamo un insieme di elementi, che indicheremo con X. Chiameremo permutazione di questo insieme una funzione f: X→X che opera sugli elementi di questo insieme in modo da ordinarli in successione, come nell'anagramma di una parola. Ad esempio, è possibile permutare gli elementi dell’insieme X formato dalle tre lettere A, B e C, ottenendo sei possibili configurazioni: ABC, ACB, BAC, BCA, CAB, CBA.

Quando abbiamo una permutazione f, abbiamo anche una permutazione inversa f−1 che riporta allo stato iniziale: se f(x)=y allora f−1(y)=x. Se ad esempio esiste la funzione f che trasforma ABC in BCA facendo slittare le lettere di un posto verso destra, esiste anche la funzione inversa f−1 che riporta BCA ad ABC facendo slittare le lettere di un posto verso sinistra. La funzione g che invece scambia di posto due lettere consecutive (da ABC a BAC) è diversa sia da f sia da f−1. La permutazione banale, vale a dire quella che non cambia niente, si chiama identità e viene indicata con Id.

Quando si hanno due permutazioni f e g dello stesso insieme, si può applicare prima f e poi g: si avrà così definita una permutazione composta che si indicherà gf (o più semplicemente gf, partendo da destra), poiché gf(x)=g(f(x)). Si noti che comporre con l’identità è un’operazione neutra, perciò si dice che l’identità è l’elemento neutro.

Ora, seguendo Arthur Cayley, si può dare la seguente definizione:

Un gruppo è l’insieme di tutte le permutazioni d’uno stesso insieme X che si possono ottenere per composizione a partire da certe permutazioni preferite, chiamate generatori, o dalle loro inverse.

Ad esempio il gruppo generato dalla sola applicazione f è composto da tre permutazioni: f , f= f2 e Id = f3. In questo caso si riscontra che l’inverso di f è f2. Così come accade nella teoria degli insiemi, la cardinalità di un gruppo si definisce in base al numero dei suoi elementi: in questo la cardinalità del gruppo generato da f è 3. 

Le permutazioni viste sopra, operate sull'insieme X = {A, B, C}, costituiscono quindi un gruppo

Il concetto di gruppo consente di lavorare in maniera flessibile con oggetti matematici di natura e origine molto diverse tra loro, identificandone alcuni importanti aspetti strutturali comuni. Con i gruppi è possibile trattare con le stesse modalità le soluzioni di un'equazione polinomiale, le simmetrie di un ente geometrico (ad esempio il gruppo di simmetria di un poligono regolare con n lati, detto gruppo diedrale), oppure gli insiemi numerici, o ancora le matrici. I gruppi giocano un ruolo chiave anche in topologia e in aree esterne alla matematica, come ad esempio nella fisica quantistica, dove queste rappresentazioni spesso permettono di discriminare le teorie "possibili", o nella chimica e nella mineralogia, in cui sono utilizzati per classificare strutture cristalline, poliedri regolari e simmetrie delle molecole. 

Un gioco di caselle 

Ecco uno schema formato da tre righe e tre colonne, nel quale ogni casella è associata a una cifra da 1 a 9: 


Ora permutiamo gli elementi dello schema, facendo slittare le righe o le colonne. Ad esempio, indichiamo con R2 l’operazione che consiste nel far slittare la seconda riga verso destra di un posto e portare l’ultimo elemento della riga in prima posizione, come mostrato nello schema: 


Qui sotto rappresentiamo invece lo slittamento di un posto verso il basso della prima colonna, operazione che indichiamo con C1


Che cosa succede se combiniamo queste due operazioni ? Ecco il risultato dell’azione di R2 seguita da quella di C1 (la prima azione si indica più a destra): 


Ecco invece che cosa succede se invertiamo l’ordine delle due operazioni, eseguendo prima quella di C1 e poi quella di R2


Si può constatare che l’ordine in cui vengono eseguite le operazioni influisce sul risultato, che non è lo stesso. Si dice a questo proposito che le azioni non commutano: C1 R2 ≠ R2 C1

Come già accennato, indichiamo con l’esponente –1 l’operazione inversa. Così C1–1 è l’operazione che fa slittare verso l’alto di un posto la colonna 1, e R2–1 quella che fa slittare la riga 2 di un posto verso sinistra

Le traslazioni intere 

Consideriamo ora come insieme X tutti i punti di una retta. Indichiamo con t la traslazione di lunghezza l verso destra : t(x) = x + l se si pensa la retta come l’insieme dei numeri reali. La permutazione inversa è la traslazione verso sinistra di identica lunghezza. Più in generale, la potenza n–esima di t opera sulla retta X come indicato da tn(x) = x + nl


Il gruppo generato da t:

…,t–2, t–1, Id, t, t2,… 

può essere indicato con Z, con lo stesso simbolo utilizzato per l’insieme degli numeri relativi, con il quale è in corrispondenza biunivoca (si tratta infatti di un numero infinito di traslazioni intere, con l’identità, elemento neutro, che funge da zero). 

