La caduta dei prezzi dei cereali, che si manifestò in Lombardia a partire dai primi anni Ottanta dell’Ottocento (effetto della prima Grande Depressione economica mondiale), ebbe conseguenze sulle scelte degli imprenditori agricoli della pianura irrigua per l’utilizzo dei terreni. Nelle zone che da lungo tempo avevano posto la filiera del latte al centro del loro sistema economico, come il Lodigiano e il Basso Milanese, e in quelle che più recentemente avevano puntato sulla produzione dei latticini, (Lomellina, Cremasco e Cremonese), la coltivazione del prato venne ulteriormente estesa e l'allevamento delle vacche da latte conobbe un incremento quantitativo e qualitativo. Analoghi processi si avviarono anche nella pianura bresciana e nel Mantovano, favorendo un'ulteriore crescita delle attività casearie in tutta la pianura lombarda. L'andamento positivo del settore venne confermato anche nella successiva fase di ripresa dei prezzi agricoli e di trasformazione in senso industriale del sistema economico regionale nel capoluogo, nei maggiori centri urbani e nella fascia di collina e di pianura asciutta a ridosso delle Prealpi. La filiera del latte assunse un'importanza sempre maggiore anche nelle province emiliane e in alcune aree del Piemonte orientale, tanto che alla vigilia della Grande guerra si poteva ormai chiaramente identificare un vasto territorio pianeggiante, racchiuso tra i fiumi Sesia, Panaro e Mincio, nel quale di fatto si concentrava quasi tutta la produzione di burro italiano e larga parte di quella di formaggio vaccino.
L'allargamento oltre i confini regionali dell'antico quadrilatero del latte (Milano, Lodi, Pavia, Codogno) fu accompagnato da una prima industrializzazione delle diverse fasi di lavorazione del latte. Come sottolineava allora Carlo Besana, direttore della Stazione sperimentale di caseificio di Lodi, fondata nel 1871, all'inizio degli anni Ottanta la produzione di burro e formaggio nella Bassa Lombardia restava dispersa in oltre 1800 caseifici annessi alle aziende agricole, che producevano beni destinati all'esportazione, ma che ancora conservavano un assetto tecnico (e igienico) del tutto insoddisfacente. Vent'anni dopo, la situazione si presentava in forma assai diversa. In molte aziende continuavano a funzionare le antiche strutture di lavorazione del latte, ma importanti passi verso il caseificio industriale erano stati compiuti. Nel Lodigiano erano ora in funzione latterie industriali che erano in grado di lavorare, ogni giorno, centinaia di ettolitri di materia prima per produrre burro con macchinari di moderna concezione e con l'uso di fermenti selezionati, come avveniva nei paesi del Nord Europa. Nei primi anni del Novecento la società anonima Polenghi Lombardo, che era diventata la principale azienda italiana attiva nell'esportazione di burro, acquistava quotidianamente latte da 600 aziende agricole, dotate di 15.000 capi di bestiame, e trasformava circa 1200 quintali di materia prima in burro e formaggi. Nel 1904 introdusse in Italia la fabbricazione del latte in polvere sfruttando il procedimento Hatmaker; nel 1911 ottenne anche l’esclusiva del brevetto Trufod per la condensazione e polverizzazione del latte. Questi procedimenti erano eseguiti nei grossi impianti di Lodi, oltre che nelle più̀ piccole latterie di Secugnago, San Fiorano e Castel San Giovanni.
I progressi del settore non si legavano soltanto alla comparsa di grandi imprese industriali. Tra fine Ottocento e inizio Novecento, in Lomellina, nel Cremonese e nel Basso Bresciano fecero la loro comparsa alcune latterie sociali fondate da imprenditori agricoli che intendevano valorizzare al meglio il latte prodotto nelle loro stalle. Queste società gestivano impianti di dimensioni ridotte, ma le loro strutture produttive erano in grado di trasformare dai 60 ai 100 ettolitri di latte al giorno, mentre in un casone tradizionale raramente si superavano i 6 quintali.
