lunedì 4 maggio 2009

Qualche haiku scientifico



Writing a poem
in seventeen syllables
is very diffic

(John Cooper Clarke)



Haiku, poesia in diciassette sillabe

L'haiku è un componimento poetico di tre versi caratterizzati da cinque, sette e cinque sillabe (o, meglio, onji, che sono gli ideogrammi del sistema di scrittura giapponese). In questa brevissima forma poetica, nata nel XVI secolo, si riflette l'amore tutto minimalista della cultura giapponese per le cose semplici. Un haiku di Matsuo Bashō può rendere l’idea:

Nel vecchio stagno
una rana si tuffa.
Il rumore dell’acqua.

Secondo Roland Barthes (ne L’impero dei segni, 1970), l'haiku non descrive, ma si limita ad immortalare un'apparizione, a fotografare un attimo: è per questo che tra le sue caratteristiche peculiari troviamo la leggerezza e, soprattutto, una grande sintesi, che spalanca un vuoto ricco di suggestioni.

Soggetto dell'haiku sono scene rapide ed intense che rappresentano, in genere, la natura e le emozioni che esse lasciano nell'animo dell'haijin (il poeta). Solitamente il primo (o l'ultimo) verso contiene il cosiddetto riferimento stagionale o kigo, una parola che definisce il momento dell'anno in cui viene composta o al quale è dedicata e che fa immergere nell'atmosfera descritta nei versi. Gli haiku tradizionali non hanno titolo.

Il primo grande poeta del genere fu il già citato Matsuo Bashō (1644-1694), venerato già prima della morte per la tensione ascetica della sua arte e della sua vita da eremita errante:

Silenzio:
graffia la pietra
la voce delle cicale.

Yosa Buson (1715-1783), conosciuto prima come pittore che come poeta, rivela nei suoi versi una natura più concreta e un’acuta sensibilità per l’immagine:

Candidamente sta
sulla bianca peonia
una formica di montagna.

Dopo Buson l’haiku andò incontro a un periodo di crisi, in cui predominò un’arte priva di profondità e di creatività, alla quale tentarono di reagire criticamente alcuni poeti dotati di spirito umoristico o parodistico. Tra questi vi fu Senryū Karai (1718-1790), che diede origine e il nome ai senryū, componimenti che, pur rispettando la metrica degli haiku, non si occupano di mondo naturale, ma di argomenti legati alla vita e ai difetti degli uomini, affrontati talvolta con cinico umorismo o con intento satirico:

Il ladro,
quando lo acchiappo.
È mio figlio

Nel quadro di decadenza dell’haiku tradizionale, isolata fu l’esperienza artistica di Kobayashi Issa (1763-1828), dalla vita segnata da numerose tristi esperienze, che rivela un’attenzione per le manifestazioni meno appariscenti della natura e un sentimento di intima solidarietà con gli umili.

La neve si scioglie:
nel villaggio frotte
di bambini.

Masaoka Shiki (1867-1902) è considerato l’ultimo grande maestro e il rinnovatore del genere. Nella sua breve e attivissima vita, influenzato dalla cultura occidentale, egli criticò nei suoi saggi l’immobilismo della poesia giapponese sua contemporanea, mettendo duramente in discussione la piatta imitazione dei modelli classici e il “culto” di Bashō, cui contrappose il realismo di Buson:

Passa la locomotiva:
nel fumo un turbine
di giovani foglie.

In Giappone oggi più di dieci milioni di persone si dilettano a scrivere haiku. Quasi tutti i giornali giapponesi hanno una rubrica a loro riservata.


L'haiku in occidente

Le prime traduzioni di haiku in occidente furono pubblicate agli inizi dell’900 in Francia e in Inghilterra. Oltralpe i resoconti di viaggio e le traduzioni curate da Paul-Louis Couchoud (1870-1959) furono fonte di ispirazione per una generazione di poeti come Julien Vocance (1878-1954), che scrisse della sua esperienza di guerra del 1914-18:

Ils ont des yeux luisants
De santé, de jeunesse, d'espoir
Ils ont des yeux en verre.

Hanno degli occhi lucenti,
di salute, di giovinezza, di speranza.
Hanno occhi di vetro.

Di haiku si occuparono, anche scrivendone, Rainer Maria Rilke (1875-1926), Jean-Richard Bloch (1884-1947), René Maublanc (1891-1960), Jean Paulhan (1884-1968) e Paul Eluard (1895-1952).

