Gli anolini andavano riempiendo i grandi vassoi rettangolari: perfettamente ordinati per righe e per colonne, al papà erano sufficienti un'occhiata e il calcolo di un attimo per sapere quanti fossero.
"Credi che bastino?" chiese la mamma, imprimendo gli ultimi giri alla manovella della lucente Imperia, dalla cui bocca lunga e sottile ancora uscivano lingue di pasta giallina. Erano quasi quattrocento anolini, più che sufficienti per soddisfare gli invitati al pranzo di Natale, anche senza considerare quei pochi che erano finiti furtivamente nelle tasche di Anna. Assaporare di nascosto quella delizia ancora cruda era uno dei tanti riti della liturgia intima e familiare, odorosa di buono, che si celebrava la Vigilia a casa dei nonni. Anna addentò soprappensiero l'anolino rubato e lo masticò quasi senza sentirne il sapore. Erano alcuni giorni che un'idea strana le ronzava in testa: dapprima solo una fantasia come altre, in seguito era diventata un pensiero tentatore.
Tutto era cominciato con le innocenti domande delle sue compagne di scuola. "Che cosa ti porta Gesù Bambino?" era stato il ritornello degli ultimi giorni di lezione. Chi parlava e sognava di bambole, chi di giochi meravigliosi...
"E a te?"
"A me i regali li ha già portati Santa Lucia!" aveva risposto Anna con la fierezza d'un paggio antico che difende la sua Signora. Aveva sempre fantasticato su quella santa coraggiosa che solcava i bui cieli dicembrini sul dorso di un asinello carico di doni. Con l'aiuto della mamma, ogni 12 dicembre, preparava per la bestiola una ciotola di crusca e una d'acqua: che gioia, il giorno dopo, vedere che il cibo era stato assaggiato! Anna, una volta, aveva addirittura sentito il rumore degli zoccoli. La mamma e il papà avevano riso in uno strano modo; ma lei ne era certa, proprio come aveva percepito l'umido sentore della nebbia che entrava da fuori insieme al profumo delle prime arance.
Le compagne di scuola, che non avevano mai avuto questo privilegio e che forse - da buone milanesi - non sospettavano neppure che una santa potesse far concorrenza al Bambin Gesù, l'avevano guardata a bocca aperta per un po' e poi avevano ripreso a cicalare tra loro. Mortificata, Anna si era chiusa nel suo guscio. Le confidenze che le altre si sussurravano con voce trepidante d'attesa, sembravano dirle: "Non sei dei nostri, non sei dei nostri!". Si era sentita ferita, ma quella volta non avrebbe pianto; non era più la bambina di prima elementare, che nei primi giorni di scuola la maestra chiamava Fiume di lacrime. L'idea di scrivere a Gesù Bambino era nata così, improvvisa e luminosa come quegli alberi di Natale che, inaspettati, venivano a rompere l'oscurità dei campi lungo la via Emilia. Era stato proprio durante il viaggio verso la casa dei nonni che questa idea aveva preso corpo, tra mille scrupoli, dubbi e giustificazioni.
La cucina, dopo il traffico della giornata, era tornata a essere un posto tranquillo, tra il lento sobbollire delle carni nei pentoloni e l'aroma dei brodi che saliva lento dai coperchi appannati.
Anna si sedette al tavolo, ora completamente sgombro dagli anolini che erano stati messi a riposare in solaio. Aveva sempre riso per l'uso di quel termine - come se della pasta potesse dormire! - e se li immaginava come tanti piccoli occhi sognanti, che si lasciavano cullare dal buio delle grandi stanze all'ultimo piano e dai secchi scricchiolii dei vecchi armadi.
Caro Gesù Bambino...
No, non era facile scrivere quella lettera. Sospirò e poi riprese a mangiucchiare la penna. Come ci si poteva rivolgere a qualcuno che non era ancora nato? Si rese conto che le faceva un po' pena quel Bambino che veniva al mondo senza sapere che una montagna di letterine lo stava aspettando. Un sottile senso colpa la pervase, ma poi si rassicurò al pensiero che egli era il Figlio di Dio al quale tutto era possibile, tutto era consentito.
"Che cosa stai facendo?" chiese la zia, passandole accanto. "Niente, scrivo" rispose Anna, chinandosi ancor più sul foglio per coprire le parole appena vergate. Non poteva permettere che qualcuno scoprisse il suo segreto, se ne sarebbe vergognata troppo: l'avrebbero sgridata o forse, ancora peggio, l'avrebbero presa in giro per chissà quanto tempo. La zia, poi, sempre giocosa e pronta allo scherzo, sapeva essere così pungente quando voleva...