Come è facile verificare, in questo caso una traslazione t corrisponde a un’operazione di somma algebrica e gode delle sue stesse proprietà. Quindi l’ordine delle operazioni effettuate su X non influisce sul risultato: si tratta di un gruppo commutativo, o gruppo abeliano.

I commutatori 

All'interno di un gruppo G è possibile calcolare come commutano due suoi elementi a e b, calcolando il loro commutatore, dato dalla relazione:

[a,b] = aba–1b–1.

Un commutatore è diverso da zero quando la composizione di due operazioni non soddisfa la proprietà commutativa.

Tornando alle operazioni C1 e R2 viste in precedenza, possiamo ad esempio calcolare il commutatore di C1 e R2 , cioè [C1, R2] = C1R2 C1–1R2–1, ovvero l’azione inversa di R2 seguita dall'azione inversa di C1 seguita dall'azione di R2 poi da quella di C1, nell'ordine indicato dalla formula da destra verso sinistra. Troviamo allora:


Ci sono solo tre cifre permutate: (5,7,4). 

Un gioco di versi 

Un esperimento di utilizzo combinatorio dei gruppi consiste nell'associare ai quadrati di nove caselle i versi di una celeberrima poesia di Eugenio Montale, Spesso il male di vivere ho incontrato, tratta da Ossi di seppia (1925), con lo scopo di verificare l’effetto straniante dell’applicazione al testo di una permutazione composta non commutativa. Incominciamo con l’associare i versi (compresa la pausa tra le due quartine) con le caselle: 

1. Spesso il male di vivere ho incontrato: 
2. era il rivo strozzato che gorgoglia, 
3. era l’incartocciarsi della foglia 
4. riarsa, era il cavallo stramazzato. 
5. – 
6. Bene non seppi, fuori del prodigio 
7. che schiude la divina Indifferenza: 
8. era la statua della sonnolenza 
9. del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato. 

Ora applicheremo al testo così organizzato prima l’operazione R3–1, che consiste nel far slittare la terza riga verso sinistra di un posto, poi l’operazione C2, che provoca lo slittamento di un posto verso il basso della seconda colonna. Ecco il risultato: 


Che modifica il testo in questo modo: 

Spesso il male di vivere ho incontrato: 
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato, 
era l’incartocciarsi della foglia 
riarsa, era il cavallo stramazzato, 
era il rivo strozzato che gorgoglia. 
Bene non seppi, fuori del prodigio 
era la statua della sonnolenza. 
– 
Che schiude la divina Indifferenza. 

Ora invertiamo l’ordine delle due permutazioni: 


Con il seguente risultato: 

Spesso il male di vivere ho incontrato: 
era la statua della sonnolenza, 
era l’incartocciarsi della foglia 
 riarsa, era il cavallo stramazzato, 
era il rivo strozzato che gorgoglia. 
Bene non seppi, fuori del prodigio. 
– 
Del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato 
che schiude la divina Indifferenza. 

Calcoliamo infine il commutatore di R3–1 e C2, cioè [R3–1, C2] = C2–1R3 C2 R3–1, ovvero l’azione inversa di R3 seguita dall’azione di C2 seguita dall’azione di R3 poi da quella inversa di C2, nell’ordine indicato dalla formula da destra verso sinistra.


Con tre cifre permutate: (5, 8, 9).

Come la teoria degli insiemi e quella dei grafi, anche quella dei gruppi può esplorare le enormi possibilità della combinatoria applicata a un testo. La matematica può essere utilizzata per giocare a scombinare la struttura di un testo esistente, come ho fatto in questo caso, ma può anche servire per guidare e costruire la struttura di un testo da creare. La cosa più sorprendente è osservare come l’applicazione di regole auto–imposte (le contraintes dell’Oulipo), lungi da limitare la creatività di un autore, può essere un potente strumento per la sua manifestazione.