Contemporaneamente, le prime traduzioni dal giapponese esercitarono un influsso sugli imagisti anglo-americani, cui si legò successivamente e per qualche tempo Ezra Pound (1885-1972). Nel 1913 egli pubblicò una breve poesia simile agli haiku, In a Station of the Metro:

The apparition of these faces in the crowd;
Petals on a wet, black bough.

L’apparire di questi volti nella folla,
petali su un umido, nero ramo

La dichiarazione di Pound, di qualche anno successiva, “Non usare alcuna parola superflua, nessun aggettivo, che non riveli qualcosa” è molto vicina allo spirito degli haiku.

Dopo un periodo di relativo oblio, fu solo dopo la seconda guerra mondiale che rinacque nel mondo occidentale l’attenzione per gli haiku, soprattutto grazie ai saggi dell’inglese Reginald Horace Blyth sulla cultura giapponese e alla scoperta, non sempre pienamente compresa, del buddismo Zen. La prima traduzione in una lingua occidentale di un intero volume di haiku avvenne tuttavia in spagnolo. Nel 1956 il poeta e premio Nobel messicano Octavio Paz (1914-1998) pubblicò la traduzione del celebre libro di Bashō Oku no Hosomichi, “La stretta strada per Oku”. L'introduzione dell’haiku ha rappresentato per la poesia occidentale, secondo Paz, una critica della spiegazione e della reiterazione, che sono malattie della poesia.

L’opera di divulgazione e di critica di Blyth stimolò la pubblicazione delle prime raccolte di traduzioni, che a loro volta incoraggiarono la composizione di haiku, soprattutto presso i poeti e gli scrittori della Beat Generation degli anni ’50 e ’60. Scrittori come Jack Kerouac e Allen Ginsberg hanno scritto haiku. Ne I Vagabondi del Dharma (1958) Kerouac fa scrivere haiku ad uno dei protagonisti. Ecco un suo componimento:

Empty baseball field
A robin
Hops along the bench.

Vuoto campo di baseball.
Un pettirosso
saltella lungo la panca.

Più che per il rispetto della metrica, gli haiku di questi poeti sono notevoli per il tentativo di renderne l’atmosfera.

Altri autori di haiku sono stati lo spagnolo Antonio Machado (1875-1939), il greco Ghiorgos Seferis (1900-1971), il geniale e controverso Jorge Luis Borges (1899-1986) e l’uruguaiano Mario Benedetti (1920-2009), i cui componimenti hanno spesso il sapore icastico dell’epigramma:

La mariposa
recordará por siempre
que fue gusano

La farfalla
ricorderà per sempre
che fu un verme.

In Italia, vicine allo spirito degli haiku sono le poesie degli ermetici della prima e seconda generazione, come Giuseppe Ungaretti (1888-1970), Sandro Penna (1906-1976), Salvatore Quasimodo (1901-1968), Leonardo Sinisgalli (1908-1981). Il vero haiku ha incontrato difficoltà ad affermarsi, nonostante la passione di dotti cultori come Giuliano Manacorda, il quale ha fondato l’Associazione Italiana Amici dello Haiku, che organizza ogni anno un concorso nazionale, secondo il costume giapponese. Nel nostro paese hanno scritto haiku, tra gli altri, Giuseppe Bonaviri, Luciano Erba, Marco Lodoli, Silvio Ramat, Andrea Zanzotto. Anche Edoardo Sanguineti ha pubblicato alcuni haiku:

È il primo vino:
calda schiuma che assaggio
sulla tua lingua.

Lo haiku tradizionale richiedeva un lungo periodo di apprendimento e di formazione, mentre quello contemporaneo è spesso a torto considerato come una forma di poesia “immediata” che può essere scritta da chiunque. Se molti poeti di haiku restano fedeli agli standard tradizionali, molti altri li hanno abbandonati, rivendicando la libertà personale e creativa e intraprendendo una continua ricerca sia riguardo alla forma sia rispetto al soggetto. Oggi si scrivono haiku (o pseudo-haiku) in molte lingue e su qualsiasi argomento, affrontando temi quali il sesso, la fantascienza, la violenza, che avrebbero inorridito persino un innovatore come Shiki. Esistono su internet anche programmi appositamente creati per generare componimenti casuali in forma di haiku.