Che regalo avrebbe potuto chiedere? Erano tante le cose che desiderava e che non aveva mai osato comunicare neanche a Santa Lucia, dopo che la mamma le aveva fatto capire che non bisognava essere esosi nelle richieste. Ad Anna, che aveva la fede assoluta dei fanciulli nel divino e nel soprannaturale, era sempre sembrato strano che una santa non avesse il potere di accontentare tutti i desideri. Qualche anno prima, non osando chiedere più cose per sé, aveva scritto a Santa Lucia affinché portasse dei regali anche per la mamma e il papà: dato che a Lei non costavano niente, era sciocco non approfittarne! Ma la santa era stata inflessibile e le aveva lasciato un foglio in cui diceva che i suoi doni erano solo per i bambini... Questa volta, però, non avrebbe avuto grosse pretese: un paio di libri oppure una scatola di costruzioni, non aveva importanza. Le bastava qualcosa da poter mostrare alle sue compagne e dire: "Vedete, anch'io...".
Chiuse il foglio nella busta e cercò un posto adatto, dove nascondere la lettera. Lo trovò dietro la bianca zuppiera panciuta che ornava la credenza in sala da pranzo. Nessuno dei parenti si sarebbe accorto di quel piccolo rettangolo color avorio, ma se fosse sfuggito anche a Gesù Bambino? No, non poteva essere! Perché se Lui aveva il potere di raggiungerla in terra emiliana, percorrendo una rotta celeste inconsueta, sicuramente avrebbe visto anche la lettera.
Quella notte Anna fece fatica ad addormentarsi. Udì i familiari uscire a passi frettolosi per la messa di mezzanotte e stava ancora rigirandosi per il letto, quando li sentì rientrare e scambiarsi gli auguri con voci allegre e sommesse. Presto tutto fu silenzioso; accompagnata dal sottile sibilo della stufa accesa, finalmente anche lei prese sonno.
La mattina di Natale, Anna cincischiò a lungo prima di prendere coraggio e andare a vedere se il passaggio di Gesù Bambino avesse lasciato un segno tangibile. Sgattaiolò in sala da pranzo, ma non trovò nulla di diverso, se non il grande tavolo già apparecchiato per la festa. Guardò dappertutto, perfino negli angoli più riposti, ma di un qualcosa che somigliasse anche pur lontanamente a un regalo non v'era traccia. Poi le cadde l'occhio sulla credenza e vide l'angolo di una piccola busta spuntare dalla base della zuppiera. "Non è neanche venuto a prendere la mia lettera!" pensò Anna, che sentiva condensarsi in quella dimenticanza tutto il disprezzo divino.
Afferrò la busta e fu così che si accorse che non era quella che lei aveva nascosto: più piccolo il formato, più fine ed elegante la carta. Per Anna… l'intestazione era scritta a caratteri tondeggianti, così ordinati e regolari da parere stampati. Lesse in fretta la breve missiva e giunse alla firma. Era proprio di Gesù Bambino! Quelle due parole, infatti, brillavano e scintillavano, vergate com'erano con l'oro e le porporine... Chi, se non Lui, poteva firmare così? Solo i principi e i re delle fiabe, che lei amava tanto, potevano fare altrettanto.
"Hai visto il biglietto che è arrivato per te? L'ho trovato stamattina, mentre prendevo i piatti dalla credenza”.
Anna sobbalzò. Troppo impegnata a osservare i bagliori colorati che la luce accendeva in quella polvere dorata d'origine celeste, non s'era accorta che la zia era entrata nella stanza. "Sì, me l'ha scritto Gesù Bambino" farfugliò a fatica.
"Ma il Bambino Gesù non scrive così a chiunque, a meno che non debba rispondere a qualche precisa richiesta... " obiettò la zia. Il suo sguardo era chiaro e penetrante; sembrava leggere nella mente di Anna.
La bambina capì che era inutile mentire e le porse il biglietto, la prova del raggiro che aveva tentato ai danni di Gesù Bambino. Santa Lucia ha già portato i regali che volevi, era scritto sul bianco cartoncino. Che sciocca era stata! Come aveva fatto a non prendere in considerazione che anche tra gli abitanti del Cielo ci fosse l'abitudine di scambiarsi informazioni?
"Così hai chiesto altri doni! - la redarguì la zia. - Ti rendi conto che a causa tua altri bambini non avrebbero ricevuto niente? Meno male che a Gesù non sfugge nulla e nessuno lo può ingannare!”
Anna assentì a testa bassa. Non era proprio il caso di tirare in ballo la sua personale teoria, in base alla quale, viste le illimitate risorse celesti, non potevano esserci bambini privati dei loro regali. E non desiderava neanche spiegare i reali motivi che l'avevano spinta a scrivere la lettera. In quel momento non desiderava altro che riavere il suo biglietto e poter rimirare le parole divine, scritte soltanto per lei. Quante delle sue compagne potevano dire altrettanto? Era quello un vero dono!
Com'era prevedibile, durante il pranzo, la zia raccontò a tutti che Gesù Bambino le aveva scritto. Tra gli ohhh di sorpresa, l'espressione burbera della nonna e quella dispiaciuta della mamma, le canzonature degli altri, Anna si comportò stoicamente, traendo conforto dal piccolo rettangolo di carta che teneva in tasca. Una cosa sola continuava ad esserle incomprensibile: tutti avevano riso in modo strano, quando avevano letto il biglietto. Pareva lo stesso riso dei suoi genitori, quando aveva raccontato loro d'aver udito lo zoccolìo dell'asinello di Santa Lucia.