Altra novità del periodo fu il forte incremento delle esportazioni di formaggio dall'Italia. Prima del varo della nuova tariffa doganale, nell'estate del 1887, le esportazioni di formaggi dall'Italia avevano raggiunto i 50.000 quintali, ma, alla stessa data, se ne importavano oltre 120.000 quintali, in netta prevalenza di produzione svizzera. Dieci anni dopo le esportazioni, attestate a circa 100.000 quintali, superavano le importazioni; si era così avviato un processo di crescita delle vendite all'estero di formaggio italiano che avrebbe avuto il suo culmine alla vigilia della Prima guerra mondiale. A quella data, secondo stime di Carlo Besana, si producevano in Italia circa 2.600.000 quintali di formaggio e se ne esportavano circa 300.000 quintali. Le vendite all'estero erano il frutto del successo sui mercati internazionali di tre sole varietà, il grana, il pecorino e lo stracchino di gorgonzola. La fortuna dello stracchino erborinato era iniziata negli anni Ottanta sui mercati europei, soprattutto su quello inglese, dove questo particolare stracchino faceva concorrenza al roquefort francese, crebbe poi progressivamente nel trentennio successivo, quando venne risolto il problema della stagionatura e della conservazione.
A quattro anni dall’impianto da parte di Henry Nestlé della prima fabbrica di latte condensato e di «farine lattee» per neonati a Vevey, in Svizzera, gli imprenditori e banchieri austro-tedeschi Mylius, da un secolo attivi in Lombardia nel settore della seta, inauguravano tramite la società Boehringer Mylius e C. il primo stabilimento italiano di latte condensato, a Locate di Triulzi. Così ne parlava Carlo Besana, in qualità di giurato per il settore lattiero caseario dell’Esposizione Industriale Italiana del 1881 di Milano, dove l’azienda “figurò (...) con un obelisco di scatole nella galleria delle classi 24a e 25a e con un apparato completo di condensazione del latte nella galleria delle macchine in azione”:
“La fabbrica di Locate fu aperta il 24 aprile 1879. E uno dei più belli opifici industriali che si possono vedere di questo genere. Nel 1881 possedeva 170 operai tra uomini e donne, gran parte dei quali dedicati alla fabbricazione delle scatole di latta. Nell'annata 1880 preparò 1.056.000 scatole di latte condensato, contenenti cadauna una libbra inglese di detto latte. Queste scatole portano la dicitura Italian condensed milk, poiché è l'Inghilterra lo sbocco principale di questa produzione; seguono in ordina decrescente la Germania, l'Olanda, il Giappone, la Francia, la Russia, le Indie, l'Australia, la Spagna, ecc. Lo stabilimento è montato per una lavorazione giornaliera di 20.000 litri di latte, ma nelle epoche ordinarie il latte lavorato non supera metà di questa cifra. Il latte era fornito alla ditta da diciotto cascine nello scorso anno (1881), situate nel perimetro di mezzo chilometro a 6 chilometri dallo stabilimento. La dose di zucchero che si aggiunge al latte prima della condensazione è di circa chil. 13,5 per cento chili di latte, così che la evaporazione nel vuoto, riducendo il volume del latte a poco più di un terzo del volume primitivo, ne deriva che il latte condensato contiene dal 34 al 38 per cento di zucchero di canna e 25 a 30 per cento di acqua in luogo di 87,5, che è la media dell'acqua contenuta nel latte normale. Lo stabilimento di Locate paga il latte 15 a 16 lire l'ettolitro ai fornitori, cioè assai caro, il che è come dire che questo mette la fabbrica di Locate in condizioni non favorevoli per vincere la concorrenza delle fabbriche svizzere, le quali acquistano il latte ad un prezzo minore, sebbene da un numero assai più grande di fornitori. Altra delle difficoltà della fabbrica in discorso è la restituzione del dazio sullo zucchero; dessa venne regolata in questo modo; da ogni partita di latte che passa il confine vengono levate alcune scatole per conto dell’erario, e vien analizzato il latte in esse contenuto; in seguito alla quantità di zucchero di canna risultante dall'analisi si computa la somma da restituirsi alla ditta per l'intiera partita esportata. Il latte condensato con zucchero è destinato all'esportazione, ai lunghi viaggi ed a lunga conservazione. Ma recentemente la fabbrica di Locate iniziò un'altra preparazione, cioè quella del latte condensato senza zucchero pel consumo delle città italiane; infatti, il latte appena portato allo stabilimento vien condensato, poi distribuito in recipienti della capacità di 50, 25 e 12 chilogrammi, che mediante treni diretti vengono in giornata spediti a Torino, Roma, Genova, Bologna, Firenze, Verona, Venezia, Trieste, ecc. Giunto a destinazione, il latte vien allungato colla quantità d'acqua voluta, ossia ricostituito a latte normale e dato al consumo. Ognuno vede i vantaggi grandissimi di questo artifizio pei consumatori di quelle città ove il latte è carissimo perché scarso. E notisi che il latte condensato senza zucchero può conservarsi per alcuni giorni e che, una volta ridiluito, è buono quanto il latte normale fresco, al punto da non poterlo distinguere da questo. Mercè la fabbrica Boehringer Mylius e C. il buon latte lombardo ha potuto penetrare, sotto forma di sciroppo, nelle più lontane contrade del globo e soddisfare ad un bisogno vivamente sentito dalle famiglie nelle grandi città italiane, cioè quello di un latte a buon mercato che sia assolutamente genuino”.
La “Boehringer Mylius e C. Milano. Fabbrica e commercio latte condensato” cessò la sua attività nel 1883 (formalmente l’anno dopo), quando fu ceduta (probabilmente per il cessato interesse degli eredi Mylius). all’ingegnere di origine ungherese Ignazio Grün (nato a Pecs, ca. 1841), cambiando il nome in Latteria Locate Triulzi, divenuta Società Anonima il 27 gennaio 1901, con altri stabilimenti in Casalpusterlengo e Melegnano, filiali in Landriano e Fiorenzuola d’Arda, e solo più tardi chiamata Latteria San Giorgio.
Ignazio Grün, che proveniva da una famiglia di industriali di respiro internazionale, fu uno dei primi mecenati e collezionisti del giovane pittore Emilio Longoni, che dipinse il suo ritratto con violino nel 1891. La passione di Grün per la musica è evidente: fu infatti primo violino nell'orchestra dei dilettanti del Teatro della Scala di Milano. Longoni fu spesso ospite nella tenuta dei Grün a Locate Triulzi ed era amico di famiglia.
A dirigere la Latteria, Grün chiamò suo nipote Géza Billitz (1861-1933), giovane chimico di grande talento. Nato a Pecs, aveva subito dimostrato le sue attitudini, conseguendo un premio in chimica analitica nelle scuole tecniche della sua città natale. Recatosi a Zurigo a compiere gli studi superiori presso il Politecnico divenne allievo ed assistente del grande chimico tedesco Georg Lunge. Fra altri studi portò a soluzione il problema di chimica tecnologica riguardante la rigenerazione dello zolfo nei residui di fabbricazione della soda Leblanc. Conseguita a vent’anni la laurea, venne assunto in una fabbrica di coloranti a Offenbach. Il richiamo dell’ambiente della ricerca lo riportò, nel 1882, all'insegnamento nel laboratorio per gli allievi chimici a Zurigo e successivamente, alla fine dello stesso anno, su chiamata del Consiglio Accademico del Politecnico Federale, all'insegnamento e alle esercitazioni tecnologiche, bromatologiche, ecc. Varie circostanze, tra le quali principalmente la pressione dello zio imprenditore, lo indussero nell'agosto 1883 ad accettare la direzione della Latteria Locate Triulzi.
La sua attività industriale fu guidata dalla convinzione che non potesse esistere una tecnica lattiera progredita se non basata su studi severi e sulla applicazione di quanto la scienza fin da allora stava fornendo. Infatti, la Latteria acquistò un grande prestigio in Italia e all’estero. Il latte condensato zuccherato era preparato secondo il metodo Borden, a partire dal latte crudo vaccino: l'eliminazione dei batteri era garantita grazie ad un processo di riscaldamento ad una temperatura di circa 90° a pressione ridotta per pochi secondi. Questa procedura allo stesso tempo inibiva la separazione dei grassi. Quando una certa quantità di acqua è evaporata, si aggiunge lo zucchero, che aumenta la pressione osmotica, rendendo il latte condensato dolcificato un alimento a lunga conservazione.
Billitz volle superare l'empirismo che allora regnava e iniziò a Locate Triulzi l'applicazione dei fermenti selezionati alla fabbricazione del formaggio grana; successivamente applicò i fermenti alla maturazione delle creme, che rappresentava in Italia una pratica nuova; studiò inoltre la formazione della «erborinatura» del gorgonzola e le sostanze azotate del latte. Interessato alla utilizzazione dei sottoprodotti, iniziò nel 1888 la lavorazione del formaggio margarinato di pasta filata; realizzò un procedimento di idrolisi con acidi minerali della caseina, ottenendo anche il brevetto tedesco; studiò l'importanza alimentare del latte magro e il valore nutritivo del latte condensato scremato; dal lattosio ottenne un esplosivo, che chiamò pentanitrolattina, noto anche sotto il nome di polemite, che non ebbe molto successo perché instabile.
Nel 1895 pubblicò un articolo sulle sostanze azotate del latte e su un nuovo prodotto, la cioccolata al latte, frutto interamente della ricerca del laboratorio chimico della Latteria di Locate Triulzi. L’anno successivo iniziò la produzione della cioccolata al latte commercializzata con il marchio Lacteobroma, che era venduta anche nelle farmacie e consigliata dai medici come prodotto dietetico. Per primo inoltre studiò, produsse e mise in vendita in Italia lo yogurt e il kefir. Sempre per iniziativa di Billitz, nei primi anni del Novecento fu attivato con macchinari d’importazione un impianto di mungitura meccanica, il primo in Italia.
L’azienda aprì nel 1890 una serie di spacci per rifornire Milano e anche altre città, mediante collegamento ferroviario notturno, di latte fresco, di cui l’azienda controllava la composizione ai sensi delle norme igieniche vigenti (cfr. G. Billitz, La composizione chimica del latte fornito alla Latteria di Locate Triulzi in relazione al regolamento d’igiene di Milano, in «Annuario della Società̀ chimica di Milano», 1903, nel quale lamentava, sulla scorta di quasi 190.000 analisi condotte presso il suo laboratorio, che i valori indicati dalle autorità milanesi per le sostanze solide nel latte erano troppo rigidi e irrealistici). Questa organizzazione industriale e logistica permetteva all’azienda di annunciare dalle vetrine dei propri spacci la vendita di un «latte puro». Organizzò in tal senso, i noti spacci della «Locate» per il rifornimento di latte fresco alla città di Milano.
Nei primi decenni del Novecento i prodotti della Latteria di Locate, che era anche diventata Fornitrice della Real Casa, erano venduti per corrispondenza in tutto il paese, come è testimoniato da Simonetta Agnello Hornby in Piano Nobile (2020).
La Latteria Locate Triulzi si fuse nel 1921 con la Società̀ anonima Gianelli e Majno, sorta a Milano nel 1893, nata “con lo scopo di rifornire Milano di latte sterilizzato in bottiglie, anche per l’alimentazione dei neonati”, costituendo la SA. Latte Condensato Lombardo. Billitz ne fu, con l'avvocato Giovanni Majno, amministratore delegato e, fino alla morte, avvenuta a Milano nel 1933, consigliere e direttore tecnico e scientifico. Fu l’inizio di una storia societaria travagliata, che, attraverso cambi di nome e proprietà, nuovi prodotti (latte Zefiro, burro San Giorgio) e crisi finale, portarono alla chiusura dello stabilimento dopo più di cent’anni di attività e la malinconica cessione dell’area alla speculazione immobiliare.
Immagino che poi i Boehringer si siano dati alla birra :-) (vedi la "Birraria Boringhieri" alla fine di corso Vittorio Emanuele a Torino in questa piantina del 1893) https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/b/bb/Italy-_a_handbook_for_travellers._First_Part_%28Nothern_Italy%29_%281893%29_%2814778864774%29.jpg/708px-Italy-_a_handbook_for_travellers._First_Part_%28Nothern_Italy%29_%281893%29_%2814778864774%29.jpg
RispondiEliminaNoto che era abbastanza vicina alla Caserma d'Artiglieria: buon segno. Credo comunque che i birrai Boringhieri nulla ci entrino con i banchieri, setieri, formaggiai Boeheringer lombardi.
EliminaI Boehringer poi sono andati a fare la "Birraria" a Torino... https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/b/bb/Italy-_a_handbook_for_travellers._First_Part_%28Nothern_Italy%29_%281893%29_%2814778864774%29.jpg
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