Haiku scientifici

La restrizione delle diciassette sillabe pone gli autori che vogliano cimentarsi con un soggetto matematico o scientifico di fronte a difficoltà ardue da superare. Molti decidono di liberarsi dai vincoli della metrica, scrivendo poesie ermetiche che non possono essere considerate veri e propri haiku o senryū; chi invece vuol restare fedele allo schema tradizionale si trova ad affrontare un’ulteriore scoglio, dato che la precisione terminologica richiesta dall’argomento si scontra con uno spazio troppo angusto. Esiste anche il fatto, comune ad altre forme poetiche, che il soggetto, per sua natura, non può essere apprezzato da un pubblico molto vasto.

Nonostante ciò, esistono autori che accettano la sfida. Ecco alcuni esempi reperibili in internet:

Plasmic sun kisses
Celestial equator:
Vernal equinox

Il Sole di plasma bacia
l’equatore celeste:
equinozio di primavera.
(Judith Meskill)

Beautiful theorem
The basic lemma is false
Reject the paper.

Teorema bellissimo.
L’assunto di base è falso,
scartate l’articolo..
(J. L. Alperin, Chicago University)

Di seguito presento qualcuna delle mie incursioni più o meno umoristiche nel campo degli haiku e senryū scientifici, caratterizzate dalla restrizione supplementare del rispetto assoluto delle 17 sillabe (che in origine sono ideogrammi). Ciò ha causato qualche malumore tra gli esperti di metrica italiana. Non importa.

Fiore di pesco
lieve cade sul prato:
g in azione.

Probabilità
di trovarti a casa,
nell’orbitale.

Pioggia di marzo:
allo stato liquido
ora scende l’acqua.

Discontinuità
turba lo spazio-tempo:
un palloncino.

Spesso l’umore
è questione di clima,
di ettopascal.

Le traiettorie:
solo ombre fugaci,
non particelle.

Ormai tra di noi
forze di van der Waals,
stanco amore.

Raggio di luna
sullo specchio di giada:
r come i.

La vecchia diga:
energia potenziale
diverrà luce.

Le ammoniti
son piene di acciacchi:
Maastrichtiano.

Vesti festose
a nicol incrociati
nel mio granito.

Bandiera rossa:
acido reagisce
il tornasole.

Meravigliosa
partitura per quattro:
A, C, G e T.

Vita: programma
che genera in output
proprio se stesso.

Antipatiche
media, moda, mediana,
le conformiste.

10 commenti:

  1. Bonjour Marco,
    Il faudrait que je passe beaucoup de temps sur votre blog pour apprendre l'italien. Impossible pour l'instant, hélas ! Mais comme vous, je puis au moins regarder vos illustrations et celle-ci est particulièrement belle ! Merci beaucoup.
    Pierre de ROUSSAC
    PS. Si vous connaissez une dame au beau prénom Anna, pouvez-vous lui dire de ma part que vous avez certainement beaucoup de chance de la connaître.

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  2. Gli haiku mi piacciono molto e fanno parte di tutte le cose che mi legano in vario modo all'oriente in generale.
    Ne aggiungo uno anch'io che mi è partiolarmente caro di Issa Kobayashi.

    Oh lumaca
    scala il monte Fuji
    ma piano, piano!


    Enrico

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  3. Le belle parole dei saggi e dei poeti di tutto il mondo mi aiutano spesso a dire quello che non so esprimere.
    (Romano Battaglia)

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  4. Evoluzione
    Le cose che cambiano
    Intorno a noi

    Può andare come haiku scientifico?

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  5. Annarita, non sopravvalutarmi: non sono un maestro di haiku! A me il tuo piace e, soprattutto, mi spinge a invogliare sempre più persone a cimentarsi con questa forma poetica in ambito scientifico. Grazie per avermi scritto. :)
    PS: Compito delle vacanze (imporsi un tema tante volte aiuta): scrivere un haiku di geometria analitica. Eh eh eh...

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  6. Eh eh eh. Un haiku di geometria analitica?Vabbè, proverò.
    baci
    annarita

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  7. Svolto il compito delle vacanze!

    Un'iperbole
    nel piano cartesiano
    magica curva

    A quando il rientro dalle terme?

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  8. Annarita,

    Un'iperbole
    nel piano cartesiano
    è l'entanglement.

    Sono tornato oggi. Da domani torno a postare articoli. Ciao!

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