Anna Maccagni
La ricetta degli Anvén (Anolini di Fiorenzuola)
(dal disciplinare di produzione a denominazione comunale)
Ingredienti per 4 persone:
PASTA: 500 g farina, 5 uova, acqua q.b.
RIPIENO: 100 g pane raffermo grattugiato, 300 g formaggio (una parte di grana padano e una parte di stravecchio), 2 uova, sale, noce moscata, brodo per scottare.
Preparazione
RIPIENO: con il brodo bollente si scotta il pane grattugiato, si aggiungono il formaggio (pure grattugiato) , le uova, il sale e la noce moscata. Si lavora il composto usando anche le mani affinché gli ingredienti siano ben amalgamati.
PASTA: per preparare la pasta disporre la farina a fontana e aggiungere al centro le uova. Cominciare ad impastare e, se necessario, aggiungere acqua q.b. La pasta deve essere lavorata a lungo e risultare ben elastica, meglio se lasciata riposare almeno mezz’ora coperta con uno straccio.
Tirare la sfoglia sottile e disporre su di essa, da un lato, tante palline di ripieno distanti tra loro 4-5 cm. Ripiegare la pasta in modo da coprire il ripieno e ritagliarli con l’apposita forma (un anello di metallo dentellato usualmente con manico di legno).
Cottura
Gli anolini vengono cotti freschi, appena fatti, o dopo averli lasciati ad asciugare in luogo fresco. Si cuociono per circa 4/5 minuti nel brodo preparato con carne di manzo, gallina o cappone, maiale, dosandone la quantità in modo da ottenere un brodo saporito ma non grasso, limpido, sapido ma di gusto delicato: il classico “brodo di terza”. Vanno aggiunte le verdure classiche: carota, sedano, cipolla. Il brodo deve bollire per almeno 2-3 ore.
Dalla pentola vengono trasferiti nella zuppiera posta al centro tavola e si servono nei piatti fondi ancora fumanti.
Note:
1. La forma dell’anolino è tondeggiante a bordo liscio o seghettato. La versione storica è a bordo liscio in quanto venivano utilizzati stampi in legno di dimensione di “uno scudo d’argento del Ducato” ai tempi di Maria Luigia ma anche, in epoca più recente, un bicchierino da liquore rovesciato.
2. La carne utilizzata per il brodo (lesso) viene consumata abitualmente come secondo ed è accompagnata da varie salse, cotte o crude, a base di verdure.
3. Era abitudine aggiungere un poco di vino rosso al brodo rimasto nel piatto dopo avere gustato gli anolini. Questa prassi, così cara agli anziani, prende il nome di sürbì (Fonte bibliografica : Mi sum ad Fiurinsôla – Circolo storico di Fiorenzuola – 1995).
Vino consigliato:
Vino rosso Gutturnio.
Ho letto ad occhi sgranati come solo i bimbi davanti alle cose belle! Bellissimo.
RispondiEliminaSecondo me il blog potrebbe sdoppiarsi, con evidenti vantaggi per la blogosfera. Inoltre sono convinto che se il peraltro ottimo Maestro Popinga aiutasse un pochino (di più?) nelle incombenze domestiche la produzione di Anna avrebbe un incremento, sempre a vantaggio della blogosfera tutta.
RispondiEliminaAnch'io l'ho letta tutta d'un fiato! Bellissima!
RispondiEliminaBravissima Anna, complimenti!! Grazie di cuore e grazie da una siracusana per aver ricordato in questo dolcissimo racconto Santa Lucia, patrona della sua amata città!
RispondiEliminaMaria Intagliata
vabbé ma se commentate tutto voi io poi che dico?! Popinga va a impastare per gli anolini?!
RispondiEliminaScusate la prosaicità, ma me viene in mente sempre questo augurio che ci scambiamo in famiglia:
RispondiElimina"Che Santa Lucia vi conservi la vista (ché l'appetito non vi manca)!!!!"
queste cose mi commuovono
RispondiEliminaa natale le puoi trovare solo da ... popinga
la crisi avrà forse un vantaggio, quello di farci ritrovare il gusto (forse addirittura i sapori) di un tempo? purtroppo non credo nemmeno questo, ma sognare non costa (pr ora) nulla
Grazie mille per questo bellissimo racconto che mi ha riportato in dietro nel tempo quando facevo i tortellini(cugini degli anolini) con la mia straordinaria nonna. Adesso sono fan anche di tua moglie. Tanti auguri a tutti e due e a tutta la vostra famiglia
RispondiEliminaBellissimo racconto Anna, anche io letto tutto d'un fiato. La preparazione degli anolini mi ha riportato all'infanzia, anche se da noi si preparavano i cappelletti...
RispondiEliminaQuanto mi manca il profumo di quei natali